giovedì 31 dicembre 2009

Il braccio violento della legge n.2 - John Frankenheimer (1975)

(French connection II)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Un film con gli stessi difetti del primo; ma stavolta non c'è neppura una sceneggiatura minimamente all'altezza, dinamica e senza un attimo di respiro.
Per carità, non è una minestra riscaldata, cercano tutta un'altra strada; semplicemente non avvince, non tiene attiva l'attenzione, si dilunga sul suo personaggio senza dire niente, senza fare niente. La nuova cornice francese non aggiunge nulla di nuovo.
L'unico tocco di vera originalità è il metodo di tortura, in cui Fernando Rey dipendenza da eroina sul Hackman per poi causargli una crisi d'astinenza.
Ah già, ottima la lunga sequenza tutta imperniata su Gene Hackman che vince la dipendenza da eroina, ma da sola non vale un film di due ora.

mercoledì 30 dicembre 2009

Il braccio violento della legge - William Friedkin (1971)

(The french connection)

Visto in VHS registrata dalla tv.

Un film realizzato con stampo realista, con una qualità della pellicola scadente (tipicamente anni settanta) e una fotografia dimenticabile, quasi inesistente.
La regia, ricca di panoramiche, non spicca per originalità ma si mette a completa disposizione della scenegiatura e dei personaggi.
Quello che ne viene fuori è un film non del tutto originale, ma tiratissimo, che si fa guardare senza periodi di stanca (tranne all'inizio, quando la storia deve ancora entrare nel vivo) nonostante la ripetitività della storia.
Spettacolare la scena dell'inseguimento del treno che si fa ricordare con prepotenza.
Buono il personaggio interpretato da Gene Hackman, vera nota positiva del film, che rappesenta il prototipo del poliziotto che prima spara e poi chiede chi va la; magnificamente ossessivo è pronto a scavalcare qualunque dubbio morale e qìchiunque pur di giungere ai suoi obbiettivi (na figura non del tutto originale, ma mutuata dai film noir). Ovviamente da qui nasceranno tutti i poliziotti duri e granitici degli anni settanta.
Il finale pessimistico e crepuscolare corona un film che, altrimenti, sarebbe stato uno dei tanti.
Assolutamente ingiustificata la pioggia di Oscar ricevuta.

martedì 29 dicembre 2009

Mancia competente - Ernst Lubitsch (1932)

(Trouble in paradise)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Quanti film ha fatto Lubitsch nel 1932?!!!
Beh comunque sia, questo è il film più tecnicnicamente ben fatto che abbia visto; il regista muove le macchine come vuole, suggerisce con le immagini senza dire mai (il codice Hays non era ancora entrato in vigore), cambia registro e tono al film in due battute. Veramente notevole.
Un insieme di personaggi simpatici, anche quelli secondari e meno delineati hanno il loro momento, e Lubitsch è li ad asservirsi al movimento della scena per inquadrare il necessario.
Se fino a pochi giorni fa snobbavo il regista tedesco, e schifavo la commedia sofisticata, ora non posso che ammettere la grandezza di Lubitsch e la bellezza di questo tipo di cinema ancora attuale e alla portata di tutti; questo film soprattutto non ha perso nulla neppure dopo ottant'anni.

PS: mentre il titolo originale ha un senso, mi sfugge completamente il significato di quello italiano.

lunedì 28 dicembre 2009

Boogie nights, l'altra Hollywood - Paul Thomas Anderson (1997)

(Boogie nights)

Visto in DVD.

Un film dove la trama corale che si sviluppa per almeno un decennio non vuol essere una saga, ma solo una serie di eventi, un pretesto per realizzare un film. Si insomma ci si trova pur sempre dalle parti di "Ubriaco d'amore", ma meno estremista; la storia c'è, non è molto importante, prosegue senza troppi alti e bassi, ma c'è.
Poi, come al solito c'è Paul Thomas Anderson dall'alto dei suoi Scorsesismi, dei soui piani sequenza, delle sue steady cam, dei suoi colori accesi, dei soui personaggi al margine; ed il film prosegue per due ore e mezza senza pesare assolutamente, divertendo qua e la senza mai strafare.
Un'opera ricca di invenzioni registiche che preannuncia la magnifica filmografia che seguirà. Non è fondamentale ma godibile.
Una carrellata di stelle, ex stelle e stelline emergenti fa da trampolino di lancio.

domenica 27 dicembre 2009

La principessa e il ranocchio - Ron Clements, John Musker (2009)

(The princess and the frog)

Visto al cinema.

Io ho una venerazione per i film Disney anni 90, un pò perchè sono quelli della mia infanzia, un pò perchè oggettivamnte sono tra i migliori mai fatti; e quindi tutto i cartoni venuti dopo devono paragonarsi con dei giganti, compito non facile.
La storia è abbastanza consueta ma la morale è particolarmente americanizzante, il messaggio principalmente veicolato è infatti "lavora sodo e avrai successo nella vita" e solo in secondo piano viene però suggerito "ciò che vuoi non è necessariamente ciò di cui hai bisogno"; inoltre non ho mai visto un film Disney che parlasse tnto di soldi, i problemi economici ci sono sempre stati (si veda ad esempio "Aladdin"), ma il denaro non ha mai avuto una parte così importante.
Comunque è evidente il debito che questo film ha con i suoi predecessori. La scena del ballo con il principe ha la stessa visuale e le stesse movenze di quella de "La bella addormentata nel bosco", oltre a citazioni dirette e movenze copiate da "Aladdin", "La sirenetta", "Il libro della giungla", "Cenerentola" ecc... Oltre al fatto che il cattivo appartiene alla schiera delle copie di Jafar, e cosa dire dell'esercito di ombre (splendido) che sembra uscito da "Una notta sul Monte Calvo" di "Fantasia"?

Non mancano i lati positivi, come un'animazione piuttosto buona, disegni classicamente ben fatti e bei colori pastosi; un'ambientazione nuova ricca di suggestioni e potenzialità; l'uso delle ombre, da quella del cattivo alle ombre che cercano di catturare il ranocchio; nonchè un colpo di scena definitivo come non si vedeva da tempo in un film Disney.... e non dico di più.
Ma i difetti sono forse più importanti, in primo luogo la splendida ambientazione, che dona molte possibilità non viene sfruttata, il voodoo ad esempio rimane tutto sullo sfondo e divento sostanzialmente una splendida occasione perduta; i personaggi sono poco utilizzati ed il cattivo (nei film Disney i buoni sono tutti uguali, mentre il peso del film è tutto sullo charme del cattivo) ricco di buone idee alla fin fine non viene mai portato ad esprimersi ed è lasciato ai margini di una vicenda che ala fine si risolve nel solito viaggio alla scoperta di se stessi. Peccato.
Le canzoni sono carine, ma diverse (soprattutto le prime) sono completamente dimenticabili, le coeografie nelle parti cantate sono assolutamente fuori ritmo e non si impastano con la canzone, cercando di creare un andamento forsennato che si risolve solo in un casino lisergico ricco di colori e buone idee non sfruttate, un po come "La sirenetta", ma all'epoca era una sperimentazione, oggi invece è una copia mal riuscita del passato.

In definitiva un buon film Disney che può intrattenere bene, ma non aggiunge niente e si fa dimenticare in fretta.

sabato 26 dicembre 2009

Amore che redime - Billy Wilder (1934)

(Mauvaise graine)

Visto in VHS registrato dalla tv.

E' vero, è il primo film fatto da Wilder, quindi molte ingenuità, molti sbagli, ma anche la noia e la banalità, possono essere giustificati. Anche perchè la scenegiatura è solo in piccola parte sua, e anche perchè slo otto anni dopo produrrà l'insensato ma godibilissimo "Frutto proibito". E poi c'è alla regia anche questo Alexander Esway che non conosco e voglio convincermi che sia tutta colpa sua... però quando un mito enorme come Wilder cade, fa un fracasso infernale.
Pessimo film, non c'è molto da salvare.

venerdì 25 dicembre 2009

Broken lullaby - Ernst Lubitsch (1932)

(Id., in Italia è anche conosciuto come "L'uomo che uccisi")

Visto in VHS registrato dalla tv.

Non una commedia, ma un dramma, che all'epoca aveva ancora ampia attualità, ma che è comunque universale.
Se avevo dei dubbi su Lubitsch, ora se ne sono completamente andati. Un inizio folgorante, dove le immagini dicono tutto quello che c'è da sapere, e forse anche di più, e che comunque mantengono una bellezza propria. Lubitsch realizza solo inquadrature classiche, armniche, semplici, ma per arrivare li compie ogni giro, ogni movimento possibile; per arrivare all'inquadratura più banale crea un gioco di macchina da presa e disposizione degli attori assolutamente originale.
La trama cupissima anche nei momenti romantici è forse affetta da troppa demagogia; però con che arte viene esposta; come si fa a rimanere inerti quando il padre tedesco di un soldato ucciso (siamo subito dopo la grande guerra) grida al soldato francese "Non può esserci cmprensione fra voi e me, milioni di morti ci separano, un mondo di morti". Eh no, non si può non applaudire.
Lubitsch comunque, anche nel dramma non esita ad aggiungere un pò d'ironia qua e la, come nel passaparola tra le signore del paese.
Un film veramente bello, e, ovviamente, dimenticato.

giovedì 24 dicembre 2009

Se avessi un milione - Ernst Lubitsch e registi vari (1932)

(If I had a million)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Non conosco molto Lubitsch, e certo partire da un film corale, fatto a episodi in mano ad otto registi diversi non è proprio l'ideale per giudicarlo; e ad essere sinceri finora non è che lo apprezzi più di tanto. Però ho guardato questo film per iniziare a riavvicinarmi al regista tedesco, visto che comunque ha supervisionato il progetto.
Quello a cui ci si trova di fronte quando si comincia a guardare questo film è una commediola piacevolissima, con un inizio magnifico fatto da una completa cnoscienza del mezzo cinematografico, ottimo per movimenti di camera e montaggio (e pare che l'incipit fosse proprio in mano a Lubitsch). Un film molto parlato, con dialoghi ben scritti, in un epoca in cui il sonoro era ancora agli albori.
Molte sono le chicche sparpagliate in giro per tutto il film, come ad esempio le inquadrature delle gambe delle sedie a dondolo nell'ospizio (è solo il primo esempio che mi viene in mente).
Il film è composto da circa otto episodi alcuni dei quali molto divertenti (come quello del falsario), altri patetici e commoventi (come quello dell'anziana), altri invece piuttosto ripetitivi o non particolarmente originali (come quello della coppia che si vendica dei pirati della strada); ovviamente questo è prevedibile di fronte ad un film ad episodi scritti e diretti da persone diverse.
Nel complesso si tratta comunque di un buon lavoro, con un finae buonista che non stona visto il tono generale, e per essere solo in minima parte merito di Lubitsch, devo dire che me lo riabilita.

mercoledì 23 dicembre 2009

Il re ed io - Walter Lang (1956)

(The king and I)

Visto in DVD.

