lunedì 30 aprile 2012

Biancaneve - Tarsem Singh (2012)

(Mirror mirror)

Visto al cinema.

La storia di Biancaneve reinventata in chiave 2.0, dove lo specchio magico è un sortilegio dalla doppia faccia, dove i nani sono dei freak esclusi dalla società che si danno al brigantaggio, dove il principe azzurro è un belloccio senza nerbo e dove Biancaneve si mette a capo della rivolta popolare contro la strega cattive…
Credo di poter riassumere quello che penso di questo film dicendo che odio Tarsem. Si perché questo film ha gli stessi pregi e gli stessi difetti di tutti i precedenti del regista.

Pregi sono la messa in scena ed i costumi. Le ricostruzioni dei palazzi sempre con un gusto più orientale che si unisce perfettamente con l’estetica disneyana (addirittura il mostro finale è un drago cinese classico rivisto in chiave zoologica), mentre i costumi di Eiko Ishioka sempre rielaborazioni originali ed esagerate di idee classiche.

I difetti sono sempre gli stessi… la sceneggiatura. Credo siano un gruppo di scimmie a scrivere gli script per Tarsem, perché sono sempre con un ritmo altalenante, un obbiettivo mai chiaro, una susseguirsi di eventi che non hanno sempre un motivo ed una ripetizione poco originale delle stesse scene.
Qualche punto in più ce l’avrebbe questo film; è ironico e qualche volta riesce pure a fare ridere, ma sfortunatamente meno di quanto dovrebbe; ci sono ben sette nani(!), che però vengono sfruttati male in maniera macchiettistica ed infantile; e c’è Sean Bean… credo avesse bisogno di soldi…

In definitiva è forse il suo film più godibile… ciò non significa che sia un buon film tout court.

PS: il finale in stile bollywood (splendidamente realizzato e incastrato nel film, tanto da poter essere paragonato solo al tip tap di Zatoichi) è un tocco di classe, ma non giustifica un intero film.

PPS: anche i nani che citano i magnifici sette non sono male...

venerdì 20 aprile 2012

Fluido mortale - Irvin S. Yeaworth Jr. (1958)

(The blob)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in italiano.
Un liquido vischioso venuto dallo spazio si nutre degli esseri umani diventando sempre più grande, ma quel che è peggio è che sembra indistruttibile.
Ingenuo film anni ’50 incredibilmente ben realizzato, sia come trama (non eccezionale, ma non ha i classici voli pindarici), sia, soprattutto, come realizzazione (la realizzazione del blob con del silicone, così come i suoi attacchi al cinema e al fast food fatti con dei modellini sono molto credibili); sia, infine, come personaggi, dove pur ei secondari sono incredibilmente ben delineati nonostante non ci sia Mankiewicz alla sceneggiatura.
Inoltre è questa la prima apparizione di McQueen in un film e bisogna ammettere che ha veramente una faccia qualunque e che come attore non ci sapeva fare. Trivia, nella scena dell’incontro fra McQueen e la ragazza nel giardino dalle spalle del protagonista si vede levarsi del fumo, perché Steve stava nascondendo una sigaretta dietro la schiene che fumava fra un ciak e e l’altro.
C’è anche da dire che questo è il primo film in cui un mostro attacca un cinema (…ne sentivamo il bisogno), tradizione che da allora si è propagata almeno fino a “Mant”.
L’idiota canzone dei titoli di testa “Beware of the Blob”, hit dell’epoca, fu il primo successo di uno sconosciuto Bacharach… come a dire che blob ha fatto del bene a tutti nel mondo dello spettacolo.
Negli anni ’70 ebbero la folle idea di dargli un seguito, mentre negli ‘80s pensarono bene di realizzare un (brutto) remake.

mercoledì 18 aprile 2012

La casa di Dracula - Erle C. Kenton (1945)

(House of Dracula) aka La casa degli orrori.

