domenica 31 gennaio 2010

M'ama non m'ama - Laetitia Colombani (2002)

(À la folie... pas du tout)

Visto in DVD.

Un film piuttosto strano. Parte come un film romantico standard, con la Tatou che fa l'innamorata svampita, con colori chiassosi, con tanta que tocco di Francia che viene sempre messo, dissolvenze ad effetto, con dei titoli di testa (molto belli) pieni di cuori rossi... nella prima parte la regia è molto buona, dinamica, con dolly precisi e una cura delle immagini tutta intenta a creare equilibrio e un senso generale di positività. Nella seconda parte però il film vira completamente, tutto quanto visto viene mostrato sotto un'ottica diversa, dove tutto si incastra... beh senza spoilerare basti dire che solleverà l'umore di chi non ama i film d'amore; la regia è ancora attenta alle scene, ma si fa più nervosa e più scura.
Complessivamente è un buon film, ma non è esattamente un'opera fondamentale, per lo più per colpa della sceneggiatura, poco credibile quasi subito, con personaggi esagerati (considerando tutto), poi gli attori non sono proprio all'altezza, se la Tatou è intoccabile perchè fa una parte per lei standard (almeno all'inizio), Le Bihan è semplicemente inguardabile.
Spiace dirlo, ma alla fine risulta un po troppo stucchevole. Non male però.
Bella e inquietante la citazione finale.

PS: il riferimento ad Amèlie, come anche l'orribile titolo italiano, non risultano solo insensati (neppure la prima mezz'ora, decisamente spinta sul versante romantico, risulta in linea con film di Jeunet), ma anzi fuorviano completamente lo spettatore.

sabato 30 gennaio 2010

Tabù, Gohatto - Nagisa Oshima (1999)

(Gohatto)

Visto in VHS.

In una milizia samurai entra un novizio piuttosto efebico e, a quanto pare affascinante; attorno a lui cominceranno a gravitare le attenzioni di tutti.
Il film è un tripudui di perfezione formale assoluto, niente manierismi ne esagerazioni per la regia di Oshima, mentre la fotografia rende magnifica ogni inquadratura.
La storia parte benissimo mostrando una sorta di Affinità elettive in cui l'aggiunta di un elemento nuovo scatena involontarie passioni e turbamenti in chiunque, senza possibilità di sfuggirvi (si veda l'ufficiale che deve accompagnare il novizio al bordello) e anche senza che ve ne sia la consapevolezza (si veda il personaggio dello stesso Kitano che si chiede se non ha un occhio diverso quando guarda la recluta) e tutto questo ovviamente avrà delle conseguenze, anche grosse. Il tema non è trattato in senso scandalistico, l'omosessualità non era considerata negativamente, purchè non creasse scompiglio, ma è proprio mostrato come l'introduzione di un dettaglio possa scombinare completamente le carte in tavole.
Nella parte finale poi il film si infittisce di significati, con il sommarsi di delitti e la ricerca di un colpevole che verrà svelato, ma che a sua volta nasconde altro, ancora una volta i sentimenti, le relazioni che si ritenevano esistere all'inizio del film sono esistite davvero? e chi si manteneva in disparte era davvero immune? chi ha agito in favore o contro di chi?
Il film si chiude con una immagine esteticamente splendida ma assolutamente ambigua. Magnifico.

PS: c'è bisogno di dire che c'è un grande Kitano?

venerdì 29 gennaio 2010

L'estate di Kikujiro - Takeshi Kitano (1999)

(Kikujirô no natsu)

Visto in DVD.

Masao bimbo allevato dalla nonna decide di mettersi alla ricerca della madre; nel farlo verrà presto affiancato da un'amico della nonna (ovviamente Kitano). Il film è, in pratica, l'album fotografico di quelle vacanze estive.
Questo è forse il film più lieve del regista più lieve in circolazione; la trama è praticamente nulla, eppure in quelle brevi sequenze di avvenimenti (ma anche brevi sequenze di nulla) si condensano sentimenti enormi; e come nello stile del regista giapponese il dramma più nero si fonde con la commedia più brillante. Questo è forse il film più solare e luminoso di Kitano, certamente è il più divertente, con più di un'occasione in cui non si può non scoppiare a ridere.
Splendido il personaggio interpretato da Takeshi stesso, mai così ciarliero e mai così arrogante, davvero un'idea magnifica.

Attenzione però non ci si trova di fronte ad una storia di formazione on the road, nessuno dei personaggi cresce minimamente dagli incontri fatti, nulla viene imparato, neppure ad accettarsi l'un l'altro visto che Kitano è tanto autoritario alla fine quanto all'inizio. Semplicemente la trama parla di persone buone (e la bontà può anche essere strettamente unita alla stupidità) che cercano di sopravvivere.
Un film innegabilmente positivo che però non cerca mai di consolare, ne cerca il buonismo, semplicemnte chi è buono lo è e può solo sperare di incontrare altri come lui, altrimenti dovrà fare da se.
Come al solito quando si parla di Kitano le immagini possiedono sempre una loro bellezza e ricercatezza indipendentemente da ciò che mostrano.
Non è il suo capolavoro, ma personalmente lo considero uno dei migliori.

PS: non ho parlato del finale perchè si può dire che sia quasi a sorpresa, per tutto il film si crede di vedere una storia, quando invece ci viene ne viene presentata un'altra, completamente diversa.

giovedì 28 gennaio 2010

Amico tra i nemici, nemico tra gli amici - Nikita Sergeevič Michalkov (1974)

(Svoy sredi chuzhikh, chuzhoy sredi svoikh)

Visto ad un cineforum, in lingua originale sottotitolato.

La storia è quella di un carico d'oro, nella Russia degli anni '20 che deve arrivare a desitnazione, di due gruppi di "banditi" che lo vogliono e del tentativo di recuperarlo da parte dei "proprietari".
Il punto fondamentale è che questo film russo degli anni '70 è, sostanzialmente, un western girato da Tarantino.
La frase è certamente altisonante, però in questo film Michalkov ci da dentro con una camera libera come non mai, segue i personaggi, panoramiche e carrelli, zoom in avanti e indietro, camera a mano, camera fissa, piani sequenza, dolly; idee di montaggi che alternano sequenze rapidissime e serrate a uno stile più scorsesiano, ai dettagli delle pistole tipici del western. E tutte queste possibilità sono sfruttate senza una cadenza regolare, in maniera assolutamente indipendente; per ogni scena sceglie lo stile che più gli si addice senza appoggiarsi al già visto.
La storia poi ha tutte le cadenze del western crepuscolare, soprattutto alla Leone (l'oro da rubare, la rapina al treno, il tesoro nascosto da ritrovare, amicizie virili, un'accusa ingiusta, il riscatto, il duello, ecc...), e arriva addirittura a presentare uno "scontro" tra 3 individui legati dal comune interesse per l'oro da ritrovare ma arroccati su fronti opposti (un "bianco", un "rosso" e un ladro/bandito/capo banda); non si arriva mai ad un vero e proprio triello, però l'idea, lo sviluppo e la cadenze delle azioni son sempre quelle. Addirittura le musiche sono assolutamente da western leoniano.

