giovedì 30 settembre 2010

Cape Fear, il promontorio della paura - Martin Scorsese (1991)

(Cape Fear)

Registrato dalla tv.

Questo è l’ultimo film di Scorsese che mi mancava, e devo dire di essere rimasto completamente soddisfatto. La storia di colpe reciproche (i due protagonisti sono entrambi colpevoli e nessuno merita di vincere) e di vendetta è magnificamente scolpita da una regia molto dinamica, fatta di quei brevi carrelli caratteristici del regista che qui si fanno praticamente continui. Scorsese poi dona alcuni momenti di assoluta maestria nel delineare le atmosfere, con sequenze fiabesche con un De Niro lupo cattivo e tentatore (la scena nel teatro con Juliette Lewis) e altre in completo stile horror con un De Niro alla stregua di Freddy Kruger (nel finale, come ha giustamente sottolineato Mereghetti). E se non si può dimenticare De Niro che canta mentre affonda con uno sguardo da capitano Willard nell'acqua, il resto del film è un gustosissimo susseguirsi di citazioni (i fuochi d’artificio a sottolineare la passione come in Hitchcock) e di idee indipendenti (su tutte la visualizzazione dello sguardo confuso dal sonno durante i prima attimi del risveglio reso con l’utilizzo del negativo; perfetto, geniale, e terribilmente semplice).

Sono assolutamente d’accordo nel dire che non è il suo capolavoro, ma è uno dei suoi migliori film in ogni caso. Un incipit coeso nonostante la realizzazione con un’insieme di tecniche come questo è difficile da immaginare.

Questo film conferma la mia personale teoria secondo cui il periodo d’oro di Scorsese sono stati gli anni ’90, quando da “L’ultima tentazione di Cristo” del 1988, ad “Al di là della vita” del 1999, non solo non ha sbagliato un colpo, ma ha creato una galleria di film diversissimi per tema, stile ed epoca dimostrando in ognuno di questi una capacità nella regia che fa invidia a Kubrick.

mercoledì 29 settembre 2010

L'uomo ombra - Woodbridge Strong Van Dyke (1934)

(The thin man)

Visto in VHS.

Un ex poliziotto, ora possidente, che con la moglie costituisce una coppia felicemente etilica si ritrova invischiato nella sparizione di un uomo, e suo malgrado sarà costretto a scoprire il colpevole.


Il film è una gradevole commediola giallognola con un simpatico protagonista ben più che avvinazzato, a metà strada tra Philip Marlowe e il tenente Colombo. La cadenza del film è poi quella del giallo classico con la creazione del mistero, la lunga presentazione dei personaggi (con l’ancor più lunga presentazione dei protagonisti, che per fortuna è divertente) e poi la riunione di tutti, pure dei figuranti passati sullo schermo 5 minuti, per lo scioglimento finale; si vede che Aghata Christie non l’hanno proprio copiata, no no.


Film carino per passare qualche mezzora, sostanzialmente innocuo e vagamente assurdo nel finale.

martedì 28 settembre 2010

Il mondo di Apu - Satyajit Ray (1959)

(Apur sansar)

Visto in VHS, in lingua originale sottotitolato... male

Apu è cresciuto, è diventao un uomo, si sposa (in uno dei matrimoni più assurdi della storia del cinema), ma presto perde la moglie a causa del parto, non vorrà vedere il figlio, identificandolo con la morte dell'amata.
Complessivamente più debole come storia, questo film però sancisce un netto miglioramento della regia di Ray, che si concentra in maniera maggiore sulla costruzione delle scene e si permette qualche virtuosismo tecnico in più come alcune piani sequenza che sembrano realizzati con dolly.
Nel complesso la trilogia si fa ricordare per due distinte sensazioni; in primo luogo la bellezza formale, mai esposta, mai evidfente, ma sempre presente, dall'altra parte però c'è pure tanta noia. Questi film sono solo per appassionati di cinema temo.
Interesante che tutti e tre i film della trilogia si concludano sulla strada...

lunedì 27 settembre 2010

La spia - Russel Rouse (1952)

(The thief)

Visto in DVD.

Un ricercatore nell'ambito nucleare vende segreti di stato ad una qualche forza straniera attraverso un ben collaudato sistema di scambi tra persone. Però ci sono i rimorsi che cominciano a premere... poi l'ingranaggio perfetto s'incrina quando uno degli intermediari viene investito da un'auto.
Dopo qualche minuto in cui il film va avanti senza che venga pornunciata una sola parola mi son detto, "Se a rriva a dieci minuti di silenzio applaudo per lo sforzo". Dopo 13 minuti mi sono detto "Che figata se arriva a 15 minuti netti senza dialoghi". Al 18esimo minuto invece "Se arriva a 20 minuti comincerò il post parlando di questo incipit storico". Dopo mezzora ci si chiede solo se il film avrà la forza di arrivare alla fine senza fiatare e si rimane in fremente attesa, più per le sorti dei dialoghi che per quelle di Milland.
C'è da dire che il film riesce a dare tensione spontaneamente, e che Milland di suo da una buona interpretazione, solo talvolta sopra le righe. Ma quello che più colpisce è quanto riesca ad essere chiaro e comprensibile pur senza mai dire nulla e utilizzando solo 2 "cartelli". Il silenzio imposto poi non risulta fastidioso e quasi sempre innaturale come ne "L'isola nuda", qui, quasi quasi ci sta tutto (aumenta il senso di isolamento a cui il protagonista è costretto a causa del suo doppio gioco) e risulta pure credibile (comunicano attraverso squilli del telefono e biglietti, mai attraverso parole).
Un film che certamente colpisce, realizzato secondo tutti i crismi di un noir versione spionistica.

domenica 26 settembre 2010

L'uccello dalle piume di cristallo - Dario Argento (1970)

(Id.)

Visto in DVD.

Ho visto prima “Profondo rosso” e quindi mi vien da dire che questo Uccello dalle piume di cristallo ne è la brutta copia… in realtà essendo il primo film di Argento, rappresenta l’archetipo della sua futura filmografia. I due film hanno un po’ tutto in comune: un artistoide straniero in italia assiste accidentalmente ad un omicidio, di cui vede un particolare determinante per svelare il volto dell’aggressore ma non riesce a metterlo a fuoco, comincia ad indagare per contro proprio rischiando di tirare le zampette e alla fine scopre tutto evviva evviva il colpo di scenona finale, soprattutto perché il cattivo di turno gli spiega bene le cose prima di morire orribilmente.