Visto in DVD.
Il quinto film della Universal su Dracula (dopo “Dracula”, “La figlia” e “Il figlio” ci sarebbe stata “La casa di Frankestein” che sto cercando di recuperare); nonché il secondo film reunion dei mostri classici (dopo la già citata casa di Frankestein) e sempre il secondo film in cui il conte è interpretato dall’ossuto e anemico John Carradine. Scelta che sulla carta potrebbe funzionare (e dopo il tracagnotto e buffo Lon Cheney Jr è decisamente un passo avanti), ma che nella realtà non trasmette un solo grammo di fascino o di emozioni di qualunque tipo. D’altra parte Dracula (nonostante il titolo italiano) è solo un comprimario e direi anzi che è in secondo piano.
La storia è quella di uno scienziato che si trova a dover curare quasi in contemporanea Dracula e l’uomo lupo (i cui goffi panni sono di nuovo vestiti da Lon Cheney), inciampa sul corpo della creatura di Frankestein e per un morso di troppo diventa una specie di Dr Jekyll.

In definitiva un’accozzaglia inutile di situazioni sempre al limite del WTF? (limite spesso valicato), che non appassiona a nessun livello e non riesce portare a termine neppure una storia in maniera accettabile (Dracula semplicemente se ne va). Decisamente un riempitivo più che un film.

Ho visto di peggio: Van Helsing (almeno questo film dure poco).

lunedì 16 aprile 2012

Agente Lemmy Caution, missione Alphaville - Jean-Luc Godard (1965)

(Alphaville, une étrange aventure de Lemmy Caution)

Visto in DVD. In un non lontano futuro interplanetario, la tecnica prende il sopravvento sui sentimenti che vengono relegati all’illegalità; un agente segreto cercherà di combattere questa società e riuscirà a portare con se una prostituta fornitagli dal sistema.

La storia quindi è piuttosto banale e prevedibile; il tutto condotto con un piglio petulante e noioso che si fa carico del “tema”… ecco forse è questo l’enorme problema, il tema, il concetto che il film vuole pretestuosamente imporre in ogni dove con trovata affascinanti (i numeri scritti sulle donne), eccessive (la voce del computer), simboliche (un po tutto in realtà, come anche l’SS dell’ascensore) o semplicemente noiose. Il tema è il filo conduttore che si mangia la trama ed il ritmo, tutte cose immolate all’idea che la funzione “sociale” del film debba essere davanti alla parte scenica. E allora ecco che si assiste alla solita, patetica, carrellat di geremiadi contro la vita moderna, la spersonalizzazione, la morte dei sentimenti in favore della tecnica… sembra di leggere la pagina della cultura di in un giornale di provincia dove il solito vecchio giornalista si scatena contro la tecnologie ed i giovani d’oggi…

Il tutto coronato da musiche drammatizzante davvero eccessive e male applicate alle immagini.
Ancora una volta, però, vengono mostrate le indubbie Godard alla regia; mille le idee, le inquadrature particolari, le trovate e le rappresentazioni di una macchina da resa e di un montaggio dinamicissimi (non inventa nulla, ma assembla benissimo); non si possono fare esempi perché quasi tutto il film è costituito da immagini studiate e splendidamente realizzate. La vera novità è l’uso della luce (Godard disse che questo era un film sulla luce) che diventa centrale in molte scene e che, alternanta con le ombre, determina il taglio di quasi tutte le scene.

venerdì 13 aprile 2012

Cittadino dello spazio - Joseph M. Newman (1955)

(This island Earth)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese. Un miliardario dalla fronte carenata assume un pool di scienziati superintelligenti e li porta in un psoto idilliaco per creare l’energia nucleare definitiva… inutile dire che il miliardario dalla fronte carenata è in realtà un alieno dalla fronte carenata e multilingue.
Solito film di scifi anni ’50 che introduce in realtà gli alieni buoni (o che potenzialmente lo sono), tendenzialmente amichevoli (almeno fino ad un certo punto), decisamente non mostruosi (brutti si, ma antropomorfi).