Il film è assolutamente di parte, come è prevedibile. Il protagonista, un "rosso" ingiustamente sospettato, Shilov, è un uomo granito, con un'incrollabile fiducia nel sistema dominante e con un cuore enorme che pensa sempre al "popolo", e che non disdegna di aiutare anche il nemico in difficoltà... questa orgia di banalità però ha un risvolto decisamente buono, e cioè il manifestarsi di sentimenti di amicizia tra quest'uomo e l'uomo che deve dargli la caccia perchè tutti pensano che sia fuggito, i due erano stati commilitoni e per tutto il film la caccia è tempestata di piccoli gesti di illusione e simpatia fra i due, nonchè del tentativo di scagionare l'amico accusato. In questo senso tutto il film sta nell'apertura del film (bella la canzone) e nel finale.

E poi ci sarebbe da parlare pure delle inquadrature estremamente estetizzanti, soprattutto all'inizio; delle luci, quasi sempre accecanti, che appiattiscono l'immagine, cancellano i dettagli, talvolta nascondo anche i tratti somatici, o annullano interamente la scena; delle scene oniriche che vede il capo della banda di ladri o delle scene dei ricordi che compaiono lentamente nella guardia "rossa" rapita e drogata...
Si insomma, un film di una libertà impressionante, che fa ancora più impressione se si considera che è un'opera prima (anche se in realtà di corti ne aveva già fatti parecchi), assolutamente senza ingenuità, che presterebbe il fianco ad una sola critica, la mancanza di mezzi. Che a ben vedere dimostra ancora di più le capacità di Michalkov.

mercoledì 27 gennaio 2010

L'infanzia di Ivan - Adrei Tarkovsky (1962)

(Ivanovo detstvo)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato.

Grandioso film di Tarkovsky che dimostra tutto il genio e tutta la spettacolare visione d'insieme che aveva il regista russo; una conoscenza enciclopedica del mezzo cinematografico ed un'idea precisa dell'obbiettivo. Tutto il film è un continuo dimenarsi di soluzioni esteticamente grandiose e tecnicamente perfette; piani sequenza, disposizione degli oggetti e degli attori, costruzione delle scene spesso su più piani, movimenti di camera, costruzione degli ambienti e delle scenografie, soluzioni di montaggio; tutto è preciso e pianificato, tutto ha uno scopo ed un significato, neppure un passo del protagonista appare casuale. Uno sforzo titanico nella ricerca della perfezione.
La trama del film passa completamente in secondo piano, si tratta di un film di guerra ricco di profonde metafore che si possono notare solo a metà; quello che conta è che alla fine della visione rimane un tale senso di perfezione, una tale reverenza per Tarkovsky, che ci si riappacifica con il cinema.
Le scene dei sogni di Ivan sono tra le cose migliori che abbia mai visto, c'è gran parte di quello che si può pensare di fare con una macchina da presa.
Splendidi anche gli attori (specie il giovane protagonista).

martedì 26 gennaio 2010

Freaks - Tod Browning (1932)

(Id.)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato.

Film capolavoro di Browining ambientato dietro le quinte d'un circo dove vivono i freaks, i fenomeni da baraccone; tra questi Hans, uno dei nani, fidanzato con Frieda, anch'essa nana; tra loro si inserisce Cleopatra, la trapezista, che attirata dai soldi che Hans ha ereditato arriva a sposarlo, l'umiliazione che gli farà provare, ma anche il non dimenticabile tentativo d'ucciderlo (piano archiettetato con Hercules, il suo vero amante), faranno scatenare la vendetta dei freaks, una delle vendette migliori della storia del cinema.

Il film è condotto con maestria dal regista, con piccoli e secchi movimenti di camera utili più per definire l'ambiente dove si svolge la vicenda, piuttosto che mostrare fatti che altrimenti sarebbero preclusi allo spettatore; le scene fnali con i freaks che strisciano nel fango sono estetizzanti al massimo.
Quello che più colpisce è però l'utilizzo di freaks reali, nani, uomini senza gambe, donne senza braccia, uomini torso, donne barbute ecc... certamente la scelta è stata fatta, un po per questioni di budget (in questo modo non c'era bisogno di effetti speciali), un po per colpire lo spettatore. Ma quelo che è l'intento del film è restituire ai mostri il senso di umanità; oggigiorno il cncetto è banale, ma questo credo sia uno dei primi film che si chieda chi è il vero mostro.
Da non confondere l'intento di umanizzare i freaks con l'intento di mostrarli buoni. I freaks non sono buoni, sono esseri umani, ed ecco allora che compaiono, gioia, ingenuità, amore, tristezza (questi ultimi due magnificamente mostrati da Frieda, non una buona attrice, ma decisamente la maschera perfetta del dolore e dell'amore, il suo affetto per Hans che è interessato solo alla felicità dell'amato verrà poi copiato da migliaia di film romantici), ma anche odio, disprezzo, rabbia, e quel senso di cameratismo proprio delle comunità chiuse.

Il film è stato spesso accusato d'essere cinico e grottesco. Francamente non credo.
Non c'è cinismo nel mostrare i freaks, li mostra perchè la storia di cui parla perderebbe molto se non ci fossero, se fosse ambientata in una comunità d'altro tipo sarebbe meno diretto il significato, perderebbe di forza la vendetta finale (atroce per la vittima, ma certamente atroce anche per chi la compie perchè implica una presa di coscienza della propria condizione) e tutto il film cambierebbe di senso e mostrerebbe solo quanto possono essere malvagi gli uomini, non si chiederebbe chi è il vero mostro e tutto ciò che ne consegue.
Spesso si sostiene il cinismo di Browning sia evidente quando inquadra i freaks fare ciò che li contraddistingue, come la donna senza braccia che mangia con i piedi o l'uomo torso che si accende una sigaretta; beh pur non escludendo che Browning fosse un bastardo e ammettendo che certamente è stato fatto per impressionare lo spettatore, va data una certa onestà al regista, che inquadra pure le inutili scene dell'uomo che ingoia la spada o del mangiafuoco, così come le piccole gag del clown, Browining mostra tutti nel loro lavoro, riducendo tutti ai fenomeni da baraccone che tanto attraggono la gente al circo; normodotati compresi.
Per quanto riguarda il grottesco, beh, lo è per ciò che mostra, non perchè decide di mostrarlo; ignorare le cose non le elimina, quindi più che essere grottesco per aver deciso di mostrare persone con problemi fisici notevili è forse grottesco per impone agli apettatori di guardarle, senza dare l'illusoria consolazione della finzione. Guadare un film del gobo di Notre Dame no inquieta nello stesso modo perchè il protagonista è truccato, eppure c'è la stessa quantità di dramma e di grottesco. Browning obbliga a non ignorare.

