mercoledì 31 marzo 2010

Soldato di carta - Aleksei Alekseyevich German (2008)

(Bumazhnyy soldat)

Visto ad un Cineforum, in lingua originale sottotitolato.

Giuro; ho avuto enormi difficoltà a reggere questo film. Ma la colpa era più che altro degli organizzatori, se devi far vedere film del genere, metti almeno delle sedie comode.
Comunque, siamo nel 1961 e mancano 6 settimane al primo uomo nello spazio, il medico della missione si intrallazza con una moglie uffciale a Mosca e un'amante in Kazakistan (luogo dove avverrà il lancio). Nel frattempo perde la brocca teso com'è fra la sua incrollabile fiducia nei confronti della missione spaziale e di come questa rapprensenti L'EVento, con la e e la v maiuscole (per se, per l'URSS, e per il mondo) e un'insinuante paura e un temibile senso di colpa per stare a guardare mentre un ragazzo sarà fatto bruciare vivo sopra la terra.
Ecco, la storia è più o meno questa, ma va capita. Il film ha l'andamento da Nouvelle Vague con scene sconclusionate, allacciate assieme con gli elastici gialli che non reggono niente, con dialoghi spezzati e una terrificante e geologica lentezza. No sul serio, se si eliminassero le pause e le lungaggine questo film durerebbe un'oretta scarsa.
Ha certamente dei pregi però. Proprio quei dialoghi spezzati che tanto possono irritare sul lungo periodo, nel breve affascinano tantissimo, per la loro somiglianza con la realtà, dove le persone parlano l'una sull'altra ripescando concetti già caduti senza una linearità ben definita.
Splendido anche lo svolgimento della trama, spinta avanti con metafore continue e allegorie affascinanti.
E poi la fotografia impeccabile. Questo è in assoluto il film più umido che abbia mai visto, più di "Lezioni di piano", e il più infangato. Le scene sono quasi sempre desolate, magnificamente calibrate e organzzate.
Rimane comunque uno dei pochi film in cui ho rischiato di addormentarmi e, finora, l'unico in cui ho attivamente cercato di addormentarmi, senza riuscirci tra l'altro.

Alice in wonderland - Tim Burton (2010)

(Id.)

Visto al cinema in 3D.

Allora, per prima cosa c'è da dire che alla fin fine è un bel film. Passa via, diverte, è realizzato da dio, sia come effetti speciali che come scenografia.
Però da Burton una cosa del genere proprio non era il caso. Vero è che la storia non l'ha scritta lui, però poteva almeno migliorarla.
Questo film non è il libro di Carroll, e questo va bene, ne è una versione che copia i personaggi, li involgaisce e banalizza e tira fuori la solita storia. Si insomma, Burton gioca a fare un fantasy senza aggiungere nulla di nuovo.
La storia è quella dell'eroe che deve salvare tutti, con un accenno ad una storia d'amore che francamente mi sembra completamente fuori luogo. L'unica cosa positiva del libro originale è l'assoluta anarchia, e in questo film invece si stravolge l'idea, i personaggi "buoni" (nel libro nessun personaggio è buono o cattivo!) non sono pazzi, sono solo stranieri (parlano strano e hanno usi e costumi differenti, ma sono normali) mentre i "cattivi" (che in questo film sono gli unici personaggi davvero burtoniani) sono lasciati a se stessi a priori, non compresi e poi puniti per questo. Il film si risolve in un'immensa lotta contro i freaks per ristabilire un ordine sociale (che si rifletterà nell'integrazione di Alice all'interno dello status quo del mondo reale) che non solo è in antitesi con il testo d'origine, ma anche con tutto il cinema che Tim Burton ha realizzato finora.

PS: Il 3D è decisamente peggiore rispetto a quello di "Avatar", non aggiunge nulla, e si fa presto dimenticare.

PPS: note di merito per la realizzazione dello stregatto, per le voci originali (per dire, il solito Christopher Lee nelle vesti di Jabberwocky) e per la splendida Hathaway meravigliosa regina bianca.

martedì 30 marzo 2010

Frankenstein - James Whale (1931)

(Id.)

Visto in VHS registrato dalla tv.

A vederlo oggi è la quintessenza della banalità... solo che è stato questo film a creare tutti gli stilemi del genere frankesteiniano, con i cervelli in mostra, castelli medievali, macchine che fanno gli archi elettrici nei laboratori, e i mulini in fiamme...
Vista in quest'ottica l'opera di Whale si rivela grandiosa, crea atmosfere magnifiche e costruisce inquadrature di rara potenza fra i film horror della Universal.

La storia è ampiamente diversa dal testo originale, ma in questo caso neppure si voleva discutere dei massimi sistemi, semplicemente parlare della creatura che distrugge tutto e tutti perché portata fuori dal suo ambiente e perché messa alle strette dall'ignoranza della gente (genere amato all'epoca, si veda ad esempio "King Kong"; tutti film che insistono nel chiedersi "chi è il vero mostro?").

Considerando tutto il film mi appare come il migliore di questo genere prodotto negli anni '30, perché senza pretese ma con molte idee di messa in scena crea uno spettacolo per gli occhi e ammicca anche al lato più sentimentale del pubblico; si, credo proprio che sia il migliore.

lunedì 29 marzo 2010

Gli Invasori, 49esimo parallelo - Michael Powell (1941)

(49th parallel)

Visto in VHS.

Film di propaganda anti-nazista firmato da Powell e Pressburger. La storia è abbastanza originale. Un gruppo di nazisti si salvano dall'affondamento del loro sottomarino vicino alle coste canadesi. Qui comincia il loro pellegrinaggio verso gli Stati uniti che rappresentano la loro unica salvezza, visto che il film è stato realizzato agli inizi del 1941, quando gli Usa erano ancora neutrali. Il 49esimo parallelo è infatti quello che separe il Canada dagli Stati uniti. Ad uno ad uno i nazisti moriranno, verranno uccisi o verranno catturati dai vari personaggi incontrati nel loro peregrinare; i personaggi a loro volta rappresentano le varie personalità che costituiscono lo stato canadese, si tratta infatti di un franco-canadese, un anglo-canadese, degli eschimesi, dei tedeschi utteriani fuggiti dalla Germania, degli indigeni (indiani d'America), uno studioso di usi locali appassionato d'arte e buone maniere e un militare.