Detto ciò il resto è classica naivitè dei fifties; su tutto vince il fatto che l’alieno, mentre il suo mondo sta per essere distrutto ha in mente solo di riportare i due umani sulla terra, fregandosene di salvare i suoi.

mercoledì 11 aprile 2012

La battaglia dei tre regni - John Woo (2008)

(Chi bi)

Visto in Dvx. La Cina c’ha soldi e manodopera e da un po’ vuol dimostrare d’avere pure tecnica; quindi ha telefonato a tutti i registi cinesi più fighi e gli ha detto che gli dava paccate di miliardi se gli faceva film storici esaltanti la nazione. I registi giustamente han risposto di si. Yimou è chiaramente la punta di diamante di questo sistema, ma pure John Woo non è di poco conto…

Questo film parla del secondo priodo della Cina unita, dopo che l’imperatore di Qin (quello di “Hero”) decide che devono stare tutti “sotto un unico cielo” unisce per la prima volta tutta la Cina sud-orientale in un’unica nazione. I tre regnanti però son litigiosi, specie quello del nord e vuol dare il benservito agli altri due. I due si uniranno per sconfiggere il cattivone.
Epopea enfatica e prevedibile oltre ogni dire che dure ben più di due ore. Per fortuna che i film cinesi si fanno riconoscere per una costruzione estetica maggiore della nostra; soprattutto se si parla di film storici. Sarà che il nostro medioevo è un’epoca di fango e sangue, mentre il loro è costellato da seta canne di bambù; ma loro quando ne fanno un film il film è sempre gradevole. Questo Redcliff non ne è esente; certo il comparto fotografico è decisamente più smorto delle opere di Yimou, ma non si può pretendere troppo.

La storia si dipana abbastanza svelta con alcuni momenti di calma solo parzialmente noiosi (d’altra parte in 2 ore e mezza se metti del chiacchiericcio il ritmo rallenta per forza), ma compensa con adeguate scene d’azione, niente di memorabile, ma tutte ben fatte, con un utilizzo degli effetti speciali decisamente alla’altezza dello scopo, un’amicizia virile cripto gay che percorre tutta la trama e un buon numero di colombe (o piccioni) che volano. In una parola c’è abbastanza. In una parola c’è abbastanza John Woo in questo film per farselo piacere; non inventa nulla, non crea nulla, ma fa passare le sue 2 ore.

lunedì 9 aprile 2012

Drive - Nicolas Winding Refn (2011)

(Id.)

Visto in DVD.
Ormai ne han già detto di tutto, quindi mi limiterò al minimo.
Intanto è un bel film. Si inserisce decisamente nell’ultima serie di opere di Refn, quelle geometriche, asettiche, precise nella messa in scena quanto nella regia. Al contrario del precedente “Vahlalla Rising” però riesce a non strafare, rimane nel seminato dall’inizio alla fine e pur presentando un protagonista superomistico (di fatto arriva nel momento del bisogno e spacca tutti senza esserne minimamente toccato) non esagera nel new age.

Come regia si è detto. Precisa come un coltello inquadra quello che deve essere mostrato con esattezza. Quello che più colpisce in questo caso è l’uso delle luci. L’aumento o la diminuzione di luminosità così come il colore delle luci veicolano significati molto più dei scarni dialoghi.
La vera aggiunta che Refn fa in questo film rispetto al suo stile è l’aver eliminato ogni inserto puramente estetico (che era il valore aggiunto di “Bronson”), ma crea scene oniriche, piccole sequenze che si staccano nettamente dal contesto in cui sono inserite per qualche secondo, in modo da mostrare qualcosa di nuovo prima che il contesto torni ad esplodere (su tutte la famosa scena dell’ascensore) ed è in queste sequenze che l’uso delle luci si fa evidente.
Infine, come sempre, la location diventa parte integrante del film. Anzi in questo caso direi che Los Angeles è mostrata in maniera integrale nella sua essenza (il mondo del cinema, i palazzi, i canali, ecc) senza fronzoli o eccessi eclatanti.

Infine i lati negativi ci sono. Personalmente non ho mai considerato Ryan Gosling, né in positivo né in negativo, ma gli va dato atto di essere stato completamente in parte; quello che è negativo è il suo personaggio, eccessivamente inintelligibili, e il ritmo scarno e i lunghi silenzi sono un po troppo scarni e lenti. Le scene d’inseguimento sono magnifiche scene coreografiche nello stile asciutto di Refn, ma non possono minimamente essere considerate scene d’azione.