Certo nel film c'è una quantità notevole di violenza psicologica, terribile infatti la sequenza in cui Cleopatra prende sulle spalle Hans in un girotondo d'umiliazione (beh tutta la famosa sequenza del banchetto di nozze trasuda umiliazione e violenza), quindi certamente il film non è una passeggiata nei boschi.

Inutile dire che il film fu un fiasco all'epoca (fa fatica ad essere visto oggi) e segnò tutta la carriera di Browning.
Il finale è un po affrettato, ma quello, forse, per via dei pesanti tagli imposti dalla produziono; quelo originale non prevedeva la morte di Hercules, ma la sua evirazione (!!) e lo si sarebbe visto poi in mezzo al sideshow (il tendone affiancato al circo vero dove stavano i fenomeni da baraccone), effemminato ed ingrassato cantare in falsetto per i visitatori.

Complessivamente il film impressione tantissimo, per ciò che mostra e per come lo fa. Ricordo che lo vidi in tv per sbaglio una notte, e lo vide anche mia sorella, lei ne rimase terribilmente scossa, io non posso negare di esserne rimasto impressionato; da allora in tv non è più stato trasmesso...
Non è un film che consiglierei a tutti; bisogna essere pronti a guardare quello che di solito ci fa voltare la testa.
Comunque sia, applausi a scena aperta.

lunedì 25 gennaio 2010

Dracula - George Melford (1931)

(Id.)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato.

Agli albori del sonoro la Universal decise che non era il caso di perdere il redditizio mercato sudamericano solo per questioni linguistiche, e d'altra parte il pubblico non era minimamente avvezzo al doppiaggio. Come fare quindi?! Semplice; bastava fare lo stesso film 2 volte, una in inglese ed una in spagnolo. Così nacque questo film, come versione spagnola dell'omonima opera di Browning. Di giorno giravano quello inglese, di notte, sugli stessi set, venivano fatte le stesse scene in spagnolo (credo che l'unica cosa non condivisa dai due film furono i vestiti, quelli femminili, nella versione spagnola, erano decisamente più scollati).
Il film che ne viene fuori, è però piuttosto diverso, più lungo, vagamente più fedele al testo di Stoker, e pertanto più noioso.
La regia è comunque convenzionale, ma presenta un numero maggiore di guizzi improvvisamente originali, soprattutto un buon uso del dolly (la famosa inquadratura di Dracula sulle scale è solo il primo di una serie).
Gli attori, si può dire non senza una certa quota d'eufemismo, che recitano col culo. Sono tutti di un'incapacità imbarazzante, degni di un cinema muto da pochi soldi; il peggio è che ciò vale sia per le inutili comparse, sia per gli insipidi comprimari, sia per i grotteschi protagonisti. Su tutti vanno ricordati Arozamena nella parte di Van Helsing i cui primi piani verrebbero scartati anche per la parte del padre di "American pie"; e poi ovviamente Villarias nella parte del conte, che sembra Lugosi paralizzato in un ghigno idiota, è evidentemente stato scelto solo per la somiglianza con l'attore ungherese, non per le sue capacità recitative.
Ci aggiungerei poi che molte scene non hanno una gran connessione le une con le altre, almeno non nell'ordine con sui sono mostrate, si insomma la sceneggiatura presenta più falle del Titanic...
Che dire, questo film che dalla critica è definito migliore della versione inglese mi pare invece essere complessivamente imbarazzanta, e non saranno certo un paio di dolly in più a rivalutarlo.

domenica 24 gennaio 2010

Hiroshima mon amour - Alain Resnais (1959)

(Id.)

Visto in DVD.

Un'attrice francese si trova per pochi giorni ad Hiroshima per girare alcune scene di un film, li incontrerà un architetto incaricato della ricostruzione della città che presto diventerà il suo amante; la relazione le farà tornare in mente il suo primo amore, un soldato tedesco durante l'invasione della Francia nella città di Nevers.
Film splendido, fatto di una trama terribile ma magnificamente ensata, tutta costruita di metafore, accostamenti e paragoni, spesso spiegati con le immagine più che con le parole. Una regia modernissima fatta di movimenti, inquadrature, angoli di ripresa, costruzione delle immagini sempre perfetti che non sfigurerebbero in un film di oggi, anzi difficilmente oggigiorno si può trovare una tale raffinatezza. Anche il tema in se, oltre per come è trattato non potrebbe essere più attuale.
Una sequenza d'inizio da brividi, con la primissima immagine che è un pozzo di poesia con due corpi acefali abbracciati coperti di sabbia, un incipit che per potenza è degno di un finale epico, che mostra le atrocità dell'atomica e che spiega le atrocità della memoria e dell'oblio; certe frasi non sono facili da dimenticare: "Come te anch'io ho cercato di lottare con tutte le mie forze contro la smemoratezza. E come te ho dimenticato. Come te ho desiderato avere un'inconsolabile memoria, una memoria fatta d'ombra e di pietra. Ho lottato da sola con violenza, ogni giorno, contro l'orrore di non poter più comprendere il perchè di questo ricordo. Come te, ho dimenticato".

L'unico difetto è la terribile verbosità che rende il film piuttosto noioso, ma lo rende anche un film unicamente da guardare (realmente una festa per gli occhi) più che da ascoltare, tanto l'essenza della trama riesce comunque a trasparire.

PS: in uncerto senso mi viene da paragonarlo ad "Di là dal fiume e tra gli alberi" di Hemingway; uno dei libri meglio scritti di sempre, ma anche uno dei più noiosi.

sabato 23 gennaio 2010

Un fidanzato per mamma e papà - Ron Underwood (2007)

(Holiday in handcuffs)

Visto in tv.