Per carità, i nazisti anche qui sono beceri, fanno cose cattive (sparano su donne e bambini) o stupide (bruciano un Matisse, un Picasso e un libro di Mann...così, per cattiveria) però il film mantiene una sua originalità.
In primo luogo i militari tedeschi vengono battuti a livello dialettico prima ancora che sul piano fisico, tutte le loro motivazioni vengono via via distrutte dai vari incontri con persone sempre più intelligenti o sensibili di loro. Inoltre non c'è una condanna totale; uno dei nazisti si redime e vorrebbe unirsi agli utteriani, ma ovviamente non la passerà liscia; e anche gli utteriani stessi sono visti di buon occhio, senza essere vittime dell'assioma tedesco=nemico.
Per tutto il resto il film non offre niente di che; ma nell'ambito dei film di propaganda (genere mediamente pessimo) è decisamente positivo.

venerdì 26 marzo 2010

Il mostro del pianeta perduto - Roger Corman (1955)

(Day the world ended)

Visto in VHS.

Uno dei primi film di Corman, che non può essere considerato il primo in assoluto solo per un tecnicismo, visto che in questo stesso anno ne ha fatti 5!!!
La trama è classica, dopo una guerra atomica son tutti morti...tranne i sopravvissuti. Giusto giusto 7 di questi si ritrovano nella casa del più figo del bigoncio, ma purtroppo i caratteri, gli egoismi, le ossessioni personali faranno saltare la baracca. Ah già, poi ci son questi "misteriosi" mostri che se ne vanno in giro a mangiare lepri contaminate e a spiare le donnine che fanno il bagno.
Il film ha tutta una serie di difetti: purtroppo è noioso, tutto si svolge in maniera troppo lenta; la sceneggiatura fa schifo, ma veramente tanto, roba che per mettere paura dicono la parola artigli d'acciaio 12 volte nello stesso dialogo, senza neppure averli visti; la sceneggiatura fa un po acua dal punto di vista del realismo, ma questo è un tecnicismo; gli attori recitano da cani, ma forse anche questo è un tecnicismo; il film si lascia sfuggire una serie di ottime idee, come le manie dei vari personaggi che si acuiscono con il passare del tempo (l'oro per il vecchio, la pelle che cambia per la spogliarellista, ecc...); e poi il mostro, ma ci fu una creatura più ridicola nel mondo cinematografico (trnne forse in un altro film di Corman) con un paio di braccini accessori sulle spalle, due corna in plastica sulla fronte, e un naso aquilino da impressionare Scalfaro...
Però ha anche dei meriti innegabili: è il primo film, che io abbia visto ad intodurre il concetto dello zombismo, senza mai chiamarlo in questo modo (un pò tutta la struttura narrativa è estremamente simile al successivo film di Romero); il film è avantissimo per l'epoca mostrando blandi tentativi di stupro e ridicole scene di spogliarello neanche accennato; il regista dimostra una fiducia nello spettatore che difficilmente si riesce a trovare in molti film mainstream e non, questo per quanto riguarda le origini del mostro, la cui spiegazione è lasciata solo ad un'immagine finale senza commenti, senza sottolineature, dopo un tempo necessario affinchè uno settatore sveglio (e non è il mio caso) lo riesca a capire da solo; e poi c'è uno dei più brutti mostri della storia del cinema, cosa che da sola vale una visione (ma questo è un concetto tutto mio), mostro doverosamente mostrato negli ultimi venti minuti circa.

giovedì 25 marzo 2010

Good bye, Lenin! - Wolfgang Becker (2003)

(Id.)

Visto ad un cineforum, in lingua originale sottotitolato.

Verso la fine dell'89 una convinta socialista della Berlino Est ha un infarto, dopo 8 mesi in cui succede di tutto (la caduta del muro, la riunificazione della Germania ecc...) si risveglia, ma i medici avvertono, basta una piccola emozione per causarle un nuovo infarto che staolta sarebbe letale. Il figlio decide allora di mettere in piedi una commedia in cui niente è successo e tutto è come prima, riciclando i barattoli e i vasetti dei prodotti socialisti, utilizzando le registrazioni delle vecchie trasmissioni televisive, utilizzando gli stessi vestiti che venivano inviati dal partito (e obbligando chi frequenta la madre ad insossarli), fino ad arrivare ad attribuire l'invenzione della Coca Cola ad una ditta della Germania Est.
Il film si muove sui toni della commedia, ma soprattutto sul dramma. Gioca con sentimenti facili in un'opera certamente ruffiana, ma talmente ben riuscita che non ci si può non commuovere. L'eccesso di melò viene prevenuto con l'inserimento di gag divertenti che risollevano il tono.

Il film è alla fin fine un dramma pirandelliano di sopravvivenza di una maschera, che verso la fine sarà accettata, proprio come in Pirandello, in un continuo susseguirsi di emozioni.
Il film si muove tra piccoli gesti e scene memorabili (su tutte la prima visita in solitaria della città da parte della madre, in cui una statua di Lenin viene portata via in elicottero).
La storia si spinge avanti attraverso il continuo rovesciamento della realtà (con i residenti della Germania Ovest che fuggono dal capitalismo e vengono accettati come rifugiati nella Berlino Est), dei toni, delle certezze e delle aspettative dello spettatore e poi alla fine anche del rapporto tra ingannato e ingannatore.
Un film su un pezzo di storia raccontato in maniera tale da rendere interessante anche fatti inutili, che tende ad incrociare tutti gli eventi dell'infanzi del protagonista fino a giungere allo splendido (anche se artificioso) finale.

mercoledì 24 marzo 2010

Legion - Scott Stewart (2010)

(Id.)

Visto al cinema.

