lunedì 7 gennaio 2013

L'ascensore - Dick Maas (1983)

(De lift)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Sono talmente sul pezzo che prima di vedere questo film ne ho visto il remake americano fatto da Maas stesso oltre 15 anni dopo… quindi paragonerò questo film all'altro e non viceversa.
Detto ciò la storia è la stessa; in un grattacielo cominciano ad esserci strani, e frequenti, incidenti con gli ascensori, il tecnico incaricato di controllarne la parte meccanica rimane sempre più coinvolto nella cosa finché, grazie all'aiuto di una giornalista, scoprirà che cosa sta succedendo.

È incredibile notare che questo sia il migliore tra i due film. Nonostante le tecniche siano avanzate notevolmente (e quindi più possibilità d’effetti speciali), nonostante un budget chiaramente più alto e nonostante il ripetere delle stesse scene (e quindi vien spontaneo smussare gli inevitabili difetti) il remake sia un boiata senza possibilità di salvezza, mentre questo film sia decisamente buono.

Per carità, rimane un horror tecnologico/metafisico anni ’80 a budget ridotto con tutti gli attori che si ostinano a parlare in olandese, ma al netto di tutto ciò rende decisamente meglio del cugino americano. Dirò di più, l’ambientazione anni ’80, con tutte le loro problematiche di gestire la grande incognita tecnologica rappresentata dall'evoluzione dei neonati computer, il rapporto fra uomo e macchina che tanto affascinò metà della cinematografia scifi dell’epoca e pure quel tocco ingenuone così eighties a cui si perdona tutto, rendono decisamente più credibile il finale che, tutto sommato, si discosta di poco da quello della controparte made in USA.

La qualità migliore del film è però in tutto il resto, in una ambientazione credibile, e non kitsch come nell'altra; in una serie di personaggi che hanno una personalità, dei problemi, una vita e non sono solo le vuote creazioni di uno sceneggiatore strafatto di film di serie B (il protagonista deve gestire un ascensore assassino, un matrimonio in bilico e il figlio che ha una voglia matta di prendere delle sberle); la sceneggiatura è decisamente più compatta, meno voli pindarici ingiustificati, meno salti poco credibili e meno scene clou (di fatto si vede pochissimo in questo film, giusto una testa mozzata, e pure male, ma in confronto al pessimo uso del computer e alle idee dementi del remake questo minimalismo è un toccasana). Infine si vede che Maas qui ci credeva sul serio, ci prova a fare del suo meglio e in alcune occasioni riesce pure ad ottenere qualche punto in più (buona tensione nel finale dentro al vano dell’ascensore; esteticamente splendida la sequenza dall'ascensore che “gioca” con la bambina, degna di “Shining”).

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