Un filmetto molto ingenuo che fa ampio uso degli stereotipi per divertire e far passare bene due re...gli stereotipi e le canzoncine. Non si tratta di un vero e proprio musical, ma di un film cantatato alla Disney.
Al di la del fatto che le due ora pesano, il film si lascia guardare più che altro grazie agli interpreti, bravi, adatti alla parte, simpatici e soprattutto gli interpreti sono Deborah Kerr e Yul Brynner (mai più così scanzonato)!!!
Il film è perdibilissimo, le canzoni sono tutt'altro che memorabili, giusto lo spettacolo fatto dai figli del re tratto da "La capanna dello zio Tom" stupisce, in positivo, per inventiva.
va ricordato che è per via di questo film che Brynner si rasò per la prima volta, e da allora è diventato il pelato che tutti conoscono e rispettano.

martedì 22 dicembre 2009

As tears go by - Wong Kar Wai (1988)

(Wong gok ka moon)

Visto in DVD.

Primo film di Kar Wai, in cui ancora non è presente tutta la sua poetica. La storia, infatti, è tutta sbilanciata verso l'amicizia virile che lega il protagonista al personaggio interpretato da Jacky Cheung, in un rapporto che molti trovano simile a quello presente in "Mean streets" di Scorsese. Un paragone che secondo me calza solo in parte. In questo film non ci troviamo di fronte ad un protagonista tormentato per motivi personali, oltre che dall'amico completamente fuori di testa, ma abbiamo un protagonista sicuro e granitico con un amico infantile che cerca di assomigliargli.
Al di là della trama ci si trova davanti ad un'opera prima che è un capolavoro; la regia di Kar Wai si fa notare soprattutto per i movimenti di macchina, non la muove a lungo, ma spesso. Un dinamismo a cui fa eco un montaggio ancora impreciso, ma rapido e dinamico, che crea movimento anche con immagini fisse.
Un film godibilissimo, fatto di quei sentimenti sottili a cui Kar Wai guarderà per tutta la sua carriera, uniti ad un rapporto con la violenza diverso da quello di Woo, meno compiaciuto, più sofferto, e poi qui la violenza non ha funzione catartica, ma è solo uno degli intralci alla vita ideale che i protagonisti cercano sempre.

lunedì 21 dicembre 2009

Lasciami entrare - Tomas Alfredson (2008)

(Låt den rätte komma in)

Visto ad un cineforum.

Forse è il più bel film sul vampiro classico mai fatto.
In questa storia non c'è molto di originlae, giusto l'età dei protagonisti (bravissimi) che sono adolescentelli; però, pur non inventando nulla riesce a convincere e a mostrare quanto di più abusato (il vampiro che non può entrare in una stanza se non invitato, che si consuma alla luce del sole, che lascia due buchi nel collo...) come se fosse la prima volta, sotto una luce di tragedia greca che trasfigura tutto.
La storia di amore, o d'affetto se vogliamo essere precisi, è trasmessa con una delicatezza ed una sensibilità invidiabili.
Una fotografia gelida che gioca tutto sui toni del bianco, anche nelle innumerevoli sequenze nottorne; ed una regia che spicca per l'invisibilità e per come riesce a veicolare lo sgurado, nascondendo con maestria (soprattutto le scene più gore, che si riducono a solo un paio, tra cui il finale, in un film che se avesse voluto avrebbe potuto competere con "Splatters").
Forse eccessivamente lungo per l'atmosfera rarefatta che crea, ma cmunque un gran film, un piccolo gioiello del cinema horror, oramai borderline con quello romantico.

domenica 20 dicembre 2009

Il delitto perfetto - Alfred Hitchcock (1954)

(Dial M for murder)

Visto in DVD.

Film claustrofobico come Hitchcock amava fare, tutto ambientato in una stanza, molto teatrale (ed infatti è un'opera rubata al teatro e portata al cinema pari pari) realizzata con maestria, da un cast decisamente buono (quant'è piacevole Milland in questo film?!) e da una regia adatta, senza esagerazioni ne sbavature.
Hitchcock, muove la camera per inquadrare ciò che è necessario, nn esagera mai nei movimenti, ma li fa continuamente; costruisce scene dove i personaggi sono sempre in secondo piano, in primo c'è sempre qualcosa, un ripiano, una ringhiera, una scrivania, una poltrona, una lampada, delle bottiglie, eccetere, come se cercasse d costruire il proscenio di un teatro, dando così una profondità all'immagine come poche altre volte.
Un film piacevole e ben girato che non può lasciare l'amaro in bocca a nessuno.

sabato 19 dicembre 2009

Tabù - Friedrich Wilhelm Murnau (1931)

(Tabu: a story of the south seas)

Visto in VHS.

Film inizialmente codiretto con Robert Flaherty che però abbandonò a metà per intemperanze con il regista tedesco.
Il film è una storia d'amore tormentato piuttosto classica ma molto ben fatta, che colpisce parecchio. L'ambientazione esotica è esaltata soprattutto nella prima parte, molto documentaristica, con poca storia, e scene molto luminose tutte ambientate in pieno giorno; ma è nella seconda parte in cui Murnau viene fuori. Quando il rapporto fra i due comincia ad essere seriamente messo alla prova, le scene cominciano ad essere ambientate di notte, e iniziano le inquadrature ad effetto, le sovrapposizione di immagini e le costruzioni poetiche delle scene, sempre molto essenziali. Non è un film imperdibile, ma certamente onesto, in cui Murnau fa il suo lavoro con una certa maestria, ma senza sperimentare (forse perchè rallentato da Flaherty).
Il film uscì quando dopo la nascita del sonoro, ma conoscendo la naturale avversione del regista tedesco anche solo per i cartelli, ben si capisce perchè non sia parlato (e forse è meglio così).
Credo che la fotografia abbia vinto un Oscar... francamente non mi ha colpito, ma certamente questo è un film che avrebbe meritato di essere fatto a colori... e magari avrebbe meritato pure un restauro...

venerdì 18 dicembre 2009

A serious man - Joel Coen, Ethan Coen (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Normalmente l'inconludenza ed il gioco del caos dei Coen mi irrita, perchè lascia l'amaro in bocca senza dire nulla, appare estroso ed estremamente intelligente quando invece è solo una mancanza di significato; le loro opere migliori finora sono state Fratello dove sei, film carino tratto dall'Odissea, e Non è un paese per vecchi, film magnifico tratto dall'omonimo romanzo di McCarthy; come a dire che finchè si tratta di dirigere ce la fanno anche, ma quando si tratta di scrivere sono troppo intenti a mettere gichetti e trucchi per apparire fighi e si dimenticano dell'essenza.
In questo caso no. In questo caso è proprio l'impossibilità di vedere il significato di ciò che accade il motore del film, è il caos che gli da un significato.
Il film ambientato in una comunità ebraica (popolo molto legato all'idea che tutto ciò che accade abbia un significato e alla necessità, o l'interesse, di venire a conoscienza dei motivi) in cui il protagonista si muove in sordina finchè non diviene un moderno Giobbe, e le sfighe si susseguono una dietro l'altra, senza che lui abbia la forza di reagire, ne nel bene ne nel male. Proprio la sua mancanza di reazione, unita con la sua fede, mai esagerata, ma mai perduta, riporteranno a posto le cose, ma al contrario di Giobbe, quando tutto si sistema, proprio quando tutto è finito, cede, mostra debolezza e le conseguenza, non mostrate direttamente ma suggerite, saranno enormi. Tutto quello che sta nel mezzo è la ricerca di un significato da parte del protagonista, un motivo per quello che gli accade; ma ovviamente il motivo non verrà trovato, forse c'è, ma come esseri umani non si è in grado di comprenderlo e tutto quello che ci rimana da pensare è che se esiste un ordine superiore quello è il caso (un po un leit motiv dei Coen che sulla mancanza di un ordine superiore hanno vissuto per anni).
Tutto il film è permeato da un senso di oscura inevitabilità che rende ricca di significato ogni scena, ogni personaggio, ogni espressione, anche la più stupida od inutile (ai fini dello svolgimento della trama sono pochissimi gli avvenimenti effettivamente utili, ma tutto è necessario per fare atmosfera).
Il film è il classico miscuglio di dramma e commedia a cui i Coen hanno abituato. La regia sempre pulitissima sceglie colori sbiaditi che danno un magnifico senso di inutilità e impossibilità nel fare alcunchè, rendono bene gli anni sessanta, e aiutano pure ad ambientare il film nella stagione estiva (giugno). I Coen poi si rendono evidenti con inquadrature sghembe, l'uso insistito dei dettagli, e il continuo gioco con il fuoco (come quello nel bellissimo finale, oppure per sottolineare lo stato di alterazione mentale dei personaggi).
Un film fieramente ebraico, dove tutto passa attraverso parole e usi ebraici non sempre spiegati, bello il corto/incipit tratto da una storiella Yiddish.

Un film bellissimo dove tutto può succedere senza potervi fare nulla se non sopportare, o cedere, e dove tutto è inintelleggibile.
Come al solito nei film dei Coen, ottimo il cast.

giovedì 17 dicembre 2009

Giglio infranto - David Wark Griffith (1919)

(Broken blossoms or the yellow man and the girl)

Visto in DVD.