Filmone di serie B con un budget talmente alto da essere imbarazzante e con un cast di forse-vi-ricorderete-di-me e wannabe di tutto rispetto (solo per la prima categoria cito Dennis "non muoio mai ammazzato" Quaid e Paul "se non faccio film religiosi sto male" Bettany).
La storia è quella con il 25% di minchiate in più come ci si può aspettare da una produzione di questo livello.
Avete presente Dio? quello simpatico e buono che perdona tutti? beh dimenticatelo, qui c'è un Dio vecchio stampo, vecchio temperamento, vecchio testamento. A quanto pare gli uomini hanno dimenticato l'antico motto "don't fuck around with god" e hanno fatto imbestialire il principale il quale decide di dare un taglio netto alla faccenda, eliminare tutti gli esseri umani. Per farlo si avvelo ovviamente degli angeli che hanno la curiosa abitudine di impossessarsi degli uomini in maniera piuttosto cretina... purtroppo per Dio, un arcangelo della sua schiera non ci sta, e decide di aiutare gli umani, proteggendo la gravida madre dell'uomo che in futuro potrà salvare l'umanità (si, ok, è la copia di "Terminetor", e non solo per questo, ma qui ci sono gli angeli carnivori però!). E qui comincia una montagna russa dei topoi classici, dalle croci rovesciate ai bubboni esplosivi, passanso per i pistoloni, zombi che ti mordono al collo, bambini assatanati, eccetera eccetera eccetera.
Il film è veramente cazzaro dall'inizio alla fine, e a parte alcune cadute di stile, ripropone a pieno titolo il genere zombie con i protagonista asseragliati in un edificio a contrastare l'orda. Alcuni tocchi di stile sono dati dal rovesciamento dei normali canoni, con gli angeli che massacrano tutti (ok ok, "L'ultima profezia" è venuto prima, ma Christopher Walken è sempre avanti), ma soprattutto la scena di bambino impossessato migliore della storia del cinema!
Immensi anche i difetti, da un'imbarazzante mancanza di mostri decenti, allo scopiazzare film precedenti già menzionati, all'incomprensibilità e incongruabilità della trama.... però, però vedere un filmono di serie B di questa stazza, ma soprattutto vederlo al cinema è una cosa più unica che rara. Non passerà alla storia, ma sono contento d'aver pagato i soldi del biglietto.

martedì 23 marzo 2010

Frankenweenie - Tim Burton (1984)

(Id.)

Visto in tv.

Cortometraggio di Burton realizzato subito prima del primo lungometraggio.
Alla famiglia Frankenstein muore il cane (splendido il film girato dal figlio con il cane protagonista), ovviamente si dovrà ricorrere ai ripari...ecco non c'è molto altro da dire, poi il film prosegue come l'opera originale.
Il corto contiene già tutti gli elementi del regista, si tratta infatti di una fiaba buona, ma nera, che si ispira apertamente agli horror della Universal, in bianco e nero con una costruzione delle scene tutte rivolte verso il gotico e l'espressionista.
La regia è fenomenale, mai banale e sempre adatta a mostrare più cose in contemporanea.
Ottime anche le scenografie. Tutta l'opera di Burton potrebbe essere ridotta alla scena iniziale nel cimitero degli animli, con le lapidi di pesci rossi e cani e alberi contorti a circondare la famiglia in lacrime.
Epica la scena finale al minigolf dato alle fiamme; e splendido anche il cane patchwork che ritorna in vita.
L'unica cosa che non funziona è la comicità, che è evidente quanto ci provi, ma non fa mai molto ridere...

La scala a chiocciola - Robert Siodmak (1945)

(The spiral staircase)

Visto in DVD.

La storia di un serial killer che ama fare fuori le ragazze con problemi fisici, così, per nazismo.
Ovviamente si accanirà su una ragazza muta amata dal medico del paese. E ovviamente il serial killer sarà svelato in un ovvio colpo di scena finale.
Il film è un'ottima rova di noir d'appartamento, quasi tutto girato al'interno della stessa casa, proprio come amerà fare più tardi pure Polanski.
Siodmak si concede visioni surreali ma efficaci, come il volto senza bocca, o l'occhio dell'assassino che riflette il volto della vittima.
Anhce se il finale è prevedile, il clima creato è splendido e le soggettive dell'assasino assolutamente meritevoli di applauso. Come in giallo tutti i personaggi verranno messi fuori uso ad uno ad uno fino allo scontro finale tra vittima e (tentato) carnefice.
La sequenza finale, realizzata su una specie di scala a chiocciola che da il titolo al film è un esempio di buona regia e ottimo montaggio.
Bravi gli interpreti tra cui la giovane McGuire.
...e poi mi fa sempre piacere vedere la Barrymore in un film, non so perchè, ma fa sempre la sua figura.

lunedì 22 marzo 2010

1997: Fuga da New York - John Carpenter (1981)

(Escape from New York)

Visto in DVD.

Piccolo antefatto; visto il titanico numero di crimanili gli Usa hanno la bella idea di murare Manhattan e trasformalre in un carcere... Bene, il presidente degli Stati uniti, mentre vola verso un'importante conferenza con l'Urss precipita proprio su New York, ci vorrà uno come Kurt Russel per tirarlo fuori.
Mi spiace ammetterlo ma il film fa schifo. Piuttosto noioso, tira per le lunghe una storia che potrebbe finire anche in fretta presentando invece una carrellata di personaggi che sarebbero pure belli se solo durassero più di 5 minuti (Borgnine poteva tranquillamente starsene a casa che poco sarebbe cambiato).
Il budget è evidentemente risicato fino all'osso, e allora non commento alcune pacchianerei da pezzenti, ma mi sento invece libero di criticare il terribile puzzo anni '80 che questa distopica New York ha in ogni inquadratura, e non mi interessa proprio se è stato fatto negli anni '80; quel decennio è una colpa per chiunque ci sia vissuto.
Bella invece la ricostruzione aerea della città (fatta con un modellin)incredibilmente ben curata.
Unica nota positiva il personaggio di Jena Plissken (che in originale si chiama Snake, il che giustifica l'enorme cobra tatuato sull'addome...) ex militare disilluso e strafottente; personaggio questo che riesce a definire una sua unicità pure nella banalità della descrizione che ne viene fatta.
Il film francamente delude, non so come abbia fatto a diventare un cult. Ma della coppia Carpenter/Russel io preferisco ancora e per sempre "La cosa".

PS: c'è pure Lee Van Cleef, com'è invecchiato in sto film...

sabato 20 marzo 2010

La maschera del demonio - Mario Bava (1960)

(Id.)

Visto in DVD.