Alla fine pure questo film, affascina, avvince e convince, ma al contrario del suo successore ha meno fantasia nella messa in scena, meno libertà di regia… e poi si ha la continua sensazione che Argento depisti lo spettatore non per un programmatico spirito di demolitore della tradizione poliziesca, ma semplicemente perché deve allungare la minestra abbastanza per avere un tempo canonico… e una sensazione del genere è un peccato…

A favore di sto film ci sarebbe anche da ricordare che parla di un serial killer ante litteram…

sabato 25 settembre 2010

Il fango verde - Kinji Fukasaku (1968)

(Green slime)

Visto in Dvx, in lingua originale.

Per fare un film di fantascienza a basso costo, gli statunitensi presero un cast incapace di recitare, con enormi problemi di dizione (splendida la Paluzzi che parla esattamente come me, ma lei è in un film USA e io sto scrivendo da una biblioteca pubblica della pianura padana), portano tutto in Giappone dove si vede che lavoravano a basso costo e lasciano tutti gli effetti speciali in mano ai giappo... il che significia avere i soliti uomini che si travestano da alieni verdi, ma soprattutto usare dei magnifici modellini per tutte le scene coi razzi o le stazioni spaziali, cose degne di Ed Wood...
Ciò che mi ha convinto a guardare questo film era la regia; chi avrebbe mai detto che Fukasaku aveva un passato nella fantascienza? inutile dire che del grande regista non si vedono effetti nel film, e allora c'è da chiedersi se era un obbligo d'inizio carriera, semplice fame oppure se ha fatto da prestanome...
Nel film gli alieni si vedono, e tanto, le scene in esterni ce ne sono a bizzeffe, il vero problema è la noia, il film si trascina avanti con la stessa tiritera, con la stessa idea allungata e diluita in maniera imbarazzante per dio solo sa quanti inutili minuti, e ovviamente ammazza anche il pubblico più ben disposto... però c'è una chicca, la canzone originale scritta per il film, una delle migliori degli interi anni '60, se il film è solo per fans del genere o del regista, la canzone dovrebbe essere una must per tutti, la propongo qui con alcune delle scene più importanti, godetevela.

Will you believe it when you're dead? Greeeen Sliiiiiime.

venerdì 24 settembre 2010

Somewhere - Sofia Coppola (2010)

(Id.)

Visto al cinema.

Siamo dalle parti di "Lost in translation", con lunghi silenzi, rapporti umani espressi da piccoli gesti, umanità al limite condannati alla solitudine, non luoghi come luoghi in cui ritrovarsi e una vena leggera con battute surreali e lievi... Però questo non è "Lost in translation", non c'è la vena creativa e la recitazione corpoprea di Bill Murray, non ci sono l'isolamento obbligato dalla situazione geografica, ma con tanta voglia d'uscirne anche perchè sei al centro del mondo; o forse semplicemente non c'è una sceneggiatura decente.
Il rapporto padre e figlia lieve e leggero, come unica via di fuga da un'esistenza vuota è un buon tema, certamente nelle corde della Coppola, ma stavolta fallisce su tutta la linea.
I vuoti d'aria nella vita del protagonista sono troppi e troppo noiosi per interessare, e il rapporto con la figlia è carino, ma mal rappresentato, quei piccoli gesti dei film precedenti sono qausi del tutto assenti ed in definitiva il film non riesce ad arrivare da nessuna parte, a mala pena ci prova. Gira su se stesso in loop fino al finale (simbolico come l'inizio, ma assolutamente insignificante)
Un vero peccato ed una grande delusione; forse il peggior film della Coppola, e immotivatamente premiato da Tarantino...

giovedì 23 settembre 2010

Milagro - Robert Redford (1988)

(The Milagro beanfield war)

Visto in tv.

Commediola buonista, sentimentalista, ecologista e qualche altra ista, targata Redford.
Non sto neppure qui a descrivere bene la storia, basti sapere che siamo nel sud degli stati uniti in un qualche stato molto ispanico, in cui un tizio che usa l'acqua per irrigare il suo campo di fagioli e questa cosa destabilizza i progetti di costruzione di un possidente locale, capitalista e tanto tanto cattivo... il tutto è condito con quello che, credo Mereghetti, definisce realismo magico, in realtà è solo un vecchio che idolatra i santi (cosa che fa tanto tanto ispanico) e parla con un tizio morto...
Il film è noioso, procede per clichè irritantissimi e terra terra, descrive come cattivi quelli che già tutti pensano essere i cattivi, e descrive come buoni quelli che tutti già pensano siano i buoni.
Cosa c'è di decente? Walken... che avrebbe almeno la parte del Mr. Wolf dei cattivi, dello stronzo più stronzo... peccato che Redford preferisca lasciarlo a giusto 4 o 5 scene e continua a inquadrare attori ispanici che fanno cose che sanno di ispanico...

mercoledì 22 settembre 2010

I mercenari - Sylvester Stallone (2010)

(The expendebles)

Visto al cinema.

Diciamolo subito, la storia è banale e quasi inesistente, un pretesto insomma, e i dialoghi spesso (molto spesso) sono ridicoli; però anche chissenefrega, è un film d'azione ed è chiaro che queste cose sono solo arredamento, e stavolta Stallone ha voluto ridurre l'arredamento al minimo.
Per l'azione invece c'è esultare fin dall'inizio; la scena d'apertura coi pirati somali è assolutamente magnifica, ok, si vede poco ma è sorprendente e realizzata da dio. Stallone si dimostra, contro qualche pronostico, non un buon regista, ma un grande regista, soprattutto nelle scene d'azione!
Il primo incontro coi militari sull'isoletta ispanica è un capolavoro di pacche, pallottole e macchina da presa con pure qualche vezzo autoriale (l'inquadratura che si capovolge con il capovolgersi di Stallone è roba da Nolan, e invece c'è pure qui!).
Tutto il cast è assolutamente azzeccato con una parte che esalta non solo le capacità personali, ma soprattutto le aspettative del pubblico o le caratteristiche fisiche (Crews che lancia il missile, l'incontro di wwwwwrestling fra Stone Cold Steve Austin e Couture, le battute sull'altezza di Jet Li, Roberts nella parte de cattivo in giacca e cravatta, Rourke che fa la parte profondo e recita peso in una scena ecc...). Il cameo di Schwarznegger poi è uno dei migliori della storia del cinema e meriterebbe un premio solo lui; applausi a scena aperta. Meno gratificante la comparsata di Willis...