Film melodrammatico per definizione, narra di un giovane monaco buddhista che emigra a Londra pr portare la parola di Buddha, si perderà presto in una fumeria d'oppio. L'incontro fortuito con una ragazzina maltrattata dal padre lo porterà a riscoprire l'amore (unilaterale ed assolutamente platonico) e a ritornare a sperare.
In questo film c'è tutto il Griffith che conta, ovviamente c'è il montaggio parallelo convergente (splendidamente usato visto che crea una suspence che non finirà in uno scioglimento positivo), ci sono i reiterati primi e primissimi piani (Griffith amava far recitare i volti degli attori più che i corpi, e permise quindi di traghettare il cinema lontano dal teatro a cui si è sempre rifatto nei primi decenni) ma soprattutto è il primo film che abbia visto in cui vi è un uso espressionista del colore. Il colore era già talvolta utilizzato, si veda ad esempio "Viaggio attraverso l'impossibile" di Méliès che già nel 1904, nella preistoria del cinema, si era adoperato a dipingere ogni singolo fotogramma; ma Griffith ne fa un uso diverso. Utilizza una tecnica differente, e cioè l'imbibizione, colorando tutto il fotogramma con lo stesso colore, ma soprattutto non utilizza le differenze cromatiche per stupire il pubblico, quanto per veicolare informazioni, il blu è tenuto per le inquadrature degli esterni di notte, l'ocra per le situazioni normali, mentre il rosa per le situzioni emotivamente più importanti. Ancora una volta Griffith inventa un linguaggio che solo decenni dopo il cinema imparerà ad usare.
Il film è estremamente verboso, con una "voce" fuori campo che racconta ciò che avviene ed i sentimenti... curioso.
La Gish è stranamente credibile nei panni di una preadolescente, anche se all'epoca aveva già 23 anni.

mercoledì 16 dicembre 2009

Moon - Duncan Jones (2009)

(Id.)

Visto in Dvx.

La fantascienza (non quella da blockbuster, ma quella che si potrebbe definire metafisica) è il genere che più d'ogni altro è vittima dei capolavori del passato, non si può più fare un film senza rendere conto ad alien, blade runner, odissee nello spazio o solaris... se poi in mezzo ci si mette un robot parlante il paragone diventa obbligato e diretto.
Jones riesce ad evitare le trappole del già visto, semplicemente non citando da quei film, sembra banale ma non sono in tanti ad averlo fatto. Il computer parlante, personaggio importante, si discosta da HAL, pur avendo "l'occhio" uguale, perchè c'è stata proprio la volontà di farlo diverso, l'attenzione infatti è tutta concentrata sullo smile che rappresenta il tono della voce altrimenti monocorde; e quando il computer deve essere spento, semplicemente Jones lo fa spegnere, sembra banale, ma la velleità di farlo parlare sempre più piano sarebbe venuta a chiunque.
Jones quindi evita tutte le trappole date dal genere, ma sfrutta la nuovo senso che ha acquisito la fantascienza, non più un genere che serve a stupire per la quantità di effetti speciali, ma l'ultima frontiera dell'uomo, l'ultimo luogo dell'anima possibile.
La storia è piuttosto semplice, e a dirla tutta neppure originalissima, ma trattata nel modo giusto, con il giusto grado di introspezione e di spettacolarità (le riprese in esterni).
Jones non inventa nulla, ma usa tutto quello che ha a disposizione per spiegare la storia, per presentare i personaggi.
Ottimo Rockwell che si fa in 3 per il film, con grande credibilità in ogni personaggio (come non pensare ad "Inseparabili" nelle scene a due?!!!), e la voce di Spacey (nel caso italiano, il suo riconoscibile doppiatore) è una chicca.
Non un film definitivo, ma un'ottima variazione sul tema. Finale troppo scontato, ma non stucchevole.

PS: credo sia importante ricordare che il regista Duncan Jones è il figlio di David Bowie. Ecco, l'ho detto anch'io.

martedì 15 dicembre 2009

L'ultima risata - Friedrich Wilhelm Murnau (1924)

(Der letzte mann)

Visto in DVD.

Francamente non mi ha colpito.
Strano perchè è un film atipico, in quanto è muto ma con la pressochè totale mancanza di cartelli, per i lunghi e bellissimo carrelli, per una scenografia curatissima e per un 'interpretazione magistrale di Jannings che interpreta un personaggio più vecchio di lui d'una ventina d'anni con una credibilità impressionante per un atore del cinema muto.
L'unico vero neo del film è quell'happy end finale terribilmente posticcio, che però è mitigato dalla presa di posizione dell'autore che se ne discosta, un cartello inaffati (uno dei pochi) avverte che il film terminerebbe con la tristezza del protagonista, ma che in questo film si è scelto di far avvenire una di quelle cose che nella vita reale non accadono mai, e cioè un'eredità all'ultimo minuto. Ecco, con quell'avvertimento il lieto fine diviene più amaro che non il finale depresso.
Finissimo poi il fatto che il film è apertamente antimilitarista ma si mascheri alla censura dell'epoca spostando tutta la vicenda in un hotel.
Però non mi ha colpito.

lunedì 14 dicembre 2009

The cell, La cellula - Tarsem Singh (2000)

(The cell)

Visto in DVD.

Tarsem è un maestro dei video musicali e per il suo primo lungometraggio ha fatto un'operazione abbastanza semplice, ha preso un videoclip, l'ha annacquato fino a farlo diventare lungo un'ora e mezza, ha tolto la musica e ha messo un'accenno di storia. Ecco The cell. (giusto per corroborare la tesi basti notare come addirittura ci sia una scena ambientata in una stanza identica a quella del video degli R.E.M. "Losing my religion", con una cotruzione dell'inquadratura sostanzialmente identica).
Il film quindi è sostanzialmente un sussgeguirsi di scene esteticamente splendide legate da un filo conduttore debole debole, condizione acettabile in un videoclip, ma non in un film, soprattutto perchè l'accenno di trama è quantomai stupido e banale. Anche gli attori danno il peggio di loro, recitando male e malvolentieri, persino l'esperto in pazzi D'Onofrio risulta ridicolo oltre ogni buon gusto.
Le scene puramente estetiche non valgono l'idiozia generale del film.

domenica 13 dicembre 2009

MASH - Robert Altman (1970)

(M*A*S*H)

Visto in VHS.

Una commedia ormai invecchiata che si preoccupa di smantellare l'idea del soldato americano come eroe. Film adattissimo e giustificato per gli anni in cui è stato fatto (all'epoca le critiche alla guerra in Vietnam impazzavano) oggigiorno ci rimane un film comico non completamente riuscito e una vittoria al festival di Cannes non giustificata dall'arte ma solo dalla politica (non giustificato se si considera che era in concorso pure "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto").
Il film si basa su una comicità di grana grossa, ma certamente certe battute hanno molto il sapore dei Simpson e meritano una riscoperta, come l'altoparlante che da ordini sempre più folli fino a dire i titoli di coda; ed un gusto surreale che si avvicina molto ai fratelli Marx, ecco in questo senso il film acquista importanza come ponte fra la comicità anni '30 e quella postmoderna... ma non bisogna esagerare a dargli importanza neanche in questo.
Qui Altman non da il meglio di se neppure come regista, e la sua classica coralità si sperde in 2-3 personaggi importanti e tanti comprimari.
Un film godibile, niente di più.

sabato 12 dicembre 2009

In Bruges, la coscienza dell'assassino - Martin McDonagh (2008)

(In Bruges)

Visto in DVD.

Film splendido. Alla sua prima prova come regista McDonagh crea un film estremamente eurocentrico dove il rifiuto dell'americanità è onnipresente, addirittura sfacciato nella sceneggiatura (dove gli americani sono sistematicamente presi per il culo). Un film di gangster atipico, con gangster atipici, dove tutti hanno una coscienza e nessuno è solo un personaggio vuoto inventato solo per sparare.
Difficile definire anche il genere, non è una black comedy, più che altro un insieme perfetto di commedia e dramma, uniti in continuazione, sempre presenti entrambi anche nelle stesse scene.
Il film è sorretto da un cast perfetto, fatto di ottimi attori che si adattano alla perfezione e ad un certo punto è difficile dire se si ta guardano Farrel o Ray.
Spesso poetico, altrettanto spesso surreale da il massimo in ogni senso nel finale, forse ruffiano, ma certamente adatto, anzi quasi obbligatorio.
Il film non è scevro di difetti, per lo più concentrati nella sceneggiatura che spesso perde colpi e che tende a presentare la città di Bruges in maniera eccessivamente abbiondante e cartolinesca, o per via dei troppi personaggi irrosolti o poco sfruttati, ma questo diventa solo un dettaglio quando ci si trova ad assistere al finale del film.

venerdì 11 dicembre 2009

Il terrore corre sul filo - Anatole Litvak (1948)

(Sorry, wrong number)

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Un film strepitoso ingiustamente dimenticato dal grande pubblico. Un noir fatto tutto di flashbacks (con anche dei flashbacks dentro a dei flashbacks) tutto basato sui telefoni, coi quali stringe un rapoporto che un po come quello di "Ringu" per le videocassette.
Una donna malata impossibilitata ad alzarsi dal letto, attende in apprensione che il marito torni a casa dal lavoro; dopo che il ritardo di quest'ultimo si fa eccessivo comincia a telefonare in giro e per uno sbaglio si ritrova ad ascoltare una conversazione tra due uomini che organizzano un omicidio per quella sera stessa; e questo è solo l'inizio.
Splendido, teso, con una sequenza finale titanica nella sua disperazione, condotto più come un thriller moderno che come un noir dell'epoca, questo film è impreziosito da un cast di stelle (va detto che nelle prime scene la Stanwyck non mi sembra all'altezza della parte, ma a mano a mano che la tensione sale si fa sempre più perfetta fino alla scena madre finale).
Anche Litvak è per me una sorpresa; confeziona un film magnifico con una macchina mobile disinvolta e precisa; fa un po tutto quello che può, carrelli, panoramiche e panoramiche a schiaffo a non finire (durante le sequenze iniziali sembrava davvero un film di Scorsese), ma nessun movimento fine a se stesso, tutto serve a mostrare qualcosa, a spiegare, a svelare.
Il film non è privo di pecche, sprattutto la sceneggiatura che ad un certo punto proprio si svacca nell'implausibilità, ma è solo un momento perchè poi il film procede nell'inevitabile finale.

giovedì 10 dicembre 2009

(500) giorni insieme - Marc Webb (2009)

((500) days of Summer)

Visto al cinema.