Il primo film di Bava è un horror dalla storia confusa che ormai non da più neppure un brivido. Ciononostante rimane un'opera importante nel panorama italiano, in quanto primo film di questo genere ad essere realizzato.
Le ristrettezze dei mezzi non sono un impedimento alla realizzazione di un'opera che attinge a piene mani dall'immaginario dei film horror anni '30, dall'ambienatazione, alle scenografie spoglie ma suggestive, al tema del mostro senza che deve essere eliminato senza se e senza ma. Bava poi ci mette del suo, con ariosi movimenti di camera che ampiano le possibilità espressive di una stessa scena inquadrando su più livelli e in momenti diversi tutti i personaggi in scena, oppure mostrano o nascondono oggetti e personaggi.
Come si è detto l'effetto horrorifico è, come negli anni '30, lasciato all'atmosfera, all'ambiente gotico e decadenti, agli ampi saloni vuoti, alle ragantele ed alla polvere; e ancora una volta Bava dimostra di saperci fare con le inquadrature ad effetto, e alla creazione di un clima stagnante.
Di per se non è un buon film, non credo abbia particolari pretese e d'altra parte non ha una struttura originale o decisamente ben fatta, eppure le mani del regista cercano una loro via in un genere all'epoca già usurato, e a mio avviso, ci riescono.

venerdì 19 marzo 2010

Nanny la governante - Seth Holt (1965)

(The nanny)

Visto in DVD.

Quando sei dirigente della Hammer e ti passa per le mani un mito del cinema come Bette Davis che è appena uscita da un'esperienza cinematografica come quella di "Piano piano dolce Carlotta" che film ti viene in menti di fare che trama sceglieresti?!
Ovviamenti metti la Davis a fare da governante di mezza età tutta perfettina e morigerata nell'angolo rosso, mentre nell'angolo blu ci metti un ragazzino psicotico appena uscito dal manicomio che, fatalità, odia a pelle proprio le donne di mezza età e la sua governante su tutte; lo scontro è inevitabile. Poi lungo il percorso della trama sparigli le carte ogni volta che ti capita, dai indizi e falsi indizi ed elimini tutti gli altri personaggi ad uno ad uno...
Peccato che poi alla fine non quagli. il film ci prova a rendere un personaggio malato, ma è senza nerbo, carino ma scialbo, e poi si è già capito da un pò; il problema morale che si pone alla fine (la morte solitaria della figlia) sarebbe pure forte ma non viene usato quasi per niente, non c'è sofferenza e neppure sofferenza trattenuta...
peccato perchè i presupposti erano ottimi per tirare fuori un ottimo film... e invece ci si deve accontentare solo di un buon film, con la Davis ovvio.

giovedì 18 marzo 2010

L'isola - Pavel Semenovich Lungin (2006)

(Ostrov)

Visto ad un cineforum, in lingua originale sottotitolato.

Il film è su un ragazzo che nella seconda guerra mondiale è costretto, dai nazisti, dalla vigliaccheria e dalla paura ad uccidere un superiore. Salvatosi per caso si riciclerà come eremita nei pressi di un monastero. Sospeso tra follia ed un forte odore di santità attira a se bisognosi da tutta la Russia fino al giorno della sua morte.
Un film questo completamene realista nella realizzazione ma surreale per i temi, tanto da avvicinarsi al realismo magico; ma ancora più di quello geta il dubbio che quello a cui si assiste sia o meno un miracolo, arrivando ai livelli di Dreyer in "Dies irae", dove il misticismo e la realtà rimangono in dubbio fino alla fine del film.
L'unico, enorme difetto è la velocità; no perchè spesso è pure divertente come film; ma è terribilmente lento, terribilmente noioso, in più punti il sonno non può non assalire. peccato.

mercoledì 17 marzo 2010

Interstate 60: episodes of the road - Bob Gale (2002)

(Id.)

Visto in DVD.

Allora... i film che si operano per una mitopoiesi in un campo libero come sono gli Usa piacciono... anche perchè con la scusa del meltin' pot gli stati uniti permettono l'uso di miti e leggende presi un pò da tutte le parti del mondo, nonchè un crossover tra i generi... ecco cosa mi dava l'idea di trattare questo film per i primi dieci minuti, poi è arrivato l'undicesimo.
Il film è una vaccata on the road come poche altre, con giovanilismo insistito, picchi di follia all'Alvaro Vitali, surrealismo spicciolo che fa tanto metaforone rasoterra, una trama che più prevedibile è durissima e uno spreco di attori che fa venire le lacrime agli occhi (parlo ovviamente di Gary Oldman).
Terribile poi che si ispiri e citi apertamente "Detour" (ma tutti i film on the road americani sono suoi figli, questo poi avrebbe pure qualche ragione in più parlando di un gioco del destino e inevitabilità della vita), "Incontri ravvicinati del 3° tipo" e la Highway 61 di Dylan.
Terribile poi che un film così becero si avvalga di camei d'alta classe, che nell'ordine sono: (cominciare pure con la standing ovation) Michael J. Fox, Christopher Lloyd, Kurt Russel e Chris Cooper!
Tutto questo bendidddio per un film così inutile!!!!

martedì 16 marzo 2010

La vita privata di Sherlock Holmes - Billy Wilder (1970)

(The private life of Sherlock Holmes)

Visto in VHS.

Interessante variazione sul tema.
Il personaggio dell'investigatore inglese lo disprezzo cordialmente, quindi apprezzo sempre il tentativo di modificarlo, di mettere in luce lati oscuri o il semplice citazionismo slegato all'originale. Per questo ho anche apprezzato il film di Guy Ritchie.
Qui in questo film, Wilder cerca di riportare a terra il personaggio, mostrandone i lati umani e non solo quelli superomistici. Il film si apre con la voce di Watson che spiega che alcuni dei suoi taccuini non furona mai pubblicati... uno dei quali è proprio questo. Inizia fin da subito ridimensionandolo, ascrivendo alla fantasia di Watson molti dei vezzi di Sherlock e sminuendo le doti. Lo stesso Holmes si dimostra fallibile, cocainomane, misogino; si lascia sedurre, si sbaglia, si lascia fregare e tradire e, indirettamente, tradisce lui stesso. SI dimostra talvoltas pietato, talvotla semplicemente stupido. Ad un certo punto si finge gay.
Il film è pure ben orchestrato, ma complessivamente non è all'altezza delle doti del regista che rimane assolutamente in disparte e lascia che la storia fluisca...
Un'opera decisamente minore.

lunedì 15 marzo 2010

Vuoti a rendere - Jan Sverák (2007)

(Vratné lahve)

Visto in Dvx.