Banalissimo film sentimental/natalizio dalla trama solo più stupida del solito e personaggi più incoerenti, insensati e macchiettistici; una regia canonica e assolutamente ininfluente completa il quadro... allora perchè l'ho guardato?
Per due motivi fondamentali:
In primo luogo i due protagonisti sono Sabrina e Slater di Bayside school!!!! Come dire un ritorno nell'infanzia e nell'adolescenza nello stesso tempo (lei è invecchiata da far paura, mentre lui è sostanzialmente identico).
In secondo luogo, ha un inizio magnifico, o meglio magnificamente demente, con una cameriera folle che rapisce un tizio che sta per chiedere alla sua fidanzata di sposarlo, lo minaccia con una pistola, lo ammanetta con manette pelose e lo trascina non consenzientemente ad una cena dai suoi parenti spacciandolo per il suo fidanzato... e contro ogni pronostico e plausibilità il piano funziona nonostante i continui tentativi del ragazzo di fuggire (!). Un capolavoro di arte idiota che avrebbe meritato un trattamente migliore, e invece com'è prevedibile i due si innamorano lo stesso eccetera eccetera eccetera

venerdì 22 gennaio 2010

Sherlock Holmes - Guy Ritchie (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Un film inaspettatamente bello.
Un film d'azione con scene di lotta equilibrate, non troppe e ben fatte, con un ritmo sostenuto in ogni attimo e una trama interessante che ricicla un pò tutto quello che fa colore nell'Inghilterra vittoriana, dal satanismo allo steampunk.
Personaggi interessanti, il restyling di Holmes è perfetto, non tradisce l'idea originale (un uomo d'acume superiore che sfrutta in ogni campo, inglesissimo nello stile e nell'ironia; ma anche il violino e la pipa sono tenuti), ma la aggiorna (Holmes fa a botte, beve, ecc...), inserendo poi uno splendido rapporto virile (leggi criptogay) tra il protagonista e Watson, tanto che le figure femminili sono assolutamente ai margini, e sono state inserite col bostik giusto per attirare il pubblico maschile.
La regia di Ritchie è adattissima a questo tipo di film e non si fa notare neppure nei virtuosismi (il piano sequenza con dolly nella scena in cui si vede per la prima volta la casa di Holmes), ma se non ci fosse il film perderebbe parecchi colpi.
Una storia divertente, interessante e ritmata il giusto. Puro intrattenimento, che funzione alla perfezione senza sbandare nell'inutile.

giovedì 21 gennaio 2010

Schiava d'amore - Nikita Sergeevič Michalkov (1976)

(Raba lyubvi)

Visto ad un un cineforum, in lingua originale sottotitolato.

1917, Crimea (regione bianca, politicamente parlando), una scalcinata troupe sta cercando di realizzare un film, tra uno sceneggiatore incapace, un produttore spaventato, un regista con problemi d'alimentazione, un'attrice svampita e un direttore della fotografia politicamente sensibile (ma questo non traspare subito); l'attrice si innamorerà di quest'ultimo (ovviamente sarà una storia d'amore travagliata), ma ci penserà la rivoluzione a colpire tutti, dapprima dolorosamente, poi la presa di coscienza dell'attrice la porterà ad accettare il bolscevismo e a rischiare la vita per esso.
Il film rimane sospeso tra la commedia ironica (tutta la prima parte è una sorta di "Effetto notte" divertente), un film romantico con accenni di poesia, ed un impegno politico che esplode nel finale (la scena conclusiva del film è una metafora talmente schietta che la si capisce anche da bendati; e, mi è parsa, pure la scena meglio realizzata del film).
Sulla carta un buon film, purtroppo però non ha più i tempi e il ritmo giusti per essere visto oggigiorno, anche con le migliori intenzioni, non si può non essere sopraffatti dalla noia in più punti e si arriva alla fine stremati.

mercoledì 20 gennaio 2010

Sonatine - Takeshi Kitano (1993)

(Id.)

Visto in DVD

Nella sua opera numero due Kitano possiede già uno stile organico fatto di scene che parlano più dei personaggi, nessun disgusto per la violenza che può venir mostrata senza pudori, ma neppure piacere nel mostrarla, un flusso lento di immagini ed informazioni con personaggi (e una regia) assolutamente indifferenti esteriormente. Uno stile così granitico che quasi non ci si accorge del repentino cambio di registro, che da un film di yakuza che tende alla commedia si sposta improvvisamente per diventare un film da spiaggia zen ed infantile. All'improvviso ci si chiede in che momento quel film di gangster di prima sia passato a far vedere un incontro di sumo assolutamente idiota. Solo Kitano può riuscire in una cosa del genere.
Alla fin fine il film è classico, ci si aspetta il finale fin dalle prime scene sulla spiaggia, ma il punto non è dove vuole arivare ma cosa inventa, cosa mostra, mentre ci sta arrivando.
Certo è un buon film standard per Kitano, però non mi è sembrato tutto questo capolavoro, io sto ancora dalla parte di "Dolls".

martedì 19 gennaio 2010

La prima cosa bella - Paolo Virzì (2010)

(Id.)

Visto al cinema

Dopo "Tutta la vita davanti" avrei detto che Virzì sarebbe imploso; visto il trailer di questo film poi mi aspettavo il classico film italiano malato di nostalgia e niente di più. Si insomma, ero pronto alla delusione.
Invece "La prima cosa bella" è, se possibile, meglio del suo illustre precedente.
Certo la storia è banale: Mastandrea è disilluso e infelice a causa di sua madre che non vede da anni, visto che lei sta morendo viene costretto a tornare a Livorno, sua città natale, dove incontrerà gente e rivivrà fatti e ricordi fino all'inevitabile morte della madre nel momento in cui tutti possono tranquillamente immaginare che morirà. C'è poco da fare, Virzì è ruffiano, a sta povera donna fa capitare di tutto, anche troppo perchè possa pretendere realismo, e poi gioca con sentimenti facili di umiliazione e riscatto, di disillusione e tentativi di felicità... però virzì ci riesce; riesce sempre ad usare i meccanismi più banali e a renderli utili, credibili.
Colonna sonora d'epoca adattissima, interpreti magnifici (come al solito per Mastandrea, applauso alla Pandolfi, l'unica che incespica è la Ramazzotti che in certi momenti si vede proprio che si sforza), trama che mescola dramma e commedia anche nelle stesse scene (decisamente si ride, ma decisamente si può anche piangere).
Ma soprattutto, il lavoro che fa Virzì è di raccontare una storia tutto sommato banale nel mondo del cinema senza pregiudizi. tutti i personaggi, anche quelli peggiori alla fine si rivelano solo persone infelici e ferite, che anzi, spesso reagiscono a problemi causati dai protagonisti (i buoni); e poi nessuno vince in questo film, nessuno impara nulla, la scena finale di Mastandrea non è dirimente, semplicemente si fa il bagno in mare, ma non ha risolto i suoi problemi, non è più felice di prima, crederlo è solo una congettura, Virzì non spiega, semplicemente mostra.
Infine c'è da dire che ho molto apprezzato il rispetto del regista per il pubblico; infatti non tutto quello che succede è spiegato, o almeno non subito, Virzì lascia che ognuno ci arrivi per conto proprio, che si faccia le sue congetture, non impone un significato ad ogni cosa.
Direi che lo candido ad essere il miglior film italiano dell'anno.

lunedì 18 gennaio 2010

La pericolosa partita - Ernest B. Schoedsack, Irving Pichel (1932)

(The most dangerous game; in Italia è anche conosciuto come Caccia fatale)

Visto in DVD.