Un grande intrattenimento d'adrenalina fatto con tutti i crismi e una gran conoscienza del cinema d'azione.

PS: Se proprio bisogna trovare dei difetti allora bisogna dire che il sangue fatto al computer è una cazzata, una cazzata peggiore del fuoco in CGI (e c'è pure quello), il che è tutto dire; davvero non me la sarei aspettata una caduta di stile del genere. Poi c'è la questione Jet Li, lui è l'unico a non essere sfruttato decentemente, pochi corpo a corpo (e mettere una pistola in mano a Li è come far fare un assolo di chitarra ad un pianista) e quei pochi sono pocho chiari e non mettono in evidenza le doti dell'attore; purtroppo Stallone non è della scuola Hongkongese e ste cose non gli vengono... una possibilità sprecata.
Attendo il seguito.

martedì 21 settembre 2010

Nightmare dal profondo della notte - Wes Craven (1984)

(A nightmare on Elm Street)

Visto in DVD.

La storia è nota a tutti, u tizio sfigurato ammazza dei ragazzucoli entrando nei loro sogni, di motivi non sembrano essercene finchè i genitori non si sbottonano...
Il più originale horror degli anni 80, ma anche dei 70, che presenta come maniaco un tizio (che presto da semplice personaggio diventerà un'icona) che finalmente ammazza in maniera diversa e sempre originale, con motivazioni chiare e assolutamente non condivisibili (SPOILER, ok è vendetta perchè è stato ucciso e bruciato, ma in fondo è un maniaco che uccideva bambini, quindi una figura non empatica per il pubblico, eppure si sta dalla sua parte)e pure con una certa dose di ironia (la mano che esce dall'acqua della vasca da bagno tra le gambe della ragazza, la cornetta del telefono con la lingua...), in questo primo film ancora Freddy Krueger non ha ancora un suo spessore, battute taglienti e ironia da vendere, ma fa prevedere ciò che di buono verrà fuori in seguito; ed è forse questo il punto vincente del film.
Wes Craven dalla sua ci mette tutto quello che riesce. Gioca con le aspettative del pubblico (come il poliziotto che pedina la ragazza che sembra Freddy), inventa metodi d'uccisione e semplici idee visive fenomenali (come i gradini che inglobano le gambe della protagonista alla fine) e poi, beh parliamone, la fontana di sangue dal letto batte qualunque ascensore!
Il finale splendido corona un gran film, capostipite di una serie horror tra le più prolifiche, ma al contrario di altri primi film questo non è invecchiato quasi per nulla. Splendido.

Forse vi ricorderete di me per scene come: tutte. Tutto il film è un tripudio di inventiva e di scene da ricordare (beh, almeno quelle in cui compare Freddy)

lunedì 20 settembre 2010

Presi nella morsa - Max Ophüls (1949)

(Caught)

Visto in DVD.

Una ragazza che si guadagna da vivere come modella nei grandi magazzini sogna di incontrare il principe azzurro, possibilmente milionario… ovviamente lo incontra, e lo sposa pure, ma non sa che il matrimonio è stato solo un colpo di testa del riccone, fatto unicamente per dimostrare di poter avere tutto ciò che vuole… non saranno rose e fiori, tanto che la ragazza si troverà costretta a fuggire e a doversi guadagnare da vivere come segretaria di un medico…

Melodramma delle passioni contrastanti con il personaggio del magnate che sembra fatto apposta per Orson Welles (ho quindi il sospetto che sia ricalcato sulle figure interpretate dal grande regista), che pure nel suo buonismo generale, non stanca e non annoia quasi mai (giusto all’inizio è un po’ lento, ma deve ancora ingranare).

Ophüls conduce sicuro, mostrando la sua visione dinamicissima di cinema, fatta di carrelli continui, piccoli piani sequenza, di gesti degli attori portati a termine anche se per farlo bisogna attraversare diverse stanze. Un’idea di fare cinema che personalmente amo molto e non posso non approvare.

Non siamo davanti ad un capolavoro, ma ad un onesto dramma realizzato da uno che i film li sapeva fare davvero.

domenica 19 settembre 2010

Alba tragica - Marcel Carnè (1939)

(Le jour se lève)

Visto in VHS.

Un uomo (Gabin) dopo aver commesso un'omicidio di chiude nel suo appartamento dove ripercorre la disturbata storia d'amore con una ragazza, il rapporto ambiguo con una donna dalla dubbia moralità e il ricordo del "rivale", un uomo laido (stupendo come venga caratterizzato come un uomo abbietto senza bisogno che nulla venga mostrato) che si ritrova legato ad entrambe le donne di Gabin... visto il titolo si possono fare scommesse sul finale.
Film proletario (amorevolmente proletario anzi) di Carnè scritto da Prévert, con un'attenzione particolare per l'ineluttabilità della tragedia e l'insabilità dei sentimenti (entrambi i due amanti intrecciano rapporti con altre persone).
Un buon film che però non dona particolari sussulti o entusiasmi; un dramma godibile ancora oggi che dedica qualche attenzione particolare agli occhi dei protagonisti (da sottolineare le dissolvenze sui ripetuti flashback).
Grande Gabin.

sabato 18 settembre 2010

Atto di forza - Paul Verhoeven (1990)

(Total recall)

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Dato che non c'ho molta voglia di riassumere crtl-alt-cancio il riassunto di mymovies.it: nel 2084 d.C., desideroso di compiere un viaggio su Marte, l'operaio edile Doug Quaid si rivolge all'agenzia Recall che vende viaggi e avventure di turismo virtuale, ma scopre di essere già stato su quel pianeta come Hauser, agente segreto al servizio dello spietato dittatore locale, e si unisce al movimento popolare di rivolta.
Sceneggiatura tratta dal solito Philip K. Dick (ma possibile che il futuro immaginato negli ultimi 30 anni sia tutto stato pensato da una sola persona?) che viene svilita da alcune sequenze d'azione veramente imbarazzanti e oggigiorno improponibili e da un'estetica anni '80 del futuro terrestre...
Tutto il discorso sull'identità (la doppia identità così diversa del protagonista e il dover ammettere che lui è l'altro) e sulla percezione di se, discorso molto complesso e mai del tutto trattato al cinema è lasciato assolutamente in disparte. Viene trattata meglio la questione del rapporto realtà/memoria/sogno, non molto originale forse, ma quantomeno Verhoeven, gli da lo sazietto minimo che merita e si concede il lusso di non risolvere mai la questione (bravo!).
tuttavia questo è un film con molteplici motivi di interesse (ok, io sono abbastanza indulgente perchè il ricordo del trailer visto da bambino ancora mi perseguita, con la testa parlante della tizia pelata e l'impronta della mano con 4 dita...):

1) Ci sono 3, e dico ben 3, calci nelle palle a Schwarzenegger dati dall'allora in forze Sharon Stone (mamma quant'è cambiata!).