Una cmmedia romantica che copre per intero una storia d'amore, dal momento in cui lui vede lei per la prima volta a quando finalmente riesce a togliersela dalla testa.
La trama certo non spicca per originalità, ma prosegue bene, fra prtagonisti carini, amici caricaturali, situazioni imbarazzanti e momenti realmente divertenti, tutto quello che una commedia sentimentale deve avere oggigiorno. La differenza sta tutta nel modo di presentarla; le scene infatti non seguono un rdine cronlogico, ma uno più ragionato, che disvela lentamente, in modo tale da dare un significato ad un evento solo collegandolo con la scena precedente e talvolta anche con quella successiva. Un utilizzo dell'atemporalità finalmente finalizzato ad uno scopo e non fatto solo perchè fa figo (vedi "Le tre sepolture").
In più di un'occasione poi Marc Webb si fa vedere con degli split screen molto belli (su tutti il confronto su come lui si immagina che vada il loro incontro e il come va realmente); però è proprio la regia che si accolla l'unico difetto di questo film; avrebbe dovuto osare di più, il contenuto e la forma del film si prestano ad un uso creativo della macchina da presa, decisamente superiore a quello che ne fa Webb. Vero è che forse si tratta di una scelta consapevole per non appesantire un film che punta tutto sulla leggerezza, però rimane un pò l'amaro in bocca.
In ogni caso questo film, per quanto mi riguarda, è la miglior commedia romantica dai tempi di "Harry, ti presento Sally".

mercoledì 9 dicembre 2009

Caccia al ladro - Alfred Hitchcock (1955)

(To catch a thief)

Visto in DVD.

Va detto che io non riesco mai ad apprezzare fino in fondo un film di Hitchcock, non so il perchè. Questo però è un buon film con interpreti di livello ed una regia che a tratti sembra voler danzare con la macchina da presa.
Stranamente girato in esterni (non ricordo molte sequenza in esterni in un film di Hitchcock, giusto uccelli, ma anche li non sono moltissime).
Decisamente colpisce lo sfondo sempre a fuoco anche se ins econdo piano ed i colori sgargianti.
Bellissima Grace Kelly fa la sua figura. Splendido l'intercalare dei fuochi d'artificio come metafora della pulsione erotica che non poteva essere mostrata in un film all'epoca...
Eppure neanche stavolta sono soddisfatto, il film non avvince, si trascina verso la fine poggiando tutto sulla storia d'amore e sull'andamento da commedia brillante del rapporto tra Grant e Kelly.

martedì 8 dicembre 2009

Faust - Friedrich Wilhelm Murnau (1926)

(Faust - Eine deutsche Volkssage)

Visto in VHS.

Conosco poco di Murnau, e quel poco è pura altalenante, "Nosferatu" non mi aveva colpito, mentre "Aurora" mi aveva proprio entusiasmanto. Con il Faust torno ad essere entusiasta.
Murnau crea un film elegantissimo e visivamente ricco, con una costruzione delle inquadrature da fare impallidire (si veda, ad esempio, la splendida sequenza iniziale con il dialogo fra Satana e l'arcangelo), un tripudio di effetti speciali (d'epoca) ed un uso delle ombre che diventano presto la forma di linguaggio più importante del film, le ombre qui mostrano o nascondono, scompaiono o o scavano i volti ( si veda ad esempio tutta la parte iniziale da quando il diavolo porta la peste in città); più avanti quando comparirà il personaggio di Gretchen allora saranno i fasci di luce a veicolare i messaggi allo spettatore, ed infatti è proprio in questa parte il calo più importante del film, che diviene decisamente più consueto banale.

E pensare che il personaggio di gretchen avrebbe dovuto essere interpretato da Lillian Gish, peccato.

lunedì 7 dicembre 2009

Barton Fink, è successo a Hollywood - Joel Coen, Ethan Coen (1991)

(Barton Fink)

Visto in DVD.

Io non amo i Coen, ma talvolta riesco ad apprezzarli. Normalmente girano sempre lo stesso film, fatto di perfezione formale, simmetricità, personaggi al limite del credibile, e virtuosismi visivi. Questo film si dimostra piuttosto in linea, oddio i virtuosismi visivi, seppure presenti, non sono così accentuati come in altri loro film; mentre i personaggi seppure abbastanza tipici sono particolarmente fastidiosi, il protagonista è stato descritto in maniera troppo convenzionale, come un artista impegnato troppo pieno di se e dei suoi ideali; non è dei coen un trattamento così banale.
Per dirla in un altro modo, normalmente i Coen fanno film freddi ed ironici insiemi. Questo film però è completamente a secco di ironia...
Si insomma, un film non da Coen che può rendere insoddisfatti tanto i fan, quanto i delatori del della coppia.
Stupiscono molto i 3 premi vinti a Cannes. Miglior regia forse ci sta anche (non so chi altro fosse in concorso), ma va detto che i coen stessi hanno fatto di meglio; miglior film mi pare proprio esagerato; miglior attore a Turturro... beh non è che reciti male è che se c'era da premiare qualcuno in questo film era Goodman, in quella che forse è la sua interpretazione migliore e più credibile di sempre, veramente brava a rappresentare l'uomo normale in stati d'animo normali.

Un ultimo appunto, il finale del film completamente surreale, assurdo ed autoriferito è un piccolo capolavoro, forse quanto di meglio i coen stessi abbiano prodotto fino a "Non è un paese per vecchi".

domenica 6 dicembre 2009

Giulia non esce la sera - Giuseppe Piccioni (2009)

(Id.)

Visto in Dvx.

Una piccola sorpresa; soprattutto per me che sono così diffidente del cinema italiano. Un buon film che riesce ad essere poetico anche solo con le immagini (soprattuto all'inizio, con gli inserti "letterari" nella vita reale), che riesce a parlare con grazia di argomenti non facili e che riesce ad avvincere fino alla fine (anche se da metà in poi i momenti di stanca non mancano).
Il film parla di uno scrittore, Mastandrea entrato in una sua crisi personale che, andando in piscina, incontra la Golino, nonostante sia sposato e con figlia, il rapporto tra i due crescerà...
La Golino ci dona una sua prestazione magnifica come al solito, e come al solito Mastandrea è ottimo.
Peccato che però, ad un certo punto il film entri nella banalità. Ad un certo punto, dopo il piccolo colpo di scena sulla vita della Golino, il film entra nel buco nero del prevedibile, ogni scena può essere predetta in modo abbastanza affidabile. Non so perchè ma in Italia questi film di uomini alle prese con se stessi diventano l'ennesimo film sulla crisi che gira sempre intorno agli stessi fatti e alle stesse conclusioni, mentre altrove riescono a fare un "The weather man" nel quale, mentre lo guardi, non riesci mai ad immaginare dove riuscerà ad arrivare.

sabato 5 dicembre 2009

La iena - Robert Wise (1945)

(The body snatcher)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Nell'ottocento, un medico per poter operare si avvale di un "amico" di lunga data per procurarsi cadaveri su cui studiare e sperimentare; ovviamente ci sono segreti e rancori neppure tanto sopiti che si nascondono tra i due...
Un film decisamente bello sotto tutti gli aspetti.
La trama è ben condotta e pecca, a mio avviso, solo nel finale troppo gotico (ma li la colpa è di Stevenson da cui è tratto il soggetto del film) e ci presenta un film sull'immoralità del bene; sulle vie che deve talvolta percorrere per poter agire; la parte di Karloff rasppresenta infatti il male necessario.
La regia è affidata a Wise che sembra meno rigido di altri suoi contemporanei, più disposto al movimento, alla costruzione meno convenzionale delle scene, al nascondere e allo svelare con calma, all'inquadratura ad effetto. Riesce a sottointendere senza dire, a raccontare senza mostrare. Alla sua terza prova come regista, Wise, riesce a fare ciò che deve con vera e propria maestria.
Il cast è all'altezza e su tutti torregga il mefistofelico Karloff, mai così in parte, e presta il suo volto adattissimo ad un grande personaggio; per quello che ho potutto vedere credo sia la sua migliore interpretazione. L'unico vero neo del film è che Lugosi sia sfruttato così poco per una parte tutto sommato secondaria.
Ancora una volta Lewton, il produttore, azzecca tutti gli ingradienti per un grande film di atmosfera... a voler fare paragoni poi, Lewton appare come il Corman degli anni quaranta, in cui film a basso costo hanno permesso la nascita di nuovi autori, la crescita di ottimi attori e la sperimentazione più libera.

venerdì 4 dicembre 2009

Il nascondiglio del diavolo. The cave - Bruce Hunt

(The cave)

Visto in tv.

L'ho guardato solo perché era ambientato in Romania, e ovviamente della Romania si vede ben poco visto che si sviluppa tutto in una caverna...
Comunque è un film molto classico, un gruppo di Speleologi subacquei deve esplorare una caverna mai esplorata prima e si imbatto nei mostri di rito, ahi poveri loro.
La trama piuttosto scontata che tutto ha in comune con il di poco precedente "The descent" (che comunque gli rimane decisamente superiore) è impreziosita da attori non eccezionali.
Ora sembra che io ce l'abbia un poco con questo film, ma la questione è più ampia, ce l'ho con gli horror fatto male perché degrada tutto il genere; ma dopo aver visto questo film credo d'aver capito il vero problema, non è la banalità della trama (come ci ha ben spiegato Rob Zombie che dal canto suo ha fatto opere notevolissime riciclando sempre gli stessi stereotipi) e neppure gli attori più infimi (un pessimo attore in un ottimo film farà una pessima figura solo lui, un ottimo attore in un pessimo film non eleverà mai tutto il film); il vero problema sono i registi che sfruttano il genere come trampolino di lancio, come primo tentativo nel mondo del cinema ufficiale, senza la vera intenzione di fare un buon film, ma di fare un film che incassi presto e bene solo per mettersi in luce sotto le major. Il problema è tutto li, l'horror non è più considerato come un territorio borderline tra cinema alto e cinema di serie B in cui si è liberi di sperimentare (il che sarebbe cosa ottima, perchè è in queste condizioni che si progredisce), ora è considerato come una vetrina dove non conta come lo si fa, l'importante è farlo. Francamente sono d'accordo che non ci si può sempre trovare davanti a degli innovatori come Rob Zombie, basterebbe però avere un minimo di rispetto per il genere per ottenere buoni risultati come ha mostrato Marshall con il già citato "The descent", che nel suo essere poco credibile mantiene sempre un'attenzione per il cinema che lo rende un ottimo film medio prima ancora che un ottimo film horror.