Un film su una porzione di vita di un uomo, da quando, disilluso, lascia l'insegnamento; da quel momento tenta di evitare la noia della pensione impiegandosi dove può o dove riesce, intrecciando rapporti, urtando i famigliari, tentando approcci, facendo sogni.
Una commedia sui generis per il ritmo rilassato e l'apparente casualità dei fatti narrati e dei personaggi presentati, che in realtà riusciranno attivamente o casualmente ad incastrarsi perfettamente. Il racconto procede per accumulo di persone, reazioni emotive e piccoli fatti di ogni giorno, quasi senza smuovere mai davvero la trama, eppure nel finale ci si rende conto di tutto quello che è successo e di quanto le cose raccontate siano state molte e importanti (beh, importanti per le vite dei personaggi).
Un film coraggioso anche; coraggioso perchè da una parte termina ad un certo punto, che rappresenta lo scioglimento delle questioni legate alla famiglia, ma che in effetti non chiarisce cosa succede a tutto il resto, semplicemente come si era cominciato ad interessarsi del protagonista, così si smette; ma è anche coraggioso perchè non teme di trattare, senza mai nulla di esplicito, il tema della sessualità over 60.
Piacevolissimo e divertente, non può deludere.

sabato 13 marzo 2010

Avatar - James Cameron (2009)

(Id.)

Visto al cinema, in 3D.

Dopo mesi riesco finalmente a vederlo; e mi tocca dirlo, è un bel film. Un gran bel film.

Prima cosa di cui parlare, la storia. La storia è quello che è, banale, abusata, americanissima. E' Pochaontas su un altro pianeta. I cattivi sono cattivissimi, i buoni strafighi e hippeggianti, il minerale che gli uomini cercano giusto sotto l'alberocasa dei Na'vi, il protagonista cavalcherà l'uccellone arancione ecc... tutto è prevedibile, com'è prevedibile che alla fine il bene trionfi. Eppure nella sua banalità, che disprezzo, Cameron riesce in una cosa che non è facilissima, riesce a farmi tifare per i buoni. Quando alla fine il cattivissimo boss finale viene eliminato, ci si sente sollevati; per tutta la battaglia precedente si rimane li a trattenere il fiato perchè le cose non vanno benissimo, e si fa il tifo per i protagonisti positivi. Questa è una cosa che a me non capita spesso, al momento mi viene in mente solo "La casa dei 1000 corpi" di quel mezzo genio di Zombie che mi abbia costretto ad una cosa del genere. Onore al merito.
Poi magari io sono un po di parte perchè amo tutto ciò che ha un martirio o un uniamoci-tutti-insieme-contro-i-cattivi-che-cono-tanto-più-forti-di-noi-anche-se-siamo-consci-che-non-torneremo-a-casa-per-cena-stasera, che è un pò un martirio di massa... e comunque sto film li ha tutti qusti elementi.

Seconda cosa gli effetti speciali. Il perfmormance capture è veramente ad un livello inimmaginabile. Impossibile da capire solo dal trailer visto in tv che mi aveva fatto perdere le speranze. E invece siamo davanti ad un uso del CGI che al confronto con quento fatto finora è come un'opera del Bernini di fronte all'arte classica greca. Ok, quando gli esseri umani sono affiancati a quelli in digitale la differenza si vede, ma pur sempre di scultura stiamo parlando.
Ogni tratto, ogni espressione, ogni vena, anche la trama della pelle o la pressione degli oggetti è resa da dio.

Infine il 3D. Qui non siamo davanti alle 3 dimensioni viste finora. Cameron non usa giochetti da fiera di paese come far volare oggetti verso lo spettatore. Usa invece le profondità di campo, i diversi piani di ripresa e crea un ambiente decisamente realistico senza che l'effetto 3D divenga invisibile dopo pochi minuti (come mi era successo con "Up"). Il 3D c'è, si vede, e si nota per tutto il film; rende il film decisamente diverso da come potrebbe esserlo in sole 2 dimensioni; però ancora non aggiunge nulla al linguaggio cinematografico. E' un pò come i primi film sonori, in cui applicavano la musica di sottofondo; l'effetto era decisamente sorprendente, ma non aggiungeva nulla al già noto... poi è arrivato "M"...

In definitiva un ottimo film, in cui Cameron vince su tutta la linea. Ora, chi farà film, dovrà basarsi su questo per non risultare scadente... per il 3D aspettiamo invece che nasca un nuovo Lang.

venerdì 12 marzo 2010

Gli invasati - Robert Wise (1963)

(The haunting)

Visto in DVD.

Un antropologo organizza, in una casa infestata, una ricerca selezionando soggetti sensibili ai fenomeni paranormali...ovviamente succederanno cose ben oltre le aspettative.
Film horror dove molto viene sentito e poco mostrato, tutto viene spiegato (si parla molto, ma quasi mai a sproposito e sempre per stemperare la tensione fra un rumore di passi e uno sbattere di porte) e la fine è intuibile fin dall'inizio; dunque risulta spesso ripetitivo, ma mai noioso. Il bello di questo film è che funziona ancora oggi, ci impiega un pò, lavora per accumulo; non è la prima porta che trema a mettere in suspense lo spettatore, ma è il prolungarsi della scena oltre ogni ragionevole tempo filmico (almeno per quanto si sia abituati oggi) a far crescere la tensione; così che il film, comunque datato, non accusi troppo il peso del tempo.
Come si è detto non c'è mai nulla da vedere, ma vi è un virtuosissimo uso dei suoni, quasi mai uguali a quelli precedenti.
Wise poi si muove con grazie fra le stanze della casa, con un'iclinazione particolare verso le inquadrature in movimento e le scene ben orchestrate; da sottolineare tutto l'incipit, magnificamente diretto (basti pesnare al suicidio della badante ante litteram che è un piccolo capolavoro in piano sequenza; non c'è da aspettarsi niente di che, ma semplicemente non poteva essere fatto meglio). C'è poco da fare, la libertà che da l'horror ai registi è ineguagliabile.

Il film si incastra tra i due musical che hanno decretato la vera fama del regista, ma rimane decisamente superiore almeno a "Tutti insieme appasionatamente" (su "West side story" non mi pronuncio); ma d'altra parte Wise ha sempre dimostrato d'amare il cinema di genere.
"Gli invasati" ha ottenuto l'onore di un remake nel 1999 con "The haunting - Presenze", film decisamente inferiore ma che mostrava un florilegio di effetti speciali davvero notevole, per quel poco che posso ricordare rappresentava un pò lo stato dell'arte della CGI degli ani '90 (pre-Matrix).

giovedì 11 marzo 2010

Crociera di lusso per un matto - Leonid Gaidai (1968)

(Brilliantovaya ruka)

Visto ad un cineforum, in lingua originale sottotitolato.