2) C'è un accenno di catfight, interessante per lo più per motivi antropologici in quanto mi sembra un buon esempio di quest'antica pratica in versione anni '80 (niente fango, niente bikini, niente tirate di capelli, ma pseudo-kung fu).

3) 3 tette. No, non ho detto 2, ho detto 3 tette, e tutte su un'unica donna.

4) Beh, poi ci sono gli effetti speciali (premiati con l'oscar), che sono in puro stile anni '80, ma sono la quintessenza nel loro genere ( no dico, i pupazzi del Johnnycab sono perfetti, e la la finta testa di Schwarzenegger? no, tanto per dire, e poi non ho citato la mano mutante del tassista...); e le scenografia all'altezza di un kolossal.

5) L'estetica anni '80 risulta perfetta per descrivere il mondo proletario e ghettizzato di marte.

6) Ah già! dimenticavo, c'è pure una prostitua nana in versione sexy, sexy e letale.

Si insomma, per appassionati del genere, genere Schwarzenegger...

venerdì 17 settembre 2010

L'invitto - Satyajit Ray (1956)

(Aparajito)

Visto in VHS, in lingua originale sottotitolato.

Seguito de "Il lamento sul sentiero" e secondo capitolo della trilogia di Apu...
Il film parte dove il precedente si era interrotto, la famiglia, a seguito della morte della primogenita, si trasferisce a Benares, dove, dopo varie vicissitudine, muore anche il padre; madre e figlio (l'Apu protagonista della trilogia) si trasferiscono nel Bengala dove il giovane Apu acquisisce la passione per lo studio, che lo porterà, da ragazzo, ad andare a Calcutta (??? oddio non ricordo più se è Calcutta... beh in una città grossa) dove si manterrà con un lavoro in tipografia e assottiglierà sempre di più i rapporti con la madre fino alla morte sua morte.
Un film di sentimenti enormi, dell'affetto della madre per un figlio e degli egoismi fisiologici, della madre che vorrebbe il figlio sempre vicino ase, e del figlio che invece per realizzare la propria vita abbandona la madre nella solitudine senza neppure salutarla un'ultima volta prima della morte.
Il film è assolutamente naturalistico; per come guarda la quotidianità partendo dal basso di una famiglia senza molti mezzi e per come non fa sconti sugli accadimenti ricorda molto il neorealismo italiano, con un'attenzione particolare per la costruzione delle inquadrature (che credo sia il marchio di fabbrica di Ray).
Due le scene da sottolineare. Una l'avvicinamento ad un lume acceso fino al dettaglio sulla fiamma realizzato con 3 carrelli in avvicinamento legati insieme da 2 stacchi di montaggio, un sistema ovviamente legato a limiti tecnici che però crea un buon effetto. Il secondo il movimento di macchina che segue Apu quando torna alla casa della madre e non la trova, dapprima lo segue spiandolo dalla porta aperta, poi si muove in una carrellata laterale su un muro per giungere all'uscita laterale da cui passerà Apu, e quindi lo segue nuovamente.
Leone d'oro a Venezia... e per l'epoca, credo sia notevole.

giovedì 16 settembre 2010

Grand Hotel - Edmund Goulding (1932)

(Id.)

Visto in DVD.

Grand Hotel è il prim film all-star prodotto, e come tale riassume tutti i difetti di questo genere.
Certo, mi fa piacere vedere 2/3 dei fratelli Barrymore assieme alla divina Garbo e con in più pure Joan Crawford... ma non se la sceneggiatura è fatta solo per dare loro le parti più congenialmente classiche e la regia (del mai abbastanza vituperato Goulding) rimane in disparte perchè se solo prova ad essere originale potrebbe distogliere l'attenzione del pubblico.
La trama è quella di varie vite che si incrociano e si uniscono in vario modo in un hotel della Berlino degli anni '20. La Garbo è una ballerina depressa che ritroverà la gioia di vivere nell'amore, J Barrymore è un conte squattrinato ma rico di fascino, L Brrymore un ingenuo buon uomo malato terminale che vuole spendere quanto guadagnato in una vita prima di morire, la Crawford è la stenografa del boss Wallace Beery che deve vincere le di lui avance mentre cerca di ottenere l'amore di L Barrymore... e così via...
Per carità la carica buonista viene stemperata nella tragedia finale a cui Goulding non sottrae il pubblico dalla lacrima facile per strappare un applauso in più.
Il film scorre (con alcune strizzatine d'occhio a doppi sensi), essenzialmente inutile, talvolta irritante, ed in qualche scena anche francamente noioso. Da vedere solo per gusto archeologico, sennò proprio non ne vale la pena.

mercoledì 15 settembre 2010

Un borghese piccolo piccolo - Mario Monicelli (1977)