Forse non l'ho detto, ma il film annoia e delude; le scene in acqua, specie quelle, molto importnati, degli attacchi del mostro sono troppo confuse. Considerando ogni aspetto la cosa migliore che ha è la fotografia degli esterni, ma essendo ambientato in una caverna....

giovedì 3 dicembre 2009

Gozu - Takashi Miike (2003)

(Gokudô kyôfu dai-gekijô: Gozu) anche noto come "Yakuza horror theater: Gozu"

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Miike è sempre lui e confeziona un viaggio surreale nella vita di un giovane yakuza; estremo come solo il maestro giapponese sa fare.
Il film sembra pensato da un Lynch in un trip di acido (un bad trip) e proprio a Lynch può essere, almeno in parte, paragonato. L'atmosfera carica di tensione e inquietudine, simile a quella di "Eraserhead", l'ironia nei confronti dell'autorità (qui quella della yakuza, in Lynch quella sui poliziotti), visioni inquietanti che forniscono indizi, come in "Twin peaks", il cambiamento fisico di una persona, come in "Strade perdute", eccetera...
Però questo è Miike, e allora l'acceleratore del perverso è decisamente più pigiato che non in Lynch.

La storia è quella di una missione di un giovane affiliato incaricato di uccidere un collega impazzito; per farlo deve recarsi nella città di Nagoya, ma lì le cose prendono tutta un'altra strada e la città si rivela essere un labirinto di varia umanità, assurda e degenere.
Per essere un film dall'altissima componente simbolica è meno noioso del previsto, la storia (perchè succederanno amenità varie, ma una storia rimane sempre) viene condotta con la giusta velocità, trasformando il film, prima, in un giallo surreale e poi in una sorta di storia d'amore tormentata.
Gozu facilmente può non piacere, ma il gusto estetico di Miike riesce a realizzare alcune scene memorabili, come il demone con la testa di mucca, il parto della ragazza nel finale (quando esce la mano è esteticamente magnifico, mentre il rapporto sessuale che lo precede è decisamente ironico), nonchè la scena iniziale, splendida per ironia, estetica e il giusto grado di cattiveria (sarà che io odio i chihuahua...).
Un film molto interessante a livello visivo, ma che non mi sentirei di consigliare a tutti.

mercoledì 2 dicembre 2009

Bedlam - Mark Robson (1946)

(Id.; in Italia è anche noto come "Manicomio")

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Un film piuttosto convenzionale per regia, che regala solo alcuni momenti davvero interessanti.
Il film è stato prodotto da Val Lewton, va precisato, perchè come di consueto si basa più sul non visto e sulle atmosfere piuttosto che sui fatti che vengono mostrati; ed i questo riesce abbastanza bene, anche grazie a Karloff che a fare il bastardo riesce sempre (buona la sua interpretazione).
La storia è quella del manicomio di Bedlam appunto, diretto da Boris Karloff, i cui metodi verranno messi sotto accusa da Anna Lee, ma Karloff sparà come difendersi...
Ovviamente finisce come deve finire un film di quegli anni, ma la scena del giudizio dei pazzi (che chissà perchè mi ricorda "M, il mostro di Dusseldorf") è decisamente ben realizzata.

Il trio Robson, Lewton, Karloff si era incontrato solo un anno prima per l'ancora più modesto "Il vampiro dell'isola".

martedì 1 dicembre 2009

La vittoria della fede - Leni Riefenstahl (1933)

(Der sieg des glaubens)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Un film che mi ha in parte deluso. Ho sentito dire grandi cose sulla Riefentahl, anche da nome importanti (per quel che vale ultimamente ne ha parlato anche Tarantino) e dunque le mie aspettative erano altissime, mentre da quello che ho potuto vedere sono state in parte disattese. Tutta la prima parte del film è essenzialmente banale, solo un comizio inquadratato con banale normalità. Nella seconda parte certamente il film si rivaluta, con intensi primi piani di giovani tedeschi, un uso coreografico delle bandiere presenti nello stadio (uso coreografico fatto dalla regia non dai portabandiera) e diverse inquadrature non convenzionali, spesso delimitate da oggetti come baniere o rami.
Una buona seconda parte che tuttavia non mi ha soddisfatto del tutto; ora però sono curioso di vedere "Olympia".

lunedì 30 novembre 2009

Breaking news - Johnnie To (2004)

(Dai si gin)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Johnnie To sa perfettamente quello che fa, ha la sicurezza di un maestro e tutta l'esperienza necessaria, e quello che tira fuori è uno dei migliori thriller degli ultimi anni. Inutile raccontare la storia, è una caccia ai ladri all'interno di un palazzone, ma la polizia nel frattempo vuole anche utilizzare questi arresti come un enorme spot, e chiama a raccolta giornalisti e fotografi. Più che una critica ai media e alle nuove tecnologie (in questo caso il cellulare) il film mi sembra però voler mostrare le possibilità che questi offrono e gli effetti di un loro utilizzo, nel bene e nel male ovviamente.
Una fotografia asciutta e sbiadita il giusto rende perfettamente l'atmosfera, mentre la macchina da presa folleggia da virtuosismi tecnici (il film inizia con un piano sequenza di 6 minuti netti, di una sparatoria, detta in poche parole, un gran casino da riprendere) e scene splendidamente allestite (l'eleganza della scena nell'ascensore con il poliziotto, il ladro e l'assassino per esempio; splendida). Personaggi credibili, anche se un tantino troppo cool, e un finale eccellente sono solo il tocco finale di una grande opera.

sabato 28 novembre 2009

Planet 51 - Jorge Blanco, Javier Abad, Marcos Martinez (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Qui non siamo davanti ad un film Pixar, e neppure ad uno "Shrek". Dalla Pixar si discosta per tutto; Planet 51 ha personaggi piatti e banalissimi, sentimenti semplici ed esposti, una morale che viene urlata in faccia ed avvenimenti nella trama troppo rapidi, mal fatti o solo accennati; tutto il contrario di un qualsiasi film Pixar, anche il peggiore; oltre al fatto che questo film è apertamente infantile ed indirizzato ad un pubblico giovane, mentra i film pixar sono veramente per tutti. Di Shrek copie l'idea del ribaltament di prospettiva, ed in questo senso riesce bene, l'idea è buonissima (un astronauta umano che finisce in un pianeta "alieno", in cui però l'alieno è lui) e appena viene presentata è anche gestita piuttosto bene, ma le cose si risolvono in maniera semplicistica, senza che il ribaltamento di prospettiva, alla fin fine, abbia un qualche peso effettivo nella vicenda (già ben prima della metà del film a cosa serve che sia un umano su un pianeta alieno? la cosa in se non ha risvolti ed il film sis viluppa come un qualsiasi film in cui si ricerca un fuggiasco); ma soprattutto di Shrek non ha il divertimento, Planet 51 ha molte battute buone (una metà sono già presenti nel trailer però) e alcune battute ottime, ma non riesce a tenere una "tensione comica" per tutto il film come fa Shrek.
Un'opera prima che copia dai migliori, ovviamente fallisce il confronto, ma presa di per se ottine un buon risultato.

venerdì 27 novembre 2009

Killer condom - Martin Walz (1996)

(Kondom des Grauens)

Visto in Dvx in lingua originale sottotitolato in inglese.

Io sono un grande estimatore della serie B e questo titolo è un must per chiunque apprezzi le nicchie. Dico questo per far capire che mi ci sono avvicinato con tutte le migliori intenzioni.
La storie è un pò classica, c'è un'idea geniale, un preservativo sanguinario, la cui causa è quanto di più banale, uno scienziato pazzo ed una maniaca religiosa, ma si sa, questa è la serie B, ci sono altri standard da considerare.
I personaggi non sono affatto approfonditi, sono macchiette, il protagonista viene direttamente fuori dal noir e tutti gli altri vanno avanti per cliché; ironia ce n'è tanta, e spesso si ride per davvero. Qualche impronta innovativa ce l'ha visto tutto il girare attorno all'omosessualità (la si prende in giro, ma la maggior parte dei personaggi lo sono e sono loro i fighi della situazione). C'è pure qualche citazionismo ben fatto, ma soprattutto c'è una scena d'apertura che è un piccolo capolavoro della serie B con comicità perfetta, attori adatti (no, perchè il resto del cast è un po fatto da cani) e la dovuta venatura splatter nel finale. Veramente da standing ovation.
Tutte queste caratteristiche vincenti in un film di serie B si scontrano però contro un film che pretende d'essere di più; ci sta il pistolotto sulla tolleranza alla fine del film, ci sta perchè la trama ci arriva a farlo ed è pure ben fatto, ma il resto del film tra una scena comica ed un'altra arranca, si trascina, avvinto dalla noia e dalla lentezza, con un protagonista troppo cerebrale (ci sono continui ed inutili intermezzi del detective che rimugina su di se e sul suo passato, troppo poco ironice per non stridere); il film sembra avere troppe pretese e allora da un buon film di serie B si passa ad avere un film di serie A fatto da culo. nE allora se si deve considerarlo in quest'ottica va detto che la regia banale azzecca qualche momento ma non coinvolge e la trama latitante già di suo non dice nulla, non avvince non emoziona; e poi il cast è pessimo.

Nei titoli di testa ho però scoperto che il film è tratto da un fumetto di König, autore satirico a tematica gay che apprezzo abbastanza nelle storie brevi ma che, a mio avvico tende a diventare ripetitivo e noioso in quelle lunghe (e ha un tratto nel disegno molto cartoonistico ma molto bello); e allora tutto si spiega, lo sbaglio è alla base. Hanno voluto prendere il fumetto così com'è senza togliere quelle parti lente che in un fumetto possone starci ma che in un film non funzionano mai o quasi. Si insomma, è il solito problema di adattamento

giovedì 26 novembre 2009

Caos calmo - Antonello Grimaldi (2008)

(Id.)

Visto ad un cineforum.

Sono sempre stato prevenuto verso i film italiani, almeno fino all'anno scorso; devo però ammettere che Caos calmo non è niente male.
La regia non è molto originale ma azzecca qualche inquadratura ricca di suggestioni e poi la fotografia è delicata e adatta allo scopo. La storia piuttosto originale gira attorno a personaggi con più domande che risposte, nessuno ne da in effetti, che tratteggiano una galleria umana ironicissima (si ride anche se il film è in effetti un dramma, o almeno da li parte) e completamente fuori di testa; in questo contesto anche un personaggio tutto sommato non proprio originale come il prtagonista diventa qualcosa di nuovo.
Un encomio va fatto soprattutto per l'estrema utilità delle scene; nessun episodio è inutile, tutta la sceneggiatura è ridotta all'osso e quello che viene mostrato ha sempre un significato. Questo che già è notevole in un film lo è ancora di più in Italia dove si vive di inutili scene madri piene di urla e di furore che non significano nulla.
Le musiche piuttosto ruffiane ci stanno; danno al film un sapore un po meno italiano.
Il cast davvero notevole ha però l'unico vero neo del film, Nanni Moretti, bravo finchè si vuole alla sceneggiatura ma recita col culo; sbiadisce totalmente quando di finaco gli vengono messi la Golino od Orlando; e poi fategli fare quello che vuole, ma la scena Moretti che fa sesso credo non lo voglia vedere nessuno!!!

mercoledì 25 novembre 2009

The aviator - Martin Scorsese (2004)

(Id.)