Un film che ha avuto un tale seguito di citazioni pop che molti conoscono la storia senza neppure sapere che esiste. La trama tratta di un miliardario russo "cavallerescamente sanguinario" che costringe uomini naufragati sulla sua isoletta solitaria a fargli da preda in una battuta di caccia.
Un'idea fenomenale, modernissima e cinica; la sceneggiatura non è malvagia ma spesso eccede in retorica ed ha un paio d incongruenze di troppo, ma questo forse solo per un occhio moderno abituato a ben altro...
La regia (per metà) di Schoedsack (che l'anno successivo realizzarà "King Kong") si caratterizza per un uso felicissimo del dolly, mai così bello negli anni 30, per una scenografia della natura davvero invidiabile e un buon utilizzo degli effetti speciali; dal punto di vista registico, è un film perfetto (magnifica l'inquadratura finale).
Francamente gli interpreti mi hanno parecchio deluso, adattissimo Banks nella parte del folle grazie ai suoi occhi diseguali, ma per il resto la recitazione m'è parsa troppo affettata, troppo artificiosa, il tutto a scapito del coinvolgimento (soprattutto con i buoni).
Il film, che ha avuto un paio di remake ufficiali tra cui uno di Wise, è tutto sommato da riscoprire, per la storia eccessiva che non sfigurerebbe in un film odierno e per l'ottima regia.

domenica 17 gennaio 2010

Tartufo - Friedrich Wilhelm Murnau (1925)

(Herr Tartuff)

Visto in VHS.

Forse un film con meno guizzi alla regia rispetto a quanto ci ha abituato Murnau, ma certamente è anche il più divertente ed il più facile da seguire; durante la arte introduttiva ci si dimentica di essere di fronte ad un film muto.
Per quanto la storia non sia grandiosa (non l'ho mai apprezzata) vi sono molti dettagli davvero ragguardevoli. In primo luogo il metacinema, durante il film viene proiettato un film che rappresenta la parte più consistente della storia, e subito prima che ciò accada un attore si rivolge direttamente allo spettatore "parlando" in camera, per quanto ne so questa è la prima volta che viene fatto. Inoltre c'è uno Jannings straripante, spesso eccissivo e sopra le righe, ma vederlo in una veste così strafottente è magnifico. E poi c'è un tocco di cattiveria che stempera la scioglievolezza inutile della morale, quando l'autore (per quel cartello "fuori campo" appartiene all'autore) cerca di inserire il dubbio presentato nel film anche in chi guarda il film stesso; un rapporto tra pubblico e cinema che non avevo mai visto e che verrà ripreso slo molto più tardi. Magnifico.
Certamente non è il suo film migliore, ma (agli appassionati) vale la pena di perdere un'ora.

sabato 16 gennaio 2010

Toro scatenato - Martin Scorsese (1980)

(Raging bull)

Visto in VHS.

Uno dei film di Scorsese che vedendolo per la prima volta avevo frettolosamente tacciato di inutilità. Com'è noto la storia è quella di Jake La Motta, dalle prime vittorie fino al crollo.
Il film ha ancora ampi difetti, la sceneggiatura troppo confusa che tende alla noia (è evidente il tentativo di rendere il personaggio a tutto tondo, ma spesso questo va a scapito della fluidità del racconto) e la lentezza generale del film.
Da opporre a questi difetti c'è però un lavoro incredibile di fotografia, con un bianco e nero che sembra realmente d'epoca, e si soliti movimenti di macchina alla Scorsese; ma è quando il film mostra gli incotri che il regista da il meglio di se, ogni match è inquadrato in maniera diversa, il senso dei movimenti, della fatica e del dolore è reso magnificamente e, seppure non sono mai stato un amante dei film di boxe, alla fine di ogni incotro ti trovi a desiderare che te ne mostrino presto un altro.
Un ottimo film, che non metto tra i miei preferiti di Scorsese ma che certamente spiega perchè lui è sempre il più grande. Ovviamente magnifico De Niro, forse al suo meglio.

venerdì 15 gennaio 2010

Lotta senza codice d'onore - Kinji Fukasaku (1973)

(Jingi naki tatakai; anche conosciuto col titolo giapponese di Battle without honor and humanity)

Visto in VHS, registrato dalla tv.

La storia segue Hirono, un neo-yakuza nel suo entrare e uscire di prigione, e le famiglie mafiose che lottano fra loro nel dopo guerra giapponese.
Solidissimo film di yakuza, retto da uno stile semi-documentaristico che si permette una camera a mano dinamica ed espressionista nelle scene di colluttazione, dove da sfoggio di una tecnica decisamente più netta rispetto al resto del film. Il problema principale è che tutto questo sforzo (soprattutto all'inizio) sfocia nella semplice confusione.

Per trama (per ambiente, per clima e per tono), più che per stile (decisamente differente), non stupisce che sia stato chiamato il padrino giapponese, anche se ne è quasi contemporaneo. Non stupisce neppure che piaccia a Tarantino, molto sangue (inizia con un paio di braccia tagliate), un racconto grave e ben costruito, musiche ottime, una regia che cerca una propria via per esprimere le stesse scene ripetute.
Credo sia stato un grosso successo in patria vista la presenza di ben 4 seguiti; cosa, questa che giustifica il finale aperto, decisamente buono ma che non mi aveva soddisfatto del tutto.
L'insieme dei film diventa quindi una saga della malavita giapponese ed il suo trasformarsi dagli anni 40 ai 70.
Un film da riscoprire soprattutto per gli amanti del genere criminale.

giovedì 14 gennaio 2010

Un ribelle nell'esercito - Yasuzu Masumura (1972)

(Shin heitai yakuza: Kasen)

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Film di guerra giapponese che per i primi 20 minuti rimane solo una banale opera di genere con il buono tanto generoso e il cattivo tanto perfido; poi semplicemente deraglia nel trash.
E così picchiano ragazzini, violentano donne, mimano atti sessuali con le chiappe nude dei commilitoni, si fanno donare peli pubici per ricordo, eccetera... L'intenzione non era, ovviamente, di rendere ridicolo il film, ma l'effetto finale è tutto in quella direzione.
Non ci sono particolari motivi per vederlo.
Da antologia la battutta in cui un militare, per giustificare un tentato stupro, dice di farlo per far parlare la ragazza che sospetta di spionaggio e aggiunge "Sono soldato dell'esercito imperiale, non stupro per piacere".