Un impiegato del ministero (Sordi) piuttosto possessivo e maschilista, gonfio d'orgoglio, piccoloborghese e dalla figura titanica che pesa fortemente sulla famiglia creando la vita del figlio (Vincenzo Crocitti, che in una parte seria mi fa morire dal ridere) a propria immagine cerca di far entrare il suo unicogenito nello stesso ministero. Non si pensi male, Sordi interpreta un personaggio rico di difetti, ma tutto ciò che fa lo fa per un sincero ed enorme amore per il figlio, di cui è orgogliosissimo per il diploma in ragioneria e per il quale è disposto ad ogni sacrificio (entrerà nella massoneria solo per potergli dare una chance in più)... purtroppo il giorno dell'esame il figlio rimarrà ucciso in uno scontro a fuoco durante una rapina, la moglie di Sordi apprenderà la notizia dalla televisione e rimarrà sotto shock, incapace di muoversi e provvedere a se stessa; Sordi stesso cadrà in depressione, ma continuerà a collaborare con la polizia. Quando finalmente riuscirà a trovare il colpevole non avvertirà le autorità, semplicemente se lo rapisce per conto suo e lo porterà in una catapecchia fuori città. Anche lui non ha la minima idea di cosa farsene, ma il rapito morirà accidentalmente...
Film nerissimo di Monicelli assolutamete lontano dai torture movie odierni, non vi è vera e propria vendetta, non vi è tortura, è solo un uomo inadeguato ad affrontare ciò che gli è successo che agisce a caso senza avere idea sul da farsi. Il film però rimane sempre ironicissimo (la scena delle prove iniziatiche alla massoneria sono stupende), cinico oltre ogni dire a volte esagerando non poco (tutta la scena nel cimitero o il finale), talvolta invece si permette delicati tocchi di classe (come nella scena dell'assassinio, che avviene per caso, quasi senza che nessuno se ne accorga, neppure Sordi). Il film vuole essere una disincantata dichiarazione di morte di un cinema (quello della commedia all'italiana) impossibile da portare avanti perchè è la società ad essere cambiata, se una volta i difetti degli italiani potevano essere usati come sfottò e rendere simpatica una nazione, ora vengono visti come simpatiche limitazioni di uomini di borgata che possono però trasformarsi in armi letali; la società è malata in modo irreversibile e non si ride più di lei in tono comprensivo, si ride per non piangere, per non pensarci.
Ottima l'interpretazione di Sordi, forse la migliore in assoluto (in effetti la fine dei 70 e l'inizio degli 80 rappresentano il suo periodo migliore da un punto di vista recitativo); peccato per la Winters, completamente sprecata, non dico che avesse bisogno di un personaggio migliore, ma almeno una battuta decente potevano dargliela.

martedì 14 settembre 2010

Tucker, un uomo e il suo sogno - Francis Ford Coppola (1988)

(Tucker, the man and his dream)

Visto in VHS.

Film coppoliano anni '80, figlio della forte sperimentazione di quegli anni.
La storia è su un self made man con un sogno che porta avanti nonostante i problemi causatigli dalle major del settore; non riuscirà nel suo intento, ma l'apparente sconfitta sarà, in definitiva una vittoria, e la conferma del suo genio... difficile non leggere tonnellate di autoreferenzialità e autoindulgenza.
Il film sembra figlio diretto di "Un sogno lungo un giorno", da cui prende tutto il virtuosismo che può, affogandolo però nell'ambientazione impeccabile e vintage di Storaro, creando quindi un prodotto più digeribile al grande pubblico, più mainstream, anche per l'assoluta americanità della trama...
Il film è sorretto da un cast assolutamente impeccabile, con un Bridges mai così sfavillante.
Complessivamente il film può convincere tutti, ma chi si aspetta un'opera radicale da Coppola può rimanere deluso; in ogni caso rimane un minore.

lunedì 13 settembre 2010

Le implacabili lame di rondine d'oro - King Hu (1966)

(Da zui xia)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Wuxia d'annata pre epoca del wire-fu; e nonostante ciò mantien tutta la leggerenza dei movimenti, le azioni acrobatiche ed i salti impossibili "alla Matrix"... ovviamente diminuiti in spettacolarità e credibilità.
La storia è abbastanza scontata e alla fin fine si riduce nello scontro fra titani del kung fu, svelamenti d'identità nascoste, e sete di vendetta. Il tutto è orchestrato molto bene, con scene d'azione, come si è detto, quasi attuali, che talvolta non risparmiano in fontane di sanue ed arti tagliati (ma solo a volte), in sequenze di combattimenti multipli degne di Tarantino.
Seppure il finale è scontatissimo, il film regge bene, con il ritmo giusto e le giuste ambientazioni d'atmosfera orientale; si insomma è esattamente ciò che ci si aspetta che sia, e ci si passa una buona serata.

PS: va detto che mentre lo guardavo, non sapendo l'anno d'uscita, credevo fosse un film in pieni anni '70! Il film regge da dio gli anni che ha.

domenica 12 settembre 2010

La donna del ritratto - Fritz Lang (1944)

(The woman in the window)

Visto in DVD.

Un tranquillo professore universitario incontra per caso la donna dei sogni (una donna ritratta in un quadro che lo ha molto colpito), e cocì, nonostante sia sposato, si lascia tentare e la segue a casa sua a vedere dei disegni; il loro rapporto è assolutamente onesto e solare e scevro da ogni pulsione sessuale... peccato che l'amante di lei arrivi in quel mentre, li sorprenda assieme e si avventi contro l'uomo. L'amante rimarrà ucciso per pura fatalità. Si disferanno del corpo, ma la polizia (e un ricattatore) staranno alle costole.
Questo film, ma soprattutto i primi minut con la lazione universitaria e il dilogo al club, è il manifesto dell'ideale di Lang sul confine sottilissimo fra innocenza e colpa, del potenziale assassino insito in ogni uomo, anche il più mite e dell'idea di destino. Tutto il film è un gioco, una corsa a ostacoli fra il tentare di non essere scoperti e la soddisfazione di farla franca; situazione in cui la fortuna (o la sfortuna) la fanno da padrone (e i questo ricorda abbastanza la deriva inglese di Woody Allen).
Robinson è nella sua parte classica (almeno nei film di Lang), ma seppure bravo stavolta non entusiasma.
Il film alla fin fine è buono, in costante mutamento dei rapporti di forza, in costante evoluzione e lo pseudo finale amarissimo, in cui l'uomo comune si rende conto di essere stato preso da forze troppo grandi per lui e decide attivamente di soccombere, è decisamente buono... peccato che poi a Lang gli venga un conato di buonismo e faccia finire il film in maniera banale (forse non per l'epoca però) e patetica. La scena in cui il finale cambia è però notevole, con un cambio di scena senza stacchi realizzato con un primissimo piano di Robison, un cambio di luce che illumina la stanza e il cambio dei vestiti dell'attore realizzati per l'occasione in maniera tale che potessero essere tolti senza che lui si muovesse dalla poltrona.