PS: strepitoso cast di comprimari che rappresentano il meglio di quanto ci sia in circolazione al momento.

PPS: dato che me lo son perso in sala, solo una grande forza di volontà ha potuto farmi attendere fino all’uscita del DVD. Credo che siano passati 3 o 4 mesi… e dopo si pretende che la gente non scarichi.

venerdì 6 aprile 2012

Orfeo negro - Marcel Camus (1959)

(Orfeu negro)

Visto in DVD. Quella di Orfeo è forse la storia classica più declinata nel cinema. Anche in questo caso non ci sono delle gran differenze; la trama è condotta come deve essere; posta però, stavolta, in un ambiente quanto mai distante, il Brasile, durante il carnevale.

Prima di tutto un encomio. La trasposizione è fantastica; la storia viene modificata
adeguatamente per adattarsi al nuovo contesto senza che ne venga snaturato il senso e senza pretese di metterci dentro tutto e tutti; unica nota naif è l’aver tenuto i nomi originali (c’è pure un cane che si chiama Cerbero). Che il merito sia di Camus (Marcel, non Albert; regista, ma anche co-autore della sceneggiatura) non è dato sapere. Il plot ha però un grandissimo probelma, i dialoghi. Sono idioti, ripetitivi e senza un grandissimo senso… che la colpa sia di Camus non è dato sapere.
Altra nota positiva sono alcune delle idee visive sono altresì gradevoli, come il costume della morte, essenziale e moderno.

Il vero problema però è questo estenunte tentativo di mettere il folklore locale nella trama. Sono d’accordo che avendolo ambientato in Brasile bisogna mostrare qualcosa di brasiliano, ma non è che attaccandoci le cose a forza la storia ne guadagni; non viene fatto un uso costruttivo dell’ambientazione (come diceva Hitchcock, non c’è un uso drammatico della location); in questo modo si riduce il tutto ad uno spot del posto fato con molta ingenuità ed un buon grado di quella superiorità arrogante che spinge un europeo a mostrare il buon selvaggio. Fra tutto la cosa decisamente più irritante è che tutti ballano; sempre, in ogni situazione; anche quando camminano per andare a comprare un vestito, ballano e c’è sempre un orchestra da qualche parte che suona; la cosa è talmente eccessiva che la sequenza sul tram mi ha ricordato fortemente “L’allenatore nel pallone”, il primo incontro con il personaggio di Giginho.

giovedì 5 aprile 2012

Omicidio! - Alfred Hitchcock (1930)

(Murder!)

Visto in DVD.
Un giallo classico, in cui per un omicidio viene accusata (e condannata) un’innocente. Un attore, che era parte della giuria che la condannò, si fa carico di dimostrarne l’innocenza e si mette ad indagare.
Strutture banale per un genere che non è propriamente quello di Hitchcock, di fatto non c’è una sola scena di tensione dato che la trama non la permette. La regia da un po il meglio di se con alcuni brevi carrelli molto schematici che mettono in chiaro le scene o le strutture delle stanze. Le vere idee originale (almeno al cinema) però sono i pensieri degli attori resi con voce fuori campo e le voci fuori campo vere e proprie che sottolineano quello che sta accadendo nella stanza a fianco (la condanna del tribunale) o sottolineano il mood delle scene mostrate (la sequenza dei preparativi dei due attori che si vestono per andare all’invito a pranzo); tutte situazioni già presenti nel teatro, ma che vengono introdotte al cinema a circa un anno dall’invenzione del sonoro (chapeau). Bella anche l’idea del pavimento molle per descrive la tensione del personaggio.
Per il resto, come si è detto, il film non trasmette molto; la scoperta dell’assassino non interessa più di tanto e anche il ritmo latita. Solo per appassionati.

martedì 3 aprile 2012

Sunshine - Danny Boyle (2007)

(Id.)