Visto in DVD.

Scorsese prova a raccontare la mastodontica storia del mastodontico Howard Hughes, con un profluvio di effetti speciali veramente ben fatti ed i soliti Scorsesismi classici che stavolta si arricchiscono con colori patinati, luci espressioniste e qualche eccezionale idea visiva (La follia di Hughes sottolineata dalle immagini dei suoi film proiettate sul suo corpo nudo). DiCaprio è assolutamente all'altezza come tutto il resto del cast (e che cast si è potuto permettere Scorsese se come comprimario di poco conto si è potuto permettere Holm)...
Però stavolta Scorsese non ce la fa, vuole raccontare troppo, far trasparire troppe facce di uno stesso personaggio, si attacca a piccoli tic per indicare grandi movimenti psicoanalitic... parla tanto per non farsi capire. Spiace dirlo, ma il film non trasmette l'anima di Hughes, non se ne capisce l'importanza, non se ne capiscono neppure le motivazioni (se il tuo sogno più grande è quello di far volare un aereo grande come una transatlantico...mi spiace ma non ti seguo) ed il film, in sostanza, manca completamente il bersaglio. Annoia, e le due ore e mezzo non aiutano affatto.
Peccato perchè esteticamente il film è meraviglioso; per dirla alla Stephen King, è come una grossa Cadillac senza motore.

martedì 24 novembre 2009

Sinbad e l'occhio della tigre - Sam Wanamaker (1977)

(Sinbad and the eye of the tiger)

Visto in DVD.

Il film unisce ad una trama insulsa e confusa una messa in scena ed una regia completamente anni settanta, con scenografia titaniche, colori chiassosi più di un vestito di Platinette, molti movimenti di macchina piuttosto afinalistici, costruzione delle scene su più piani, montaggio serrato e zoom come se piovessero... in poche parole una bestialità inutile.
ma questo film non è famoso in se, ma solo come portatore sano di Harryhausen; peccato che stavolta anche lui sbagli. Posso anche capire quanto sia difficile animare una tigre dai denti a sciabola, però i mostri che presenta sono senza fantasia, senza potere immaginifico (un minotauro di metallo sono in grado di vederlo praticamente identico anche nel telefilm dei Power Rangers), in una parola deludenti... quanto è lontano "Scontro di titani"...
Un pessimo film senza alcuna attenuante. tranne forse un semi-nudo della futura dottoressa Quinn...

lunedì 23 novembre 2009

Gli argonauti - Don Chaffey (1963)

(Jason and the argonauts)

Visto in VHS.

Un peplum godibilissimo a basso tasso di realtà storica o letteraria ma ad alto tasso di impressioni visive con una scenografia scarna ma ben costruita ed un florilegio di effetti speciali che fa spavento sui quali regnano le animazioni in passo uno di Harryhausen, unico vero motivo di interesse. Io che vado pazzo per questa tecnica datata e poco credibile sono andato in visibilio davanti a Talos, le arpie, l'idra e ovviamente l'armata di scheletri (che decenni dopo sarà largamente omaggiata da Raimi).
Alla fin fine è solo un film d'azione anni cinquanta (un poco in ritardo) che punta tutto sugli effetti speciali più che sulla coerenza o il contenuto (un pò come un qualsiasi film di Bekmambetov).
Come sempre nei film ambientati nella Grecia classica non mancano discorsi sul libero arbitrio e la forza del destino, ma sono questioni incidentali niente di voluto. Carino l'aver trasformato il volere degli dei in un gioco da tavolo.

domenica 22 novembre 2009

L'uomo che fissa le capre - Grant Heslov (2009)

(The man who stare at goats)

Visto al cinema.

E' sorprendente la capacità degli statunitensi di fare autoironia, ben fatta, anche su temi seri e recenti; ed è incredibile come riescano sempre a correlarla con parti della loro storia passata altrettanto ambigue.
Certamente non è un film serio questo, ma fa ridere il giusto e mostra lati seri il giusto. Fino alla fine lascia in bilico tra il dimostrare una tesi (la realtà dei fenomeni psichici descritti) e abbatterla (peccato per il finale che, invece, prende una posizione). Heslov si muove con disinvoltura tra paesaggi splendidi, immagini della contemporaneità (l'Iraq) ed immagini reiterate da sempre dal cinema americano (gli hippies ad esempio) incastrandole con maestria; sfrutta il tema metafisico per usare la macchina da presa in modi inusuali, per far entrare od uscire i personaggi da un'inquadratura in modi impossibili, in poche parole Heslov si adatta al racconto favorendolo con le immagini.
Clooney e Bridges gigioneggiano come al solito ma in maniera estremamente adatta, McGregor fa l'impacciato bene come al solito e Spacey sarebbe credibile anche leggendo l'elenco del telefono, figuriamoci recitando in una commedia.
Un encomio ai truccatori che sono riusciti ad invecchiare tutti gli attori in maniera credibilissima (o forse li hanno ringiovaniti in maniera credibilissima nei flashbacks, comunque un encomio va fatto).

venerdì 20 novembre 2009

Harry, ti presento Sally - Rob Reiner (1989)

(When Harry met Sally...)

Visto in DVD.

Per troppo tempo ho considerato questo film come una commedia d'amore, ora invece scopro che è una commedia sull'amore e sui rapporti di coppia.
Tutto in questo film trasuda Woody Allen; i rapporti di coppia appunto, i lunghi dialoghi brillanti, la devastante ironia dei personaggi, le chiaccherate catartiche dei protagonisti con gli amici, New York, il fallimento dei rapporti umani, il citazionismo/amore per il cinema del passato (in questo caso Casablanca)... Poi alla fine c'è l'happy end che Allen non avrebbe mai messo, ma va bene così, l'hanno fatto per il grande pubblico, hanno voluto spiegare Allen anche a chi lo odia per principio, e allora ci sto, mi sta bene, anche lo apprezzo pure.
Reiner poi è splendido, non ci tiene a fare molto altro se non incastrare i personaggi in un paesaggio scarno ma armonioso, fatto di luce e di colori delicati ed eleganti (splendide soprattutto le scene al parco in autunno).
Davvero un capolavoro della commedia leggera.
Crystal è perfetto, distacato quando deve esserlo e partecipe quando serve; Meg Ryan invece non mi è sembrata granchè, graziosa e svampita al punto giusto ma usa troppe moine per sopperire all'incapacità di recitare davvero.

giovedì 19 novembre 2009

Trapped dream - Ubaka Joseph Ugochukwu (2009)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano di Verona (in concorso); in lingua originale.

A mio avviso Trapped dream è un film non riuscito. La storia è quella di un immigrato nigeriano in Senegal, che per varie vicissitudini sarà costretto a rimanere in quel paese dove, per sopravvivere, dovrà entrare nel mondo della droga, ovviamente conoscerà una ragazza del luogo di cui si innamorerà e ovviamente le cose non andranno come si aspettano.
Ugochukwu crea una regia personale fatta di lunghe scene di primi e primissimi piani, i campi lunghi o medi sono ironicamente relegati per i momenti più introspettivi in cui il protagonista ragiona sulla sua vita; il rapporto d'amore è mostrato con sentimenti semplici esplicitati, piccoli gesti molto significativi e poche parole. Ovviamente tutto questo mi piace, il problema a mio avviso è nella sceneggiatura. Gli argomenti sono molto e tutti molto grandi, l'immigrazione, il razzismo, i viaggi della speranza, la socialità della malavita, l'amore contrastato eccetera, e ovviamente mettendo troppa carne al fuoco alla fine si brucia tutto. ogni argomento è relegato in una parte troppo piccola per l'importanza che meritae quindi viene sprecato. Il film, poi, risulta confuso, in parte per i reiterati salti temporali della trama che non sono mai esplicitati ma devono essere intuiti dal pubblico (e a questo ci potrei anche stare, in fondo potrebbe essere il sintomo di un grande rispetto per gli spettatori), in parti per problemi propri della scrittura, per l'incapacità dello sceneggiatore di essere chiaro.
Questo è proprio un film che avrebbe meritato più attenzione nella pre-produzione. Peccato.

Il film è stato preceduto da ben 3 cortometraggi, e tutti di qualità:
Il primo dei tre, "Me, myself and I" di Priye Hamilton Amachree, è un corto dal budget quasi inesistente ma realizzato molto bene. Il regista fa ampio uso del montaggio e dei suoni per comporre le scene, e presta un'attenzione maggiore al dettaglio piuttosto che alle scene negli ampi spazi, la storia semplicissima sui motivi di una rapina è condotto molto bene fino alla scena finale banalmente poetica, ma Amachree ci arriva a mostrare quella scena, e quindi da banale si fa necessaria. Un ottimo cortometraggio amatoriale.
Il secondo "Blind date" di Shams Bhanji e Cyril Ducottet, è cortometraggio ispirato alla creazione del modno del popolo Baganda. Il film, muto, è abbastanza confuso e la storia, alla fin fine non si capisce, ma colpisce per la qualità della realizzazione, per la maestria nel creare un clima straniante ed una vaga sensazione di suspence, nonchè per la poesia di molte inquadrature, che per quanto semplici trasmettono tantissimo.
L'ultimo dei tre è "La bulle" di Raminosoa Mamihasina, film malgascio in cui un giovane ospite di una struttura alberghiera altrimenti vuota conduce una vita ripetitiva e monotona finchè non giunge una ragazzina a disturbare i suoi pranzi, deridendolo... la ragazzina poi si prende gioco di lui trasformandosi ogni volta in uno scarafaggio laureato in escapologia. Il film è proprio ben fatto, con un uso di effetti speciali bidimensionali e molto visibili che donano al corto l'atmosfera spaesata di una fiaba. Mamihasina non ha paura di usare immagini rallentate o accelerate per tramsettere il senso delle azioni, e fa ampio uso di inquadrature particolari per riprendere le stesse scene. Un ottimo corto se non fosse per l'irritantissima risata della ragazzina...

mercoledì 18 novembre 2009

Nothing but the truth - John Kani (2008)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano di Verona (in concorso); in lingua originale.

