venerdì 30 agosto 2013

Bakjwi - Chan Wook Park (2009)

(Id. AKA Thirst)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un prete coreano amato da tutti decide di offrirsi come cavia per un vaccino contro una malattia mortalissima tra i missionari. Delle cavie sarà l’unico a sopravvivere, ma una volta rientrato in Corea si renderà conto di essere diventato…un vampiro…

Trama che sta tra l’idiozia ed il genio e personalmente quando nel 2009 sentii parlare di questo “nuovo” film di Park ne fui entusiasta… e volendo a livello di virtuosismo della regia, beh li ci siamo. Abbandonato per sempre lo stile secco di "Mr Vendetta" e senza avere i guizzi di puro genio di "Old boy" e "Lady Vendetta" riesce comunque a mantenere un ottimo ritmo con inquadrature non convenzionali, movimenti di macchina continui che vanno da ampie carrellate a piccoli movimenti che girano completamente l’inquadratura… però il film fa schifo lo stesso.
Si perché il film parte come un film di contagio, poi melodramma con amore proibito (tipo uccelli di rovo immagino… anche se non l’ho mai visto) e agnizione, poi noir peso, poi pseudo horror senza convinzione, poi di nuovo drammone in stile fantasy. Il film non si decide mai a quale genere appartenere, li tocca tutti senza sfruttarli fino in fondo (la convivenza autodistruttiva a tre con madre inferma era un soggetto bellissimo che poteva sostenere un film da solo per esempio) e scartando di lato quando ormai ci si è abituati; il ritmo è buono, ma l’incertezza sfocia spesso nella noia.

Vabbè, si sa che Chan Wook ogni tanto deve fare una cazzata perché ci tiene, se lo si perdona per “I’m a cyborg, but that’s ok” lo si può perdonare anche per questo… ora devo solo recuperare “Stocker”.

lunedì 26 agosto 2013

American dreamz - Paul Weitz (2006)

(Id.)

Visto in tv.

Non so perché l’ho voluto guardare… non so perché, ma mi dava fiducia…
Invece il film tratta di un reality canoro dove Hugh Grant sceglie tra gli irritanti concorrenti quelli più bankable per l’audience. Contemporaneamente il presidente USA Dennis Quaid, in calo sul gradimento, decide di fare da giudice a quella gara per la puntata finale. Questa notizia sarà ghiottissima per i soliti fondamentalisti islamici che costringeranno il concorrente arabo a farsi saltare in aria durante la trasmissione… ovviamente le cose non andranno come sperato.
Va detto subito, il film dura un'ora e quaranta, ma viaggia velocissimo e sembra una puntata di un telefilm. E proprio come la puntata di un pessimo telefilm dopo averlo visto lo si dimentica in un attimo.

Non c’è niente di veramente ben fatto, non c’è comicità vera, ma solo delle macchiette stupide che si muovono sullo schermo; non c’è critica (che non è un obbligo, ma visto che non diverti prova a fare altro), ma solo lo sfruttamento di un ambiente che il pubblico conosce; non c’è una trama interessante, ma un’accozzaglia di eventi singoli e di personaggi improbabili ad interpretarlo.

Vorrebbe essere satira sociale (immagino, vedendo la locandina), ma si risolve con l'essere un film tanto innocuo quanto inutile.

venerdì 23 agosto 2013

La città ideale - Luigi Lo Cascio (2013)

(Id.)

Visto al Mantova Film Festival (in concorso).


Un uomo maniacale nel suo ecologismo ed eccessivo nel rispetto delle regole vive a Siena, che ha eletto come sua città ideale. Per una curiosa catena di eventi verrà accusato della morte di un uomo che in realtà si era solo fermato a soccorrere. Da questa accusa subirà ridimensionamenti sul lavoro, dovrà affittare l'appartamento e vivere in cantina, verrà ostracizzato dagli amici.

Diciamo subito che è un film kafkiano così mi sono liberato da questo aggettivo, corretto, ma abusato. Un cupo scendere sempre più in basso, un  inesorabile incontro di personaggi sempre meno amichevoli e sempre meno normali per un uomo che è vittima soltanto delle circostanze e delle proprio opinioni (scelte ad hoc per essere considerate opinioni positive anche se eccessive).

Alla sua opera prima Lo Cascio (mamma mia quanto è invecchiato anche lui!) evita di fare un film pieno di scene madri che ingigantiscano la componente attoriale, anzi confeziona un film abbastanza sottotono, secco e con pochi abbellimenti di recitazione (ma anche di regia, cosa buona per evitare gli eccessi da opera prima). Per carità si sentono diverse difficoltà nella trama, piuttosto lenta all'inzio e con qualche parte inutile nel mezzo (la ragazza affittuaria è una presenza sostanzialmente in più), però riesce lo stesso a uscirne con stile e confeziona magnificamente il lento evolvere della follia senza mai eccedere. Interessante inoltre il disseminare la pellicola di idee, riferimenti e mezze parole che mostrano come dietro alla trama ci sia un mondo che però non viene raccontato (i problemi del padre del protagonista, la vita dell'inquilina, i rapporti con i colleghi di lavoro), un'idea quasi folle che aiuta a creare l'atmosfera di pericolo imminente e calmo dell'intero film; un'idea, in definitiva, originale e ben utilizzata.