Visto in DVD. Il sole si sta spegnendo, l’unica possibilità è sganciare una bomba atomica al suo interno per creare una sorta di mini big bang che lo riaccenda, anni prima una missione identica finì nel nulla; ora l’ultima mega bomba, fatta con tutti i materiali rimasti sulla terra è l’ultimissima possibilità.
Ovviamente ormai lo spazio è un luogo estremo dove gli uomini ritrovano se stessi, impazziscono, vengono alla resa dei conti gli uni con gli altri (un po come il deserto). Questo film non fa eccezione. Ma lo spazio è anche una zona adatta all’orrore fisico e psicologico, alla morte atroce e solitaria (come già in Alien). Questo film non fa eccezione. Infine lo spazio è un luogo dell’anima, dove esperienze scientifico/metafisiche e lisergiche incornano l’apice (come già in 2001 o in Solaris). E questo film non è da meno.

Si insomma sembra che Boyle non sappia bene che strada prendere e nel dubbio el prende tutte. A dire il vero tutta la parte iniziale funziona, quella dove sono solo degli uomini messi di fronte all’ignoto e ad un compito sconosciuto e più grande di loro devono prendere decisioni da cui deriverà la vita o la morte degli esseri umani. Dico funziona, perché si soffre con loro, li si comprende, si partecipa al loro stato d’animo. E poi Boyle è bravo, ruba l’estetica un po da tutti i film che gli vengono in mente (Stalker e Alien sono riconoscibili), ma la utilizza bene e intrattiene con stile.

Poi arriva l’orrore (quando scoprono la nave perduta). E secondo me ancora funziona, anche se un po meno. La tensione c’è, le scene inquietano (soprattutto la presentazione del “mostro”), la sospensione dell’incredulità tentenna in più punti, ma poi si lascia travolgere dagli eventi. Qui Boyle dimostra di saper gestire meno la situazione; in quanto modi diversi si p non mostrare il villain? A Boyle ne viene in mente sostanzialmente uno solo, sfuocare l’immagine; idea credibile all’inizio quando il protagonista è abbagliato dal sole, ma poi comincia a rompere parecchio. Carina l’idea di non vederlo mai, ma poca la fantasia su come realizzarlo.

Infine la terza parte, il viaggio metafisico al centro del sole con show down finale del nemico… mah. Qui il film collassa del tutto. Già è difficile accettare il finale di “2001 Odissea nello spazio”, ma almeno c’erano delle cose originali; qui invece è tutto un rimasticare Escher, rivedere quanto al fisica ha da offrire ai fricchettoni e cercare di far sembrare il tutto una cosa profondissima… si insomma sembra “S. Darko” che fa piovere ipercubi dal cielo.

Se Boyle avesse preso qualche decisione in più e avesse copiano meno a mani basse il film sarebbe stato veramente buono, soprattutto perché dall’inquietudine che riesce a dare in certi momenti ci si libera a fatica.

lunedì 2 aprile 2012

La rabbia giovane - Terrence Malick (1973)

(Badlands)

Visto in Dvx.
Un ragazzotto troppo ganzo (Martin Sheen) si innamora di una ragazzotta di provincia (Sissy “CarrieSpacek); dato che ha la pistola facile ammazza per sbaglio cani, persone, cose e pure il padre di lei. Più innamorati di prima fuggono insieme e continuano ad ammazzare animali, cose e persone a uso ridere. Quando l’amore finirà, finirà pure la loro avventura.

Insensato e molto comico (involontariamente) ragionamento sui ggiovani d’oggi fatto negli anni ’60. Se visto con il giusto gruppo di persone e/o con la giusta dose di birra il film è decisamente divertente, altrimenti rischia di essere abbastanza noioso. La palese intenzione intellettuale completamente ammazzata dalla trama malcostruita, dai dialoghi spesso idioti e da due personaggi fatti malissimo. Se più ci si aggiunge che Malick non risplende per fantasia o estetica (come farà più avanti… molto più avanti), direi che abbia il quadro completo.

PS: la trama è tratta da una storia vere che anni dopo ispirerà "Natural born killers"... che differenza neh?