Il ritorno del corpo del fratello morto in esilio è l'occasione per un bibliotecario di fare i conti con il proprio passato e con i segreti nascosti della sua vita, questo in parallelo con quanto lo stato, il Sud Africa in cui il film è ambientato, sta facendo tramite la Truth and Reconciliation Commission. Ovviamento la catarsi non potrà avvenire senza un confronto con la famiglia (la figlia e la nipote) e un'onesto racconto delle verità sepolte (in questo senso mi ha ricordato "Segreti e bugie").
Kani si trova a suo agio dietro la machina da presa e ci regala una regia solida, con una fotografia magnifica fatta di colori delicati e luci pastose, solo talvolta virata verso colori terrei.
Gli attori non mi sono sembrati adeguati, ma il vero neo del film è nella storia un pò troppo semplicistica e nella mancanza di coraggio nel dare vita ad un vero e proprio dramma, o nell'usare l'ironia; la sceneggiatura invece cerca sfoghi comici non originali con l'inserimento di un personaggio alla moda, upper class, viziato e di estrazione culturale diversa che deve fare i conti con le proprie radici dimenticate (la nipote del protagonista), deviando per tutta la prima metà verso una risata facile fatta dalla contrapposizioni di culture/classi sociali.
Peccato, appena un poco di coraggio in più e sarebbe stato un gran film.

Il film è stato seguito da un cortometraggio poco cinematografico e con una trama esilissima (il protagonista perde la casa, poi gliela ricostruiscono), ma quantomeno dai colori splendidi dal titolo "La residence Ylang Ylang" di Hachimiya Ahamada.

Sheherazade, tell me a story - Yousry Nasrallah (2009)

(Ehky ya Scheherazade)

Visto al Festival di Cinema Africano di Verona (in concorso); in lingua originale.

Un film splendido. Nell'Egitto moderno, una donna conduce un talk show di politica inviso al governo, il neo marito, in attesa di una possibile promozione in un giornale di stato riceve pressioni per far calmare le acque per un pò e le chiede di smetteri di parlare di politica e parlare d'altro, sentimenti, vita di tutti i giorni, gossip... ma come presto si accorgeranno entrambi, tutto è politica, specie se a parlare sono le donne di uno stato islamico... Come lascia capire il titolo il film poi si sviluppa con una serie di racconti delle ospiti del talk show fino al racconto finale che sarà il film stesso.
Nasrallah dimostra un'ottima capacità di dirigere; pensa a tutto, cura una fotografia dai colori bellissimi, muove la macchina da presa, dispone gli attori, compone le immagini senza stancarsi (ad essere sinceri con più incisività nella prima parte), dimostrando un gusto estetico fortissimo e deciso. La trama scorre rapida e non permette che le oltre 2 ore di film possano annoiare, se anche si può notare spesso una certa ruffianeria (soprattutto nel finale) non gli si può negare di arrivare a colpire, si esce di sala emotivamente scossi.
Gli attori splendidi, soprattutto i protagonisti, fanno il loro dovere senza pecche, anche se mi viene da chiedermi se sia merito loro o se derivi tutto dalle mani sapienti del regista.
L'unico problema è il fastidio che provo al pensiero delle difficoltà nel reperire altri film di Nasrallah...
Dato che questo è un festival secondario dubito che si siano potuti permettere film migliori e lo candido ufficialmente alla vittoria.

martedì 17 novembre 2009

Mascarades - Lyes Salem (2008)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano (in concorso); in lingua originale.

Un'ottima commediola molto ironica e ben fatta ambientata nella profonda Algeria d'oggi.
Mounir ha una sorella, Rym, che pur amandola molto rappresenta il suo unico problema, è narcolettica e da tuttiè additata come una pazza che resterà zitella per questo suo problema; in una notte d'alcol Mounir dirà a tutti che l'ha promessa in sposa ad un ricco occidentale e da qui parte una piccola commedia degliecquivoci non originale ma efficace. Il tutto è ovviamente intrecciato con la storia d'amore, del vero amore, di Rym.
Come dicevo forse non spicca per originalità, ma molte sono le scene divertenti, semplici ma molto ironiche e le dinamiche del piccolo paese sono ben rappresentate.
Salem non è un genio, ma un cineasta che conosce a fondo il suo mestiere e sa gli obbiettivi a cui vuole giungere; conosce le tecniche base e sa come muovere una telecamera quando ne il momento è adatto (si veda all'inizio la panoramica reiterata nella piazza per cogliere le piccole faccende dei vari abitanti). La fotografia dai colori terrei non è perfetta ma ben curata e accompagna gli occhi suivolti dei personaggi. Buoni gli attori.
Il film perde in credibilità solo nel finale un po troppo assurdo e caotico.
In una parola un ottimo film medio.

Il film è stato preceduto da un cortometraggio, "Waramutseho" di Auguste-Bernard Kouemo Yanghu che parla di due amici, studenti in Francia uno dei due di etnia tutsi, l'altro hutu; lo scoppio dei disordini in Ruanda provocherà sui due ragazzi una serie di reazioni fino ad uno scontro diretto. Un buon film su come fatto lontani (geograficamente, non emotivamente) possono incidere sulle vite di tutti i giorni. Il crto è decisamente ben fatto, anche se non eccezionale, Yanghu si limita ad inquadrare quello che deve, un telefono (il mezzo per eccellenza di questo film), una presenza o un'assenza. La scena della collutazione tra i due nel loro salotto che si conclude sotto la bandiera ruandese è un tocco di classe.

A season of a life - Charles Shemu Joyah (2009)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano di Verona (fuori concorso); in lingua originale.

Uno dei film meno cinematografici che abbia mai visto, e il fatto che sia un'opera prima non lo giustifica affatto.
Il film è amatorialissimo, con attori digiuni di recitazione, una trama anche originale con un senso generale non malvagio (bella l'idea di una dio donna e tutto ciò che ne consegue nell'arringa finale) ma che va avanti per frasi fatte e assurde, eventi assolutamente dissociati, e scene ridicolissime; si insomma si vede proprio che sono degli amici che hanno voluto girare un film con la nuova videocamera. Alla fin fine è un filmino delle vacanze con uno stupro di mezzo. Considerando che ha vinto un premio internazionale a Zanzibar e che la giuria del festival l'ha vluto portare a tutti i costi a Verona c'è da sperare poco pr questa edizione.

Il film è stato preceduto da un cortometraggio "Le cauchemare d'une gamine" di tale Arthur Kolié Cécé... un corto talmente lontano da una qualsiasi visione di cinema che non intendo neppure parlarne.

lunedì 16 novembre 2009

Nemico pubblico - Michael Mann (2009)

(Public enemies)

Visto al cinema.

Una storia lineare, un film su una semplice caccia al ladro senza uno scontro tra menti, diviene nelle mani di Mann un esempio di cinema alto; anche grazie all'ottimo cast, ovviamente.
La fotografia è pulitissima, le luci splendide ed il realismo delle immagini adattissimo a raccontare questa storia, Mann poi osa mettendo la telecamera ovunque ci sia spazio sufficiente, senza temere le inquadrature impossibili. Ovviamente tutto questo è possibile grazie all'utilizzo del digitale, che permette immagini mai così realistiche, a livello di quelle dei telegiornali, senza dover rinunciare alla cura cinematografica. Mann si pone una spanna al di sopra del cinema odierno e mette metri di distanza tra lui e chiunque altro faccia film d'azione oggi... solo un'appunto, a me personalmente la camera a mano tutta sobbalzi mi ha un po stancato, ma per stavolta posso fare finta di niente.

Inutile dire che Depp fa una grande prestazione, la fa sempre, e stavolta che il film è pure serio c'è rischio che scappi un oscar. Assolutamente di livello anche tutto il resto del cast. Un'ottimo film.

venerdì 13 novembre 2009

Capitalism: a love story - Michael Moore (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Siamo davanti al solito Moore. Un film schieratissimo, schietto, esagerato, con una ricercatezza nelle immagini d'archivio sempre ai massimi livelli e, ovviamente, di parte senza alcuna speranza. Le colpe le hanno sempre gli stessi, i buoni sono sempre gli stessi, niente grigio, solo estremizzazioni. Per quanto sia tutto sfalsato dalla fede del regista, il film avverte di fatti reali, più o meno romanzati, che fanno rabbrividire; Moore mescola con la classica maestria ironia e dramma, immagini di repertorio ed interviste personali...si insomma, l'inventore del repotage post-moderno fa un altro reportage post-moderno. Stavolta, forse più che non nei precedenti, ci da dentro con le musiche, e soprattutto usa la retorica in maniera decisamente maggiore, ma la usa con maestria (che piccolo capolavoro di demagogia è la frase "Io non voglio vivere in un paese così. E non ho intenzione di andarmene"!). Quantomeno si può dire che nessuno guadando un film di Moore può rimanere impassibile, si esce sempre incazzati.
Però ormai sono lontani gli anni di "Bowling a Columbine", Moore anche stavolta butta tanta carne al fuoco, anzi troppa, non tutto è facile da seguire e molte parti del documentario sono unite con voli pindarici associativi più che logici e quello che ne viene fuori è un lavoro poco chiaro che punta solo ai sentimenti (e non, come fa di solito, soprattutto ai sentimenti). Forse addirittura il suo film peggiore.

giovedì 12 novembre 2009

Lezioni di piano - Jane Campion (1993)

(The piano)

Visto in DVD.

Questo è uno di quei film troppo complessi per essere sicuro di avere un'opinione certa alla prima visione. Lezioni di piano non l'avevo mai visto completo prima ma solo a spezzoni più o meno lunghi.
Ora che l'ho visto posso dire che certamente è un grandissimo film sull'incomunicabilità; ogni personaggio è inintelleggibile agli occhi degli altri e spesso anche allo spettatore, nessuno riesce a comprendere gli altri fino in fondo, e la metafora del mutismo, della lingua maori, della musica come linguaggio vuol solo rendere palese questo concetto. Tutti i sentimenti messi in gioco sono fortissimi, ma recitati con incredibile rigore dalla Hunter e da Keitel, un distacco, una freddezza, che rende i personaggi più credibili, più reali.