Filmetto comico sovietico di fine anni '60 (che fu un successone all'epoca); anni di relativa calma in quella parte di mondo.
La trama è quella di una commedia degli errori in cui un uomo qualunque, ma piuttosto scemo, rimane invischiato in una storia di contrabbando conteso tra polizia e criminali.
L'ironia è molto di grana grossa, tutta basata sulla stupidità dei personaggi (magnifico il criminale che si finge amico del protagonista), sui loro tic e sui loro vezzi. Molte le gag slapstick che molto condividono con il successivo Benny Hill (un minuto di silenzio per onorare il più grande degli inglesi dopo James Cook), molte le scene sopra le righe che vogliono far ridere per la sventatezza dei personaggi (i due ubriachi al ristorante, il protagonista nell'albergo con la donna).
Diversi i momenti di sincero divertimento, molti i momenti di stupore per l'assurdità di quanto sta accadento, altrettanti i momenti di imbarazzo per l'ingenuità del film.

Due le situazioni da sottolineare. Per primo l'inizio, con una lunga sequenza tutta in silenzio che per stile, rapidità ed espressività dei personaggi non avrebbe sfigurato in un film muto. Due, una bestemmia chiaramente pronunciata da un turco che evidentemente parla pure qualche parola di italiano, bestemmia evidentemente non tradotta al pubblico russo.

PS: il titolo originale è qualcosa come Un braccio di diamanti, in riferimento ai diamanti contrabbandati nel bendaggio del braccio fratturato del protagonista; il titolo italiano prende spunto dai pochi minuti iniziali della crociera.

mercoledì 10 marzo 2010

Shutter island -Martin Scorsese (2010)

(Id.)

Visto al cinema.

Prima incursione di Scorsese nei film di genere, e parte subito col botto.
Punta in alto fin da subito, ispirandosi, dichiaratamente a Tourneur; e proprio dai suoi film mutua quello che è il leit motiv di questo film, la tensione fatta dal nulla. Innegabilmente in questo film c'è così tanta tensione da poter far volare un aquilone, ed è serratissima, quasi ogni scena cerca di alzare il livello di adrenalina nello spettatore; eppure non c'è alcun elemento del thriller classico, Dicaprio non rischia quasi mai la vita, e lo spettatore se ne rende ben conto, eppure non si può fare a meno di inquietarsi. A Scorsese basta l'ambiente e la musica, nient'altro.
Il film è un giallo patinato, con un gusto per l'estetica come in pochi altri film di Scorsese degli ultimi anni, con un twist nella sceneggiatura da impressionare Neil Jordan che non può non colpire. Ma la cosa migliore della trama è il susseguirsi di ipotesi più o meno sensate che il film ti costringe a fare, i continui riferimenti al nazismo, le strutture tenute nascoste, l'ambiguità dei personaggi, rendono tutto plausibile, ma niente reale... fino al finale...
Un film notevole che supera di molto gli ultimi lavori di Scorsese.
DiCaprio recita da dio; c'è poco da fare; e tutto il cast è decisamente all'altezza (Ruffalo è adatto e misurato come suo solito).
Certamente in molti punti il film esagera, butta troppi elementi o utilizza troppi stereotipi; tutto per perseguire l'obbiettivo del film d'atmosfera, e visto il risultato, direi che il fine ottenuto, giustifica i mezzi.

PS: ah già il film poi abbonda degli scorsesismi classici, su cui vince (oltre alla fotografia) l'uso delle luci (che raggiunge il meglio nell'occhio di bue ad inquadrare Di Caprio che cade a terra) ed il montaggio (che mostra immagini successive mentre due personaggi ancora parlano e che inserisce scene non spiegate che acquisiscono signifcato solo suiccessivamente, riuscendo pertanto a rendere suggestioni come in un film di Oliver Stone... uno di quelli belli)

martedì 9 marzo 2010

Detour - Edgar George Ulmer (1945)

(Id.)

Visto in DVD.

Un autostoppista viene raccolto da un uomo piuttosto magnanimo nel dispensare soldi e informazioni su di se, ma piuttosto cagionevole di salute. Morirà infatti durante il viaggio, ma per un colpo di sfiga l'autostoppista potrebbe essere considerato colpevole di quella morte. Costretto dalle circonstanze ne ruba l'identità e continua il viaggio. Stupidamente darà un passaggio ad una donna, che presto darà vita ad uno dei personaggi più irritanti della storia del cinema, e l'autostoppista si troverà in una situzione peggiore della precedente. Il destino però non ha ancora finito di prenderlo per il culo.
Film noir anni '40, parecchio cinico e senza speranza che si appoggia ad un'idea semplicemente splendida. Peccato però che la sceneggiatura latiti. Il soggetto è buono, ma troppo esile per tirarci fuori un intero film; e infatti la durata è di un'oretta o poco più, con la storia tutta raccontata dal protagonista, in flashback, con dovizia di verbosità messe tanto per tirare qualche minuto in più. Un peccato; in un telefilm non avrebbe sfigurato, magari in "Ai confini della realtà".

lunedì 8 marzo 2010

Soul Kitchen - Fatih Akin (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Una commedia a tutto tondo (veramente divertente) che racconta un pezzo della vita di un ragazzo d'origine greca ad Amburgo e tutte le persone che gli girano attorno, dal fratello carcerato alla dipendente del fisco. Il film è semplicemente perfetto, ma ciò che più colpisce è la caratterizzazione dei personaggi e la loro rilevanza nella storia; tutti, ma proprio tutti, hanno una parte, un compito da svolgere nella storia. Il protagonista è uno, ma tutti concorrono a far proseguire la trama in maniera determinante.
Akin costruisce il solito film dove la camera si muove in ogni modo possibile senza tralasciare nessuna tecnica di regia, ma stavolta riesce a inserire le varie metodiche in maniera esatta, esaltando le sequenze del film e mantenendo un ritmo sempre altissimo.
Magnifici gli attori. E' un piacere rivedere Unel; ma soprattuto c'è pure una comparsata di Udo Kier... peccato però che non reciti, cioè, sta li a ciucciarsi le sue mentine per massimo dieci minuti, costa tanto fagli dire qualcosa che superi le due parole?
Fotografia splendida che esalta la città di Amburgo, dal lato B della sua periferia ai tetti ei quartieri migliori; non viene mai mostrata del tutto, ma sempre incidentalmente esaltata.
Belli pure i titoli di coda... come dire, semplicemente perfetto.