PS: curioso solo notare come già nel 1972 in Giappone si facessero film in cui due militari dell'esercito imperiale disertano e si uniscono alla resistenza cinese...

mercoledì 13 gennaio 2010

Sicko - Michael Moore (2007)

(Id.)

Visto in dvx.

Buon documentario di Moore, fatto nel suo stile personale. Per l'uso delle immagini di repertorio e per l'anadamento generale dell'opera risulta decisamente inferiore a "Bowling a Columbine", vero capolavoro del regista americano; ma risulta decisamente migliore sia di "Fahrenheit 9/11" sia del successivo "Capitalism: a love story".
Ciò che però rimane più impresso è quanto fa incazzare, più di tutti gli altri. Ed è strano come si venga emotivamente colpiti da un prblema oggettivamente marginale del mondo come il sistema sanitario statunitense; a livello pratico a nessuno gliene frega nulla ed è giusto che sia così, ma Moore realizza un pamphlet cattivo, retorico, di parte e che non risparmia colpi bassissimi, e indigna, e commuve oltre ogni limite.
La sua opera più cattiva (anche perchè tocca un tema particolarmente delicato), che per la prima volta non mi sentirei di consigliare a chiunque, ma non per questioni artistiche, ma proprio di contento...

martedì 12 gennaio 2010

Il riccio - Mona Achache (2009)

(Le hérisson)

Visto al cinema.

Non è un film malvagio; avevo pessime prospettive andandolo a vedere, ed invece si rivela un buon film, non eccezionale ma assolutamente guardabile.
La storia presumo sia almeno simile, a quella del libro con alcune differenze lievi che lo rendono più cinematografico, come il diaro tramutato in riprese video (riporto quanto letto in giro perchè il libro non lo conosco affatto); il che non è male.
La trama è piuttosto buona, molto ruffiana (direi stile sundance), ma decisamente coinvolgente, almeno per quanto riguarda la portinaia, con un finale a sorpresa che ha sconvolto pure me!
Lodevoli le strizzatine d'occhio ad Ozu, e sarebbero state migliori quelle ad Anna Karenina se non fossero state spiegate.
Irritantissima la ragazzina, per tutto il film ho tifato il suo suicidio...
un buon film, nulle di più.

lunedì 11 gennaio 2010

Anche i boia muoiono - Fritz Lang (1943)

(Hangmen also die)

Visto in DVD.

Buon film sul nazismo, cupo e oscurissimo nei modi e nei temi, con i tedeschi crudelmente perversi ed i cecoslovacchi eroici e splendenti. Oggigiorno non è certo una gran novità, ma cnsiderando che il racconto si basa sull'invasione tedesca solo di poco precedente la prospettiva cambia molto; si tratta di un istant movie, certamente con scopi propagandistici ma anche ricco di rabbia da parte dell'esule Lang e del sempre anti-nazista Brecht, sceneggiatore del film.
Il film è un film epico sull'eroismo degli invasi, che certamente stancherebbe per eccesso di retorica (non per niente c'è Brecht dietro) se non fosse per Lang, che riesce a renderlo decisamente più avvincente trasformandolo in una tragedia senza sconti, utilizzando le ombre più che le luci, utilizzando gli antichi esterni di Praga, contro i cupi interni dei palazzi nazisti.
I cattivi sono cattivissimi, i buoni granitici, ma non stona troppo; ancora una volta infatti Lang parla di uomini normali travolti dal destino, che devono diventare pronti a tutti, anche ad uccidere.
Da antologia la scena della tortura della vecchia fruttivendola, elegantissima ma crudele nello stesso tempo (non bisogna aspettarsi niente di che, è proprio di una semplicità impressionante), e splendido l'uso delle ombre e delle inquadrature sempre diverse negli interrogatori della famiglia Novotny.
Non un capolavoro, ma decisamente un Lang di livello.

PS: anche questo film, come tutti quelli di Lang ebbe non pochi problemi di censura, e stranamente non per la violenza e la cattiveria che pervade il film, o almeno non solo, ma perchè i cechi venivano rappresentati tutti come bugiardi...

domenica 10 gennaio 2010

Il nostro agente all'Avana - Carol Reed (1959)

(Our man in Havana)

Visto in DVD.

Terza collaborazione fra Graham Green e Reed per un fil più divertente che intrigante.
Una sorta di farsa del genere spionistico decisamente riuscita senza mai momenti realmente comici, ma sempre tremendamente ironico.
Magnifico Guinness nella parte dell'uomo qualunque travolto da eventi di cui gliene frega poco ma che cerca di sfruttare; ed esemplare il personaggio dell'agente 5920, vero snodo farsesco della vicenda.
Da antologia i tentativi di Guinness di assoldare altre spie, e soprattutto la partita a dama con il capitano Segura, prima vera dama alcolica del pianeta.
Reed c'è, ma si fa notare solo a momenti (pochi) soprattutto nel finale, per il resto del tempo si limita ad incorniciare il film come merita, ma senza slanci.
Nella versione italiana molte scene sono state censurate, almeno 3 o 4; vedendole non riesco francamente a capirne il motivo.
Un buon film, canonico ma ancora godibilissimo.

sabato 9 gennaio 2010

La maschera di cera - Michael Curtiz (1933)

(Mystery of the wax museum)

Visto in VHS.

Un film anni trenta che sembra essere girato almeno una decina d'anni dopo, senza particolari guizzi ma con un gusto per horror e tensione veramente notevole. Certo, oggi non fa paura neanche a volerlo, e anzi può essere tranquillamente considerata una commedia venata di giallo; ma in molte scene si percepisce chiaramente la maestria nell'inculcare la suspence (come nella discesa negli scantinati del museo) o nel creare la tragedia (si veda l'inizio con l'incendio).
La storia poi, più volte remakata e citata (ricordo anche una puntata di Lupin III che copia ampiamente da questo film) è un piccolo colpo di genio grottesco e feroce.
La parte da commedia dei sessi sostenuta dalla giornalista era il necessario alleggerimento di un film altrimenti troppo cupo e "violento".
Oggigiorno rimane un'opera godibile, senza brividi e senza colpi di scena (non dico nulla, ma la storia è abbastanza nota) che si scorre via facilmente; solo il finale frettoloso poco congruo può non piacere, ma l'happy end sentimentale era necessario per un film del genere.