La Campion poi compie un'opera di un lirismo impressionante, acuto ma trattenuto allo stesso tempo; ogni immagine (soprattutto all'inizio e nelle ultime scene del film) sono vere proprie poesie in immagini. Alla regista è sufficiente un albero, una mano, od ovviamente un pianoforte, per creare un'opera d'arte di una potenza difficile da replicare (il pianoforte da solo sulla spiaggia è splendido, e cosa dire dell'immagine finale?). Quando l'inquadratura si allarga i personaggi vengono sempre schiacciati nella parte bassa dell'immagine o relegati in un angolo in una vittoria della natura, del tempo atmosferico sull'uomo; e proprio il tempo è una caratteristica di questo film; non avevo mai visto prima un film più fradicio di questo, qui tutto è bagnato, tutto è umido, c'è pioggia, fango, foschia, mare, fiumi...

Forse è un film difficile da amare, troppo complesso, i sentimenti troppo trattenuti per essere ben compresi, eppure rimane un'opera singolare ma splendida.

PS: non ho parlato delle musiche è vero, ma credo che Nyman non sia uno che abbia bisogno di presentazioni, e poi io non me ne intendo abbastanza... inutile dirlo, amo il motivo del film.

mercoledì 11 novembre 2009

Up - Pete Docter, Bob Peterson (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Forse è il miglior film della stagione. "WALL-E" mi era molto piaciuto e quindi Up ha cominciato col piede sbagliato; venire dopo un capolavoro. Eppure riesce a vincere la sfida. Vince su tutta la linea.
Oggigiorno la Pixar è l'unica a trattare i bambini come persone e non come ritardati; è l'unica che ha il coraggio di mostrare dolore e morte (era dai tempi de "Il re leone" che la morte non era presentata in maniera così, importante e continuativa, giusto "Alla ricerca di Nemo" l'aveva brevemente riutilizzata, e guarda un pò, è proprio della Pixar) pur con la dovuta maniera soft; è l'unica che si permette di ironizzare sulla vecchiaia, sul ricordo e sulla sofferenza. E poi lo fa con stile.
Certo, è molto più sguaiata di Miyazaki, cerca di fare film che siano anche comici, ma tolto il maestr giapponese chi altri riesce a rendere sentimenti così forti e complessi con uno sguardo? un dettaglio? un'esitazione? e poi in sto film c'è pure tutto il discorso sul volo... comincio a credere che Lasseter abbia guadagnato più di quanto ha speso producendo i film di Miyazaki, non solo in termini economici.
Tutto in questo film è funzionale, l'attacamento ala casa, i palloncini, tutto è fatto perchè sia visivamente splendido ma con uno scopo. I personaggi impegnati i scene d'azione o comiche hanno brevissimi momenti in cui tirare fuori la loro personalità, ma in quei brevi attimi ti raccontano tutto un mondo.
La scelta dei cani poi aggiunge a tutto un gusto comicità surreale strepitoso (la scena degli aerei è veramente fuori di testa).
Al di la delle conoscienze tecniche la Pixar ha una tale consapevolezza delle tecniche cinematografiche ed un tale rispetto per il suo pubblico, di qualsiasi età, che oggigiorno risulta essere la migliore industria del cinema, qualitatiamente parlando. E se si considera che finora non ha fatto altro che migliorare ad ogni film sono già in attesa di "Toy story 3".

martedì 10 novembre 2009

Passengers, mistero ad alta quota - Rodrigo Garcia (2008)

(Passengers)

Visto in Dvx.

Un thriller tra lo psicologico ed il metafisico che verte interamente sul colpo di scena a circa due terzi del film, un po come "I soliti sospetti" o "Il sesto senso" o il già citato "La moglie del soldato".
Qui però ci troviamo davanti ad un'idea magnifica, davvero fenomenale specie per il cinema, dove forse è già stata utilizzata solo per certe commedie natalizie. Il soggetto appare quindi vincente, a fronte di una sceneggiatura non all'altezza, il film è troppo noioso e sentimentale per tutta la prima metà, tanto da deragliare quasi subito in una storia d'amore, tutt'altro che fondamentale per a trama; e poi le emozioni sono troppo esposte e troppo repentine, troppo esagerate, lo sconosciuto sceneggiatore deve ancora lavorare per essere all'altezza delle sue stesse idee. La regia di Garcia poi è molto convenzionale, unico tocco personale ed oggettivamente lodevole è la fotografia algida tutta giocata sui toni freddi del nero e del grigio che solo nella parte finale osa mostrare l'azzurro ed il blu.
In sostanza il film scorre lento e banale (davvero molto banale) fino al colpo di scena che sconvolge tutto, buttando una luce diversa su tutto quanto è stato mostrato fino a quel momento. Un buon film medio che avrebbe potuto aspirare a qualcosa in più.

Mi fa piacere, ma non sono abituato a vedere Dianne Wiest fuori da un film di Allen

lunedì 9 novembre 2009

Scandalo internazionale - Billy Wilder (1948)

(A foreign affair)

Visto in DVD

Film cinico come solo Wilder, tra i grandi del cinema, saprebbe fare; è una commedia che ironizza sulla germania post bellica, sulle connivenze ed il favore del popolo tedesco nei confronti del regime nazista e sugli americani come liberatori. Graffiante specie nel'inizio si riconosce fin da subito come un film di Wilder.
Poi prende le mosse della commedia degli equivoci (di cui non vado matto) e del film romantico alla "Ninotchka" (di cui non a caso è stato uno degli sceneggiatori), senza particolari guizzi o idee. Unico valore aggiunto la Dietrich.
Dietro la macchina da presa Wilder non esalta in maniera particolare.
Questo film è decisamente un minore nella carriera del regista, ma fa passare bene un'ora e quaranta.

Ah già, le spettrali carcasse degli edifici bombardati che si vedono all'inizio del film dall'aereo e poi nelle varie scene sulla macchina sono proprio la Berlino del 48.

venerdì 6 novembre 2009

Parnassus, L'uomo che voleva ingannare il diavolo - Terry Gilliam (2009)

(The imaginarium of doctor Parnassus)

Visto al cinema.

Non siamo neanche lontanamente ai livelli di "Paura e delirio a Las Vegas" o "Brazil", però almeno Gilliam ritorna a fare qualcosa di personale che valga qualcosa.
Il film infatti è quanto di più tipico dal regista, un film in cui la trama è appena abbozzata e quello che più conta è il clima, l'ambiente ricreato, in cui il fantastico è fuso organicamente con la realtài in maniera il più possibile verosimile. Ci sono personaggi medium fra la relatà e l'immaginario, ci sono personaggi al limite che vi si aggregano e c'è tutto il corollario di visoni che qui ritorna ad essere oggettivamente bello. Purtroppo gli effetti speciali non sono sempre all'altezza.

Il cast poi adattissimo e adeguato al compito, l'idea di usare 4 attori diversi per lo stesso personaggio (scelta obbligata dalla prematura scomparsa di Ledger) è magnifica e offre un'interpretazione in più all'opera; Tom Waits che interpreta il diavolo (strano) poi è un valore aggiunto, e pure il ritorno di Verne Troyer.

giovedì 5 novembre 2009

Se mi lasci ti cancello - Michel Gondry (2004)

(Eternal sunshine of the spotless mind)

Visto in DVD

Uno dei più bei film dell'ultimo decennio. Un film sull'amore tout court che non si limita alla visione hollywoodiana della passione ma racconta una storia nel suo svolgersi dalla fine all'inizio, in una sorta di "Memento" che rende chiaro prima il perchè non sia funzionata e solo dopo il perchè sia cominciata. Il tutto con salti avanti e indietro nel tempo che si possono capire del tutto solo alla fine nel magnifico colpo di scena (che per una volta non è fine a se stesso ma è utilissimo ai fini del significato del film).
La regia di Gondry poi è magnifica, praticamente ogni scena ha qualche aggiunta, qualche modifica, ogni scena significa qualcosa, e il regista dirige tutto magnificamente con l'aiuto di effetti speciali, più spesso artigianali che non digitali. Alcune inquadrature, per costruzione dell'immagine, sono già da galleria d'arte. Splendida anche la fotografia che rende perfettamente il mood generale.
Infine un encomio agli attori, sia ai protagonisti Carrey e Winslet mai visti in queste vesti ma bravi come sempre (sembrano quasi essersi scambiati i ruoli), sia ai comprimari, quasi tutti in parte, quasi perfetti.
Non voglio commentare troppo sul titolo italiano... in poche occasioni ci si era ridotti così in basso...

mercoledì 4 novembre 2009

La moglie del soldato - Neil Jordan (1992)

(The crying game)

Visto in DVD. La storia parte con il rapimento di un soldato inglese da parte dell'IRA, del suo rapporto con uno dei carcerieri che, come da manuale si sviluppa fino ad arrivare all'amicizia, dopo solo mezzora di film devono però ucciderlo e li c'è un primo colpo di scena ironicissimo e crudele che da il via alla vera storia.
Il carceriere rintraccia la donna del soldato e ovviamente se ne innamora, ma dall'IRA non se ne esce mai.
Quello che a prima vista può sembrare un film banale non lo è affatto. Non lo è per via del secondo colpo di scnea, quello vero, quello portante, che cambia radicalmente il senso del film. Non starò qui ad anticiparlo, ma non so quanto sia credibile; io come al solito sono venuto a saperlo prima quale fosse il colpo di scena (Ma possibile che un giornale di gossip che compra mia nonna me lo dovesse dire?!), e francamente mi sembrava piuttosto evidente, però non faccio testo. Il film con quel cambiamento assume un senso più ampio, diviene un discorso sulle apparenze e sulla comprensione e l'accettazione di se, ogni personaggio infatti si mostra, o appere o agisce in maniera differente da ciò che in realtà è. Con quel cambiamento diviene quindi un gran film.
Jordan poi compone le scene in maniere essenziale ma ricercata e mostra tutto quello che deve essere visto senza aver paura a muovere la camera se necessario, seguendo i personaggio, girandoci attorno, piegandola di lato. Un ottimo esempio di regia.
Il film però non mi ha convinto fino in fondo; la storia si sviluppa troppo velocemente, soprattutto nel fondamentale rapporto tra il carceriere ed il rapito, tutto troppo rapido, troppo artificiale; e poi la tensione non compare mai, anche quando dovrebbe esserci non si sente, nel finale poi si raggiunge il paradosso con una situazione sempre più incredibile che se fosse almeno supportata dalla suspance. In più, tolto Whitaker, gli attori non mi sono sembrati ad un livello adatto per il film. Spiace perchè gli spunti per una grande opera c'erano tutti.