PS: potrà giusto non andare giù la risoluzione troppo rapida e facile, eppure ci sta; in fondo per tutto il film c'è un susseguirsi surreale di accumili di sfighe e di surreali risoluzioni. il finale si adegua al ritmo da commedia americana o se vogliamo di fiaba moderna di tutto il racconto.

domenica 7 marzo 2010

I maghi del terrore - Roger Corman (1963)

(The raven)

Visto in DVD.

Quest'oggi, l'Acadamy, consegnerà l'Oscar alla carriera a Roger Corman... un gesto dovuto, ma stupefacente. Non conosco i motivi ufficiale per giustificare il premio, ma presumo riguardino la sua attività di produttore dei primi film di una selva di registi geniali come Scorsese, Coppola o Demme; e certamente questo è un motivo oltremodo sufficiente.
Ma è particolarmente importante questo Oscar perchè consegna il massimo tributo americano al regista che è il signore della serie B almeno fino agli anni '70. Ma non serie B intesa come mancanza di mezzi, di idee e di capacità, ma solo come mancanza di mezzi. Un regista abile, acuto nello scegliere i suoi attori feticcio, facce adatte per le storie raccontate, appasionato cultore del genere horror/fantascientifico/surreale...ma cronicamente senza soldi.
I suoi sono film realizzati rapidamente con pochi materiali e ambienti raffazzonati, ma che presentano (spesso, ovviamente non sempre) idee ottime, ben realizzate che hanno ispirato tutto il cinema di genere venuto dopo, e in parte hanno contaminato il cinema tout court.
Per omaggiare il premio mi sono andato a ripescare "I maghi del terrore" e nelle prossime settimane cercherò di recuperare altre opere.

Se dico Corman, Poe, Price, Karloff, Lorre, Matheson e Nicholson tutti assieme cosa viene fuori? Neanche una pallida idea di quello che c'è in questo film.
Film che deriva direttamente da Poe (come dice il titolo originale), e prende le mosse proprio dal suo corvo, con una scena iniziale che ne recita i versi; ma immediatamente il film vira verso la farse, rivelandosi come una presa in giro del genere horror gotico americano inventato da Corman stesso. Si, insomma, il regista si prende in giro da solo.
E il film prosegue con qualche calo, con scenette apertamente divertenti, con una carrellata di personaggi e situazioni tipiche e con un duello finale ironico e magnifico che mostra tutta l'abilità del regista nel gestire gli effetti speciali.
Mereghetti sostiene che si siano divertiti più loro farlo che il pubblico a guardarlo, e per come tutti risultano in parte è una cosa possibile, ma a guadagnarci è comunque il pubblico.

sabato 6 marzo 2010

Holy smoke, fuoco sacro - Jane Campion (1999)

(Holy smoke)

Visto in VHS.

Una ragazza australiana durante un viaggio in India rimane affascinata da un santone locale e decide di unirsi alla sua setta. Per riportarla a casa i suoi genitori decidono di rivolgersi ad un deprogrammatore, che però subirà il fascino della ragazza.
Campion si distingue per non lasciare mai niente al caso. Ogni inquadratura è tutta indirizzata ad una rappresentazione estetizzante di ciò che viene mostrato; e quindi i colori e la fotografia in genere, la disposizione di attori e scenografie, la posizione della macchina da presa e i suoi movimenti sono tutti ragionati, e spesso molto utilizzati, non limitati allo stretto indispensabile. Mi viene da dire che la Campion è uno Scorsese al femminile (dico questo solo perchè Scorsese viene prima).
In questo film ci aggiunge pure qualche paesaggio australiano (che è sempre un bel vedere), la Winslet (che è sempre un bel vedere) e parecchia ironia (una vera novità; anche se c'è solo nella prima parte).
Il film funziona piuttosto bene per tutta la prima parte, ma presto comincia a perdere i pezzi, a diventare ripetitivo, proprio quando si scatenano le ossessioni dei protagonisti (l'ossessione è un po il leit motiv della carriera della Campion), e la storia si ripiega su scene madri sempre meno plausibili (inguardabile Keitel vestito da donna che passeggia per il deserto).
Un buon tentativo, con ottimi spunti, che però fallisce.

PS: il film si fregia della comparsata di Pam "mi ha salvata Tarantino" Grier, e delle chiappe di Keitel, che devono piacere non poco alla Campion, evidentemente.

venerdì 5 marzo 2010

Gran Torino - Clint Eastwood (2008)

(Id.)

Visto in Dvx.

Finalmente recupero il film di congedo di Eastwood.
Ed è esattamente come me lo aspetto.
Un film dalla trama addirittura banale, una storia di formazione e di arricchimento attraverso l'unione di due mondi. Il tutto irrigato da un formalismo esteticamente notevole, con una camera sempre al servizio del protagonista dal quale non si stacca mai e una fotografia molto curata.
Ed è qui il bello di Eastwood, tutto è classicheggiante, ma non classico; perchè il regista si diverte a inserire in contesti banale l'inusuale, cinematograficamente parlando. Così in un film sul riscatto sociale attraverso lo sport come "Million dollar baby" butta in faccia agli spettatori l'eutanasia, nel suo dittico sulla guerra mostra i punti di vista di entrambe le barricate, e qui, in questo film, mostra una storia di crescita personale ma in modo minimalista come non s'è mai visto.
Tutto è mostrato in funzione della quotidianità dei personaggi, i grandi sconvolgimenti interiori sono esteriorizzati nella routinarietà di una vita banale che un tempo non lo fu. Sono piccoli personaggi che si muovono in un ambiente limitato e che, alla fin fine, fanno pure poco; ma quel poco significa molto.
Il finale, prevedibile, è trattato in una maniera quasi impeccabile e, soprattutto è il miglior addio al mondo del cinema, come attore, di Clint Eastwood.

giovedì 4 marzo 2010

Kuryer - Karen Georgievič Shakhnazarov (1987)

(Id.)

Visto ad un cineforum, in lingua originale sottotitolato.