PS: il film ha dato vita a 2 remake ufficiali (uno del 1953 ed uno del 2005) che, pare, siano pure all'altezza delle aspettative... e visto il tema, quello realizzato nel 2005 deve essere parecchio splatter...

venerdì 8 gennaio 2010

I ragazzi della 56a strada - Francis Ford Coppola (1983)

(The outsiders)

Visto in VHS.

Da dove sia venuta fuori la 56a strada del titolo italiano mi è ignoto; nel film non viene mai citata... comunque...
Il film fa parte di quella metà della filmografia coppoliana in cui si sperimenta molto, e spesso guardando al passato ed al già fatto piuttosto che al futuro e all'innovativo. Molti dei film che Coppola ha relizzato in questo modo sono in effetti capolavori (come "Rusty il selvaggio" o "Dracula di Bram Stoker"), e questo film non è da meno.
Certo i due film già citati gli sono decisamente superiori, eppure di questa ricerca estrema del rigore anni 50 c'è solo da godere. Primi piani continui ed espressivi, intere inquadrature costruite solo di profili, campi lunghi e intere scene alla Fleming ed un retrogusto alla Ray che non si spegne fino all'ultima inquadratura; una fotografia che si adegua al periodo ed una storia d'altri tempi. Si insomma, Coppola, nel 1983, realizza un film completamente anni 50, con alcune sfumature addirittura precedenti. Un'operazione rischiosa, ma riuscitissima.
Il film si avvale poi di un giovane, ma ottimo, cast. Peccato per la sceneggiatura, troppo ripetitiva e prevedibile, troppo vuota che rende il film, non difficile da seguire, ma lento quanto un melodramma classico.

Probabilmente non è un film che piace, ma il fatto che ci sia ancora un Coppola in giro pronto agli esperimenti più vari è una rassicurazione non da poco. Curioso poi che molti suoi film sperimentali siano degli anni 80...

giovedì 7 gennaio 2010

The spirit - Franck Miller (2008)

(Id.)

Visto in Dvx.

Il film è l'opera prima di Miller, almeno in solitaria visto che aveva solo collaborato alla realizzazione di Sin city.
Quello a cui ci si trova di fronte è un fumettone (ma va?!) nel bene e nel male.
La sceneggiatura è presa pari pari da un comic book, con personaggi estremizzati fino a sfociare nella macchietta, buoni iperbuoni che quando sono da soli devono parlare ad alta voce per spiegarsi cosa stanno per fare, e cattivi piuttosto caricaturali che ovviamente raccontano i loro piani segreti anche al postino; l'eroe è sempre distrutto emotivamente e affascinante e ovviamente vince senza troppe preoccupazioni mentre porta avanti una storia d'amore vero ed un raporto complesso con una sua vecchia fiamma; se poi ci si aggiunge che vengono fatte cose da fumetto o cartone della Warner (come la prima lotta fra spirit e octpus) abbiamo la descrizioni di questo film. Si insomma, una vaccata senza originalità.
La regia però è fantastica, difficile dire se Miller abbia copiato Rodriguez, oppure se dietro l'originalità patinata di Sin city non si nascondesse già il suo tocco.
Si insomma, questo spirit è un Sin city 2.0, con solori desaturati al posto del bianco e nero ed un uso espressionista del rosso dove nel rimo film si usavano un po casualmente tutti i colori. Anzi la dominante rossa diventa quindi il terzo colore di riferimento dopo il bianco accecante delle luci ed il nero delle ombre. Inquadrature fatte di sagome ricostruite al computer, scene costruite ad arte e quant'altro possa offrire la CG ci sono in questo film... un vero peccato per l'idiozia della storia (il fondo si tocca con Jackson vestito da nazista).
Una vaccata che è una festa per gli occhi...

mercoledì 6 gennaio 2010

A better tomorrow - John Woo (1986)

(Ying hung boon sik)

Visto in VHS.

Un film dinamico e frenetico, una regia ancora anni ottanta ma che non teme l'uso metodi che possono appesantire un film (come ralenty o la stessa scena ripetuta da diverse angolazioni). Un film ironico (nella parte iniziale) ma anche sanguinario e selvaggio (specie nel finale). Qui viene creato il melodramma noiresco, lo stile hongkongese di poliziesco metropolitano, claustrofobico e senza speranze; viene utilizzata una violenza evidente e sofferta (non pèerchè provoca dlore in se, ma perchè si arriva all'atto violento attraverso un percorso decisionale doloroso), ci sono le amicizie virili portate fino in fondo, c'è la colpa e la redenzione, e c'è la doppia pistola!!!
Però non è un film privo di difetti, a tratti è troppo parodistico, la qualità complessiva della pellicola è piuttosto bassa (immagino questioni di budget) e anche la regia non è sempre fluida e convincente; la storia è certamente bella ma piuttosto lenta e noiosa (la sparatoria finale è ggettivamente eccessiva, metà sarebbe bastata a creare il mito di John Woo guadagnando in godibilità).
Tutto sommato un filmetto carino, ma lo si guarda più che altro per quello che ha prodotto, per quello che è venuto dopo.
Lode al merito a Yun Fat Chow.

martedì 5 gennaio 2010

Terrore sul Mar Nero - Norman Foster (1943)

(Journey into fear)

Visto in DVD.

Un film che sarebbe dovuto essere diretto da Welles, ma per problemi vari, dopo aver deciso lo "storyboard" venne sostituito da Foster, il quale, alla fin fine, si limitò ad eseguire gli ordini e a colmare i buchi mancanti (presenti soprattutto nella seconda parte). Questo è quanto si capisce dalle interviste rilasciate dallo stesso Welles, che comunque ha sempre negato la paternità del film. Alla fine, se questo fosse un film di Orson, sarebbe un minore.
Il film è un buon noir, un pò usurato dai cliché, ma pur sempre funzionante, con un Cotten che fa sempre bene il suo lavoro e con una carrellata di personaggi, tutti marginali, ma tutti piuttosto ben fatti. La storia non stupisce troppo, i colpi di scena sono per lo più prevedibile e la tensione latita troppo spesso, ma il clima noiresco riesce comunque a passare.
La regia cerca sempre punti di vista originali, ma la vera impronta wellesiana la si vede solo in paio di inquadrature sghembe; tutto sommato una buona regia.
Il film andrebbe visto in lingua originale perchè l'espressività dei doppiatori italiani è piatta come un ferro da stiro; inoltre circola una versione colorizzata del film che toglie senza alcun dubbio gran parte del fascino del film (come si fa a vedere un noir classico a colori?!!).

lunedì 4 gennaio 2010

In the mood for love - Wong Kar Wai (2000)

(Fa yeung nin wa)

Visto in DVD.