sabato 11 settembre 2010

Napoleon Dynamite - Jared Hess (2004)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Questo è un film che molto difficilmente può piacere, eppure mi ricordo che all'epoca fu un caso su Mtv (beata gioventù, all'epoca ancora la guardavo)... poi però nei titilo di testa vedo che è stata Mtv a coprodurlo e allora è chiaro un pò tutto.
Dicevo che è difficile che piaccia perchè pur essendo realizzato da dio è un film non chiaro; parla della vita di un gruppo di sfigati, dei nerd americani anni '80 ai limiti della società e a mala pena considerati dagli altri, tutti chiusi in se stessi senza doti particolari che li rendano "sfigati si, ma so calcolare la radice quadrato di 34534,98". Sono solo dei nerd, chiusi in se stessi, che comunicano a mala pena fra di loro. Il film è apertamente ironico dall'inizio alla fine, ma mai comico, non direttamente almeno, ed è questo che lo può rendere poco digeribila al grande pubblico.
Come dicevo è realizzato da dio, la cornice anni '80 è perfetta e pervasiva, ma realizzata in maniera sobria, in modo tale che ogni cosa trasudi 80s senza bisogno di metterci il poster dei Duran Duran o far vedere un tg con le elezioni di Reagan.
Per chi conosce lo stile di Hess qui si confermano (in realtà è il suo primo film) le tematiche (come si è detto personaggi sfigati senza possibilità di crescita, amicizie virili e gusto vintage), la fotografia molto curata, nonchè lo stile di recitazione che definire per sottrazione è un eufemismo, in realtà i personaggi principali hanno un espressione grottesca che non cambiano mai; si ha però una regia ben più dinamica che nel successivo "Nacho libre".
Più che un film, un esperimento, che verrà successivamente estremizzato nell'uso della macchina da presa (praticamente immobile), ma si ammorbidisce nei toni, dando al pubblico almeno un film comico e lo sfogo di una risata. Un cinema comunque particolare e, per il momento, unico

venerdì 10 settembre 2010

Il lamento sul sentiero - Satyajit Ray (1955)

(Pather panchali)

Visto in VHS, in lingua originale sottotitolato (malamente).

La storia dell'infanzia di Apu, personaggio a cui verranno dedicati altri 2 film successivi dando vita alla trilogia di film più noti ed elogiati di Ray; il film è reso con un interesse particolare per le piccole cose ed i piccoli eventi, con un ordine degli avvenimenti cronologico ma slegati gli uni dagli altri, come fossero proprio i ricordi dello stesso Apu e con un gusto per il naturalismo ed il dramma piuttosto importante.
Per essere onesto il film, come storia, mi ha piuttosto annoiato, per carità, è certamente interessante da un punto di vista storico/antropologico sulle abitudini di vita di una fam...bla bla bla...
Ciò che però sorprende è che il primo film del regista, nonchè il primo film indiano di una certa importanza, sia fatto così maledettamente bene. Ogni inquadratura è ragionata, ogni primo piano o figura intera trasmettono una bellezza inspiegabile e poi Ray si permetti di giocare pure con le panoramiche a schiaffo.
Il film non mi ha entusiasmato, ma mi invoglia a guardare il resto della trilogia per vedere cosa farà Ray...

giovedì 9 settembre 2010

Shrek, e vissero felici e contenti - Mike Mitchell (2010)

(Shrek forever after)

Visto al cinema.

Il quarto capitolo della saga (nonchè l'ultimo, forse) ha vita facile in quanto viene dopo il terzo. Quella che è un'ovvietà matematica è però una facilitazione non da poco nel caso specifico; e chi ha visto l'orribile terzo capitolo sa a cosa mi riferisco.
Il film è sostanzialmente dignitoso, fa ridere abbastanza e intrattiene per tutto il resto del tempo; ormai ha perso completamente la carica anarchica del capostipite. Nel primo infatti ci si impegnava per far vedere come nelle favole si possa fare a meno dei luoghi comuni, e il cattivo diventa il principe, il buono è l'orco e tutti vivono felici e contenti quando la maledizione viene spezzata nel modo più sbagliato possibile... qui invece è tutto un'ode alla famiglia...
La storia si incastra in parte in ciò che accade nel primo e rappresenta un utile "come sarebbe ndata se...".
Come si diceva, non è fondamentale come è stato il primo, non è divertente come il secondo, ma neppure è idiota come il terzo. Un film dignitoso, che soddisfa anche se può non dare entusiasmo e che, a mio avviso, conclude con gusto la saga... se davvero la conclude.

mercoledì 8 settembre 2010

12 - Nikita Sergeevič Michalkov (2007)

(12 razgnevannyh muzhchin)

Visto in DVD.

Remake a livello puramente nominale di "La parola ai giurati", film di per se notevolissomo tratto da un'opera teatrale magnificamente scritta. Puramente nominale perchè ne ruba solo l'idea di fondo (i 12 membri di una giuria che devono decidere della vita di un ragazzo apparentemente colpevole e vengono per questo chiusi assieme, tutto sembra deciso ma la testardaggine di uno dei giurati ribalta le cose).
Michalkov però cambia le cose, e parecchio anche. In primo luogo trasmorma il soggetto in una parafrasi della Russia, laddove l'originale voleva mostrare il mondo; cosa questa abbastanza prevedibile, volente o nolente Michalkov è terribilmente russo e non è mai riuscito a parlare di qualcosa che non fosse la madre patria (quindi il ragazzo diventa ceceno, mentre i giurati sono rappresentazioni dei russi dalle vestigia del passato, il figlio di un segretario del partito comunista, al presente proiettato nel futuro, il proprietario della rete televisiva).
Poi elimina il primariato di uno dei personaggi, nell'opera originale era uno dei giurati a guidare la cavalcata verso la salvezza del ragazzo, qui il dubbio parte da uno ed è lui che più avanti insisterà di nuovo, ma tutti collaborano alla ricerca della verità.
Inoltre dona al film una dimensione religiosa che l'originale non aveva, questo grazie al colpo di coda finale; e da anche un aura di amarezza e disillusione davvero notevole, poi Michalkov è un gran ruffiano è ci appiccica una scenetta che rimette in discussione il tutto e ridà speranza, ma vabbè lui è fatto così e si accetta.
Modifica leggermente la trama affinchè sia minimamente più credibile e questo è un bene.
Infine da a tutti i personaggi un loro momento, un monologo più o meno intenso che ridona umanità dando spessore ad ognuno.
Il finale come si è detto è diverso, più articolato, più amaro e decisamente migliore, anche se poi si svilisce con eccesso di buonismo.