Inoltre il più grande pregio è essersi circondato di caratteristi di livello (i due avvocati su tutti, ma anche la madre è splendida) con personaggi ben inseriti nel contesto anche se tratteggiati grossolanamente (ma in una maniera tutta funzionale al mood della storia).

Tutto sommato non un esplosione, ma un buon film.

lunedì 19 agosto 2013

Chi ha incastrato Roger Rabbit - Robert Zemeckis (1988)

(Who framed Roger Rabbit)

Visto in DVD.

Anni ’40, un omicidio scuote Hollywood, il proprietario della ACME corporation è stato ucciso, pare proprio da un cartoon ingelosito dal rapporto che il signor ACME aveva con la moglie. Il sospettato (Roger Rabbit ovviamente) si rivolgerà a un investigatore privato sempre in bolletta e con poca voglia di ridere da quando il fratello venne ucciso anche lui da un cartoon mai riconosciuto. Il detective accetterà e dovrà tornare ad indagare a Cartoonia…

Diciamo subito che il limite del film è nello scorrere della sceneggiatura. la storia infatti non srotola una trama, ma va avanti per accumulo, di idee (soprattutto visive), di personaggi, di fatti, di citazioni e di momenti fuori dal comune. Questo è decisamente un limite, tuttavia è anche parte del fascino del film, che proprio con questo accumulo riesce a dare credibilità ad un mondo eccessivamente assurdo. Inoltre lo sviluppo della trama (che sarebbe stato comunque farraginoso) prosegue nel mood giusto, prosegue nel miracoloso tentativo di cucire insieme un cartone animato classico con un noir torbido, depresso e pieno di allusioni sessuali (a il tentativo è miracoloso proprio perché riesce perfettamente a fondere questi mondi così distanti). Se poi devo proprio aggiungere la selva di citazioni dirette o indirette che vengono fatte sono spesso utili alla trama (si pensi al coniglio invisibile Harvey) o semplicemente non invasive.

Il  vero miracolo comunque è sotto gli occhi di tutti, la migliore interazione fra disegni animati e live action di sempre. I cartoni afferrano oggetti, si scontrano con persone e cose, muovono acqua e vestiti e tutto in un sincronismo pazzesco. In quest’ottica la buonissima interpretazione di Hoskins è da considerarsi invece spettacolare per la capacità di duettare con il nulla in maniera così sottile (e se oggigiorno è una consuetudine, per l’epoca non doveva essere una cosa ovvia). Ottimo tutto il cast comunque.

Infine l’ambientazione è encomiabile, il mondo reale disilluso e cadente degli anni ’40 è impeccabile, mentre il mondo di cartoonia (mostrato il meno possibile) è ben realizzato seppure poco sfruttato.

Quattro meritatissimi oscar tecnici di cui uno speciale per l’animazione.

PS: pare... dico, pare che Zemeckis stia lavorando ad un seguito...

PPS: ovviamente c'è Jessica Rabbit che nell'immaginario collettivo ha sostituito (o rappresenta la versione moderna di) Gilda.

venerdì 16 agosto 2013

Il giglio nero - Mervyn LeRoy (1956)

(The bad seed)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una madre di una perfetta famigliola americana, il cui marito è appena partito per lavoro, comincia a notare uno strano comportamento nella figlia… che quell'incidente occorso ad un compagnuccio di scuola della bambina non sia stato un vero e proprio incidente? La madre sospetterà il peggio…

Film particolarissimo tratto da un’opera teatrale. Questo va detto subito, perché di fatto questo è, una pièce. Film lento nell'iniziare davvero, verbosissimo sempre in ogni momento e tutto girato nei medesimi interni. Una serie di difetti che farebbero affondare qualunque film, ma che qui, pur pesando molto, possono essere superati con un poco di pazienza.
Grande l’impegno di LeRoy dietro la macchina da presa per non farci pesare troppo il parlato; si muove il più possibile, costruisce una fotografia impeccabile, usa (soprattutto all'inizio) la profondità di campo come non si faceva più dagli anni quaranta… va detto, regia di classe, che però non riesce a smaltire del tutto i difetti della sceneggiatura.

Dall'altra parte per un film tutto recitato era fondamentale il cast e bisogna ammettere che anche questo è totalmente impeccabile. Se la giovane McCormack verrà candidata ad un meritato oscar (che non vincerà), secondo me va sottolineata molto di più la prova di Nancy Kelly, recitazione perfetta, voce screziata (nella versione originale) che riesce a dare significati enormi con un minimo abbassamento di tono; bravissima (anche lei candidata all'oscar).

Infine