Filmetto giovanilistico ricco di critica sociale ad una società allo sbando e morta dentro che si salva solo per le scene ampiamente divertenti e per il protagonista "nichilista e sfacciato" che permette risate sincere.
Per il resto il film si trascina in una trama stantia, con lui post-adolescentello senza padre (è in Africa) che non riesce ad entrare all'università (ma neppure gliene frega molto) e comunque non sa che fare della sua vita (si fa assumere come corriere, da li il titolo), e lei, ragazza figlia di un professore o giù di li, colta e bella; ne nasce una pseudo storia d'amore, abbastanza surreale grazie agli interventi del protagonista (ed il suo rapporto con il padre di lei) che risolve in un nulla per tutti e con la consapevolezza del ragazzo che dovrà entrare nell'esercito (beh, per il servizio di leva per carità, ma all'epoca la Russia aveva/faceva casini in Afghanistan).
Regia ininfluente e pessima musica anni '80, martellante e continua completano il quadro.
Film essenzialmente inutile; se fosse stato fatto in america lo trasmetterebbero solo su italia 1 la domenica mattina d'estate.

PS: c'è però una splendida scena con due virtuosi nel ballo del robot che è da manuale.

mercoledì 3 marzo 2010

La morte corre sul fiume - Charles Laughton (1955)

(The night of the hunter)

Visto in DVD.

L'espressionismo tedesco in un noir anni '50! Che altro si potrebbe volere?
La storia è quella di un pastore (nel senso di prete protestante), maniaco religioso, che ha la curiosa abitudine di sposare giovani vedove per poi ucciderle e andarsene con i loro soldi. Il destino vuole che si scontrerà con un paio di bambini determinati a sopravvivere almeno quanto lui è determinato a farli fuori.
Mitchum veste i panni del granitico pastore, il volto inespressivo e gelido dell'attore si adatta alla perfezione al personaggio. La storia fascinosa e oscura attrae fin da subito...
Ma ciò che più colpisce è la regia. Quasi nessuna inquadratura è disposta su un solo piano di ripresa, ogni scena è realizzata in maniera esteticamente geniale, la luce è usata come vero e proprio veicolo di informazioni (scolpisce i volti, esplode fuori da una casa, delinea silhouette, crea gli ambienti, mostra o nasconde i personaggi, crea le ombre che popolano il film).
Il film vive proprio sulle spalle dell'espressionismo e di un'estetica portata ai massimi livelli (gli interni, spogli e spigolosi sembrano presi da un film tedesco degli anni '20). Mille sono le scene indimenticabili, dal cadavere sott'acqua coi capelli mossi dalla corrente; alla fuga in barca inquadrata in secondo piano; fino all'assediata e l'assediante che cantano la stessa canzone.
Un film talmente denso di idee che un regista mediocre avrebbe materiale per girarne 10 senza sfigurare.
Contro ogni pronostico il film fu un totale insuccesso, e l'opera prima di Laughton come regista rimase anche l'ultima. Questa è forse la più grande tragedia della storia del cinema.

Ok, il film non ha solo pregi, ma qualche ingenuità di troppo nella sceneggiatura o qualche problema di montaggio sono, a mio avviso, figli dell'inesperienza del regista dietro la macchina da presa. Dio solo sa cos'avrebbe realizzato se gli avessora lasciato fare altri film.

PS: questo film è anche un enorme punto di riferimento pop; il personaggio di Mitchum ha infatti tatuato sulle nocche delle mani le parole Love e Hate...

martedì 2 marzo 2010

La strada - Federico Fellini (1954)

(Id.)

Visto in DVD.

Una ragazza un poco strana, e cioè terribilmente buona ed ingenua, viene venduta dalla madre ad un girovago violento e volgare. Il film ne segue la vita da quel momento.
Fellini confeziona una fiaba moderna, senza morale o sottotesti che non siano la storia in se (e meno male, anzi, in questo modo riesce a far digerire tutto ciò che vuole al pubblico senza risultare stucchevole).
Lo stile del regista è sempre quello, una visione neorealista offuscata dallo specchio deformante del sogno. E così di fronte alla realtà del dopoguerra italiano fatta di fiere di paese, di fiaschi di vino bevuti e l'arte di arrangiarsi, ci sono le cadenze del sogno, personaggi ai limiti, messe in scena che prediligono la fine della festa con le luci ancora accese e ciò che rimane per terra, con personaggi quasi macchiettistici ma che rivelano ambiguità in ogni direzione (il matto che, me lo si lasci dire, è un coglione; o Zampanò, che risulta avere una sua umanità, peccato che sia un vigliacco).
Il cast regge bene il lavoro a cui è chiamato, e la Masina è una maschera perfetta di innocenza, ingenuità ed infantilismo.
Il film è gradevole, solo pecca, a mio avviso, nell'allungare troppo la minestra, nel tentare di mostrare più di quanto sia necessario.

lunedì 1 marzo 2010

La sposa turca - Fatih Akin (2004)

(Gegen die wand)

Visto in Dvx.

Una ragazza turca, che vive in Germania con la famiglia, per riuscire ad uscire dall'orbita opprimente del padre e del fratello organizza un matrimonio farlocco con il protagonista, un quarantenne ormai al limite della propria esistenza. Inutile dire che ci sarà l'amore vero e svariate sofferenze.
I problemi dell'integrazione e delle differenze culturali vengono proposti in questo film sotto diversi punti di vista e in maniere differenti nei vari momenti del film. Ed è la prima parte a convincere di più, quella in cui tutto ciò che accade è virato verso la commedia, dalla vita allo sbando del protagonista fino al matrimonio tutto è trattato con ironia, il che non implica che non possa essere nel contempo trattato con serietà. Nella seconda parte invece il clima diventa greve e la storia si aggire nei dintorni dell'inverosimile o dell'eccessivo e risulta francamente stucchevole. Il finale, sorprendente per come inizia il film, non risolleva del tutto.
il film è decisamente buono e, nonostante la trama e l'orribile titolo italiano non invoglino nessuno a guardarlo, è godibilissimo e non annoia quasi mai.
La regia è piuttosto articolare, quasi sempre invisibile, eppure prova di tutto, ogni tipo di inquadratura o tecnica sono usate senza soluzione di continuità (cosa, questa, apprezzabilissima) ma disperse in un film troppo ampio. Personalemente non ne sono rimasto del tutto soddisfatto.