domenica 20 marzo 2011

La locanda della felicità - Yimou Zhang (2000)

(Xingfu shiguang)

Visto in DVD.
Un operaio con le pezze al culo tenta di fidanzarsi con un’arpia di donna, ma ci guadagna solo di prendersi cura della di lei figliastra… peccato aver fatto credere a tutti essere il proprietario di un hotel, ora deve far credere a lei di farla lavorare in un centro massaggi, per fortuna è cieca… con un gruppo di suoi amici costruisce una stanza ad hoc in una fabbrica abbandonata e a turno li fa andare sotto le mani della ragazza… vuoi vedere che lei ha trovato il suo padre perduto in questo sconosciuto? Peccato che il destino non sia favorevole.

Favola della miseria che ricalca molto Chaplin (si veda “Luci della città”), ma che nell’utilizzo di comprimari in massa sembra riecheggiare un poco i film Capreschi. Favola ironica ma dal finale amaro, che non rinuncia a lasciare il dubbio nello spettatore.

Zhang Yimou confeziona un film delicato con dei colori delicati quanto la storia, il tono è nettamente diverso dagli altri film del regista, ma lo sguardo verso il basso della scala sociale, la storia fatta di rapporti umani mostrati e non spiegati e la Cina che viene esposta è quella della miseria non della gloria; si insomma il tono cambia ma Yimou è sempre lui.

La trama inoltre non si ferma allo svolgimento dei fatti, ma è una storia di menzogne tenute in piedi fino allo stremo, a metà via tra un discorso sul cinema come fabbrica di bugie e le tendenze di un regime a mantenere vive apparenze sopra una voragine vuota.

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