Se poi si va a valutare la regia, non temo smentite se dico che questo è il capolavoro di Michalkov. Buon dio fa di tutto!!! Vogliamo parlare della fotografia perfetta? della camera che fa di tutto? della macchina da presa che segue il passero in una sorta di pseudo-soggettiva? della camera che segue i movimenti dell'attore come se fosse agganciata a lui (non ho mai capito come si chiam questa cosa) nel momento in cui l'attore da di matto? del montaggio che dona tridimesionalità e dinamismo alle scene (con scene ripetute da angolazioni diverse e con uno zoom indietro)? e ci sarebbe ancora da parlarne; tutto ciò che Michalkov ha mai fatto al cinema è in questo film, ma non tutto ciò che è in questo film lui l'aveva mai fatto (basti vedere l'incipit per capire).
Unico difetto sono quegli inserti tra una scena e l'altra, utili a separare momenti diversi, ma oggettivamente pesanti, ancora ancora ci stanno quelli in cui si vede il ragazzo in prigione, che si muove o balla per scaldarsi, ma l'infanzia del protagonista diventa una palla al piede dopo un pò.

Un film eccezionale che non mi sarei mai aspettato così grande, anche se sono un estimtore di Michalkov.

PS: considerando che tocca la questione cecena e che non risparmia battute o critiche nè al partito comunista nè all'attuale modello liberale, mi chiedo come abbia fatto a non essere censurato, e anzi, a ricevere finanziamenti statali russi...

martedì 7 settembre 2010

Le notti di Cabiria - Federico Fellini (1957)

(Id.)

Visto in DVD.

Fellini torna di nuovo al solito tema, all'umanità nascosta nei bassifondi, all'ingenuità di un personaggio solare, calato nelle brutture quotidiane (questa volta la Masina è addirittura una prostituta) alle quali risponde cercando costantemente la salvezza, senza mai darlo a vedere.
Il film si compone di episodi disgiunti quasi indipendenti, tutti tesi ad indirizzare lo spettatore verso la comprensione della protagonista e del suo celato bisogno di fuggire.
Il film (che personalmente apprezzo meno dei precedenti) si muove con la leggerezza di una fiaba, ma per la prima volta introduce l'idea di una società dell'apparenza, dei lustrini, che però marcisce dentro, senza riuscire a comprendersi, tema che verrà ampliato ed esploso nel successivo "La dolce vita". Il personaggio principale poi, pur nella scia di tutti i precedenti risulta meglio caraterrizzato, e sembra un connubio tra la sognante Amélie e la Rossella O'Hara che continua a rinascere dalle sue ceneri.
Il film ottenne un successo imbarazzante e lanciò la Masina, che, c'è da dirlo, è nel suo personaggio nella maniera più assoluta, ma anche stavolta risulta un poco forzata, un poco sopra le righe senza darne motivazioni (come poteva essere il ritardo mentale ne "La strada"), ma innegabilmente funziona.
Il film si fa ricordare soprattutto per il finale; la scena dell'ultimo inganno è quanto di più alto si possa trovare nel film e di sicuro una delle scene più empatiche di tutta la carriera di Fellini, mentre la scena successiva, quella del gruppo di ragazzi che cantano e suonano attorno alla Masina moralmente distrutta è di una grazia tale da fare impallidire e contiene in se tutto il linguaggio del regista. Nota d'encomio per Amedeo Nazzari che interpreta un divo del cinema un poco imbolsito e forse in declino (ma certamente solitario) non senza una buona dose di autoironia.

lunedì 6 settembre 2010

Fury - Brian De Palma (1978)

(The fury)

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Questo è un film cronenberghiano (ci sono esp, persone che volano con la forza del pensiero, sanguinamenti gratuiti e reiterati, persone che esplodono, medici cattivi al soldo del governo che fanno esperimenti senza cuore) in tutto e per tutto, e come i peggiori film del regista canadese riesce ad essere terribilmente noioso e sopra le righe, ma non essendo stato fatto da Cronenberg non assume nessun significato aggiunto, non trasmette un senso generale si insalubrità o anche solo vera tensione, non giustifica quasi nulla di ciò che fa e le cose accadono per caso. Tutto è sopra le righe, eccessivo ed inutile. Anche Kirk Douglas... soprattutto Kirk Douglas.
Dietro la macchina da presa De Palma non da di matto come al solito, crea i soliti movimenti sinuosi e le inquadrature originali, mostra ciò che deve attraverso dettagli o il solito pnfocus, ma il tutto in modo più rilassato rispetto al solito... e per un film esagerato e poco credibile in ogni punto, questa è una scelta sbagliata. Vuoi esagerare? allora esagera anche nella regia! Vuoi convincermi ad arrivare all'inutile finale? allora dammi qualcosa in cambio! Fammi dei movimenti impossibili o impensabili!
E invece...
Mio chiedo come Douglas e Cassavetes abbiano potuto accettare di fare un film del genere... ma forse era un argomento di moda negli anni '70.

domenica 5 settembre 2010

La fossa dei serpenti - Anatole Litvak (1948)

(The snake pit)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Splendido film sulla follia e sul manicomio, tra i più onesti in questo campo, non ancora avvelenato dal luogo comunque libertario anni 60-70 della malattia mentale come diverso (e migliore) modo di vedere il mondo e che trasforma direttamente la psichiatria in una propaggine del demonio.
Questo film cerca invece di mostrare tutti i punti di vista; mostra infatti l'opinione del paziente nei confronti dei medici, delle strutture e della sua stessa malattia, del suo tentare di venirne fuori, delle sue sofferenze, della fiducia o sfiducia nelle metodologie mediche; ma viene mostrata anche la diversa consapevolezza dei medici, che risultano quindi non tutti ottusi o cattivi a livello del nido del cuculo (anche se la maggior parte si, ma ci si accntenta); e poi il rapporto con i pazienti, le metodologie usate (dell'epoca) senza troppi sensazionalismo, il transfert ecc...
Un film decisamente buono, che mostra un argomento nel modo più onesto possibile (fermo restando la drammattizzazione), e ci piazza pure qualche inquadratura ad effetto per far capire che Litvak non è l'ultimo arrivato.
La trama si muove con stile, con giusto un abbassamento del ritmo dopo la metà che viene presto recuperato, portando chi guarda a fare il tifo per la ottima Olivia de Havilland.

venerdì 3 settembre 2010

L'ultima donna sulla terra - Roger Corman (1960)

(Last woman on Earth)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato.