Un vero capolavoro. Un film lievissimo fatto di nulla. Una trama inesistente lunga un'ora e mezza senza mai un momento di noia. La storia è quella di due vicini di casa, del loro rapporto mentre i rispettivi coniugi sono con l'amante... ma non succede niente, non fanno niente, c'è solo un tenero rapporto d'amicizia che ci impiega parecchio ad ingranare.
Un film completamente in stile Kar Wai che porta i suoi temi classici all'estremo. E così ci si trova davanti ai piccoli rapporti umani di ogni giorno, fatti di gesti minimali ma pieni di significato; chi conosce il cinema del regista cinesa sa di cosa si parla.
Una costruzione dell'ambiente anni 60 delicata e molto bella, che rende pienamente diritto ad un film così ben realizzato.
Kar Wai non è più estremo come agli inizi, ora ha imparato ad essere elegante e regala un film pieno di dettagli sofisticati che rendono il film più interessante senza mai pesare; come l'uso sinuoso del ralenty; l'inquadratura spesso filtrata da tessuti, porte, specchi o buchi; il fatto che i coniugi dei due protagonisti non vengono mai mostrati in volto; i personaggi sono spesso relegati ai limiti dell'inquadratura permettendo così una costruzione delle immagini più ariosa...e altri mille.
Su tutte si fa ricordare la scena del primo dialogo vero fra i protagonisti, dove ammettono il tradimento dei coniugi; una scena semplicissima e volendo pure banale realizzata in modo tutt'altro che convenzionale che pone l'accento su tutto ciò che normalmente è ai margini delle storie, la sigaretta, l'accendino, le tazzine da caffè; mentre i volti sono lasciati ai margini, vengono inquadrati quasi in maniera sforzata... Un piccolo gioello di movimenti di macchina afinalistici ed inquadrature sbilanciate che rendono questo momento, altrimenti usurato, qualcosa di fondamentale. Quasi il dialogo fatto (nodo vitale del film) passa in secondo piano.
Bravissimi gli attori, su cui spicca Tony Leung.

Non avrei mai pensato che un film del genere potesse essere così bello. Non può piacere a tutti, ma vale un tentativo.

domenica 3 gennaio 2010

La strada scarlatta - Fritz Lang (1945)

(Scarlet street)

Visto in DVD.

Film strepitoso, ingiustamente perduto nei recessi della memoria.
Un onesto cassiere di banca (l'ottimo Robinson) con velleità pittoriche si invaghisce della onnipresente femme fatale che lo sfrutterà su consiglio del fidanzato, costringendo il banchiere a compiere atti che mai avrebbe osato; e fin qui niente di nuovo... Ma quando Robinson si accorgerà di cosa realmente succede si scatenerà fino in fondo, distruggendo gli artefici della beffa arrivando anche a sacrificare se stesso, o meglio ciò a cui più tiene, la sua stessa pittura ed il successo tramite questa; giungendo quindi ad una sorta di autocannibalismo. Il finale originale, poi eliminato dallo stesso Lang, era un capolavoro di cinismo, con Robinson che si arrampica su un palo del telegrafo di fronte alla prigione per vedere le scintille della sedia elettrica. Invece nel film sarà preda degli inevitabili rimorsi, meno originale forse, ma molto più "greco".
I temi base sono comunque quelli tipicamente langiani, con il destino che gioca contro gli uomini, l'assassinio che si nasconde anche nella più inerme delle persone e con l'assoluta fallibilità della giustizia umana.
Il film è terribilmente disfattista (in fondo è pur sempre Lang) ed estremo per l'epoca (ed infatti non passerà la valutazione del codice Hays in tutti gli stati americani) con allusioni sessuali e violenza solo in parte nascosta, oltre naturalmente alla vittoria del cattivo, vittoria parziale di un cattivo parziale.

Se devo essere sincero non ho apprezzato completamente i personaggi, troppo esagerati (il fidanzato troppo banalmente brutale, o la moglie del cassiere troppo macchiettistica) e neppure gli attori (tranne Robinson) ma forse in questo caso la colpa maggiore è dei doppiatori italiani.
Un film decisamente da riscoprire. Finalmente un grande Lang.

sabato 2 gennaio 2010

Human nature - Michel Gondry (2001)

(Id.)

Visto in VHS.

Il primo film di Gondry è un film senza qualità.
La storia è pretenziosa e completamente fallimentare; cerca di parlare di cose troppo grosse e complesse (l'eterna lotta fra ragione ed istinto confrontando diverse tipologie umane) rimanende comunque nell'ambito dell'ironico, del grottesco e del surreale... con queste premesse il fallimento è facilmente pronosticabile, ciò che più mi ha stupito è che a sbagliare in questo caso è stato Charlie Kaufman (!!!) il geniale sceneggiatore di "Essere John Malkovich" o "Se mi lasci ti cancello".
Gondry poi non esalta, mostra un gusto estetico piuttosto banale che cerca di ovviare al già visto con colori violenti. Non crea nulla, non inventa, ripete solo espedienti scenografici da videoclip e nulla di più. In diverse occasioni mi è sembrato di scorgere echi di "Right here, right now" del collega Jonze, e tutta l'estetica dei boschi è identica alle pubblicità della vigorsol... ma forse adesso esagero.
Pur essendo pronto ad una delusione non mi sarei mai aspettato nulla di così inutile; hanno voluto strafare e sono stati puniti.

venerdì 1 gennaio 2010

Days of being wild - Wong Kar Wai (1990)

(A fei zheng chuan)

Visto in DVD.

Al secondo film Wong Kar Wai espone tutte le sue tematiche tipiche. Rimane il gusto per la violenza non fine a se stessa del precedente e si sviluppa il gusto per i sentimenti.

Il film non ha una trama precisa, presenta solo dei personaggi caratterizzati in maniera personali, ma per il resto assolutamente normali; la storia si muove nel mostrarne gli sviluppi sentimentali. Non c'è un giudizio da parte del regista, nessun personaggio è interessante perché buono o cattivo, perché vittima o carnefice, semplicemente Kar Wai cerca di porsi nell'ottica giusta per poter riconoscere esattamente i sentimenti in gioco; nient'altro.

La macchina da presa perde le sbavatura dell'opera prima e diviene ben più sicura, senza smussare troppo le invenzioni stilistiche.

L'ambiente degli anni '60 ben ricostruito trasporta il film in una sorta di zona di sogno. Decisamente è nato un nuovo cinema.