Un uomo d’affari americano, sua moglie e il suo avvocato si ritrovano fortuitamente gli unici sopravvissuti din un disastro inspiegabile; l’aria è scomparsa e con essa la razza umana. In realtà si trovano a Portorico e non sanno se qualcun altro si è salvata.

Per riuscire a sopravvivere l’uomo d’affari prende in mano la situazione e si incorona leader del gruppo… chiaramente una società fatta da due maschi ed una sola femmina non ha molte prospettive di andare avanti, le personalità i scontreranno e la situazione esploderà.

Horror psicologico che mette in scena il lato oscuro ed egoistico dell’uomo, con dialoghi non eccezionali, ma un’idea di fondo magnifica e ben direzionata a toccare tutte le questione principali sul tema. Con superba arroganza Corman non risponde a nessuna domanda (cos’è successo non si saprà mai, ma i personaggi non sembrano neppure intenzionati a scoprirlo, intenti come sono a sopravvivere), semplicemente mette in scena l’animo umano, e senza bisogno di mostri in gommapiuma.

Con il classico piglio sicuro alla regia e location non eclatanti, ma adatte, Corman da vita ad uno dei suoi film migliori.

giovedì 2 settembre 2010

Splice - Vincenzo Natali (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Una coppia di biotecnologi creano un mutante in parte umano. Nella donna nascono i più banali istinte materni, mentre l’uomo cerca di fare l’unica cosa che un uomo decente può fare di fronte alla maternità, cerca di uccidere la creatura… poi quando la bestia diventerà un gran bel tocco di mutante le relazioni cambieranno notevolmente.

Film di quel genio della fantascienza fatta in 2 stanze che è Natali (si veda l’imprescindibile “The cube”) con il fondamentale apporto di Del Toro (la creatura è realizzata da dio sotto ogni punto di vista, tecnico, visivo e sonoro). Ovviamente non siamo ai livelli del capolavoro del regista canadese (è un fil troppo fighetto), ma vien messa tutta la carne al fuoco più seria e scottante sull’argomento trattato: quindi ci si trova davanti al classico rapporto tra creatore e creatura portato ad ogni limite immaginato, all’utilizzo dell’ingengeria genetica ed hai limiti che questa dovrebbe avere, ma anche a considerazioni morali meno banali (quanto quela creatura può essere considerata umana? Farci sesso è una perversione al pari della zoofilia oppure una possibilità non disprezzabile? Se la si ritiene umana, in che momento può essere considerata tale?).

Poi viene la scena in cui i due vermoni si squartano a vicenda e la domanda “E Cronenberg cos’avrebbe fatto?” diventa pressante. Ma Cronenberg non è più nelle corde di un film del genere e poi Natali, sostituisce il potere visionario del collega con il festival del Nerd. Quindi la ditta per cui lavorano si chiama proprio N.E.R.D., Brody indossa magliette una più da loser dell’altra e la creatura viena chiamata Dren…

Un buon film, che appassiona e convince, non sarà “La mosca”, ma nel suo genera fa la sua porca figura.

PS: con che coraggio poi si sceglie Brody come protagonista in un film di mutanti senza considerarlo per la parte della creatura….

Il trono di sangue - Akira Kurosawa (1957)

(Kumonosu-jô)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato.

Per togliersi di dosso ciò che di deleterio succede nel mondo, non c'è nulla di meglio di un film di Kurosawa, e soprattutto Trono di sangue. Semplicemente riappacifica.
Il film è il Macbeth in versione medioevo giapponese, e giusto per non sembrare banale Kurosawa pensa bene di utilizzare gli stilemi (il trucco evidentissimo, lo stile di recitazione a tratti caricaturale) del teatro No giapponese, unendolo ad una regia geometrica e precisa da fare impressione. Il tutto poi si svolge in ambienti essenziali, che servono più a far muovere gli attori e la macchina da presa che non a descrivere una ambiente.
Le scene cardine sono innumerevoli, io personalmente adoro la comparsa/scomparsa del fantasma al banchetto, dove il tutto è permesso da dei carrelli spigolosi e precisi, oltre che dalla fisicissima interpretazione di Mifune.
Altro punto decisamente a favore è la creazione del personaggio di Lady Macbeth, quasi sempre immobile è l'antesignano dei moderni fantasmi orientali al cinema, glaciale, anzi spettrale, su tutte regna la scena in cui va a prendere il veleno e sembra ingoiata e poi risputata fuori dalle tenebre.
Beh si ovviamente ottimi gli attori, ma non c'è neppure bisogno di precisarlo.
Un film larger than life, assolutamente perfetto, in cui ogni dettaglio è ragionato e quando si arriva alla scena finale con Macbeth colpito da un mare di frecce (un pover'uomo vittima degli eventi più che della sua sete di potere) non si può trattenere una standing ovation.

mercoledì 1 settembre 2010

Il fantasma del castello - Tod Browning (1927)

(London after midnight)

Visto in Dvx.

Quello che non sapevo, ingenuamente, prima di vedere questo film è che l'unica copia rimasta fu distrutta in un incendio nei magazzini della MGM negli anni 60 (incendio che costò la vita a diverse copie uniche dell'epoca del muto)... questo film è il figlio di un'attenta ricerca di foto di scena o pubblicitarie incollate insieme seguendo la sceneggiatura originale ad opera di un certo tizio nel 2002 o nel 2003...
Beh, quello che si può vedere quindi non è un film, ma una serie di foto messe una di seguita all'altra, spesso spezzate (cossichè si possa utilizzare il dettaglio di una foto in momenti diversi del film) e spesso con la camera che ne riprende una porzione per poi muoversi inquadrando la foto per intero cercando di imitare un film... ma questo non è un film, nè è una ricostruzione de "Il fantasma del castello" originale; riduce il tutto al trucco e ad un paio di scene realizzate spesso per puro spot, eliminando completamente la recitazione (e da quel poco che si vede si intuisce la solita titanica prestazione di Lon Chaney), la regia, ma anche la messa in scena.
Questo non è il film di Browning se non nominalmente, e il fatto che qualcuno abbia finanziato questa risulta inconcepibile, che cosa si sperava di ottenere? chi dopo aver visto questa patetica ricostruzione può dire di avere anche solo un'idea del film originale?

PS: per la storia, notizie più o meno tecniche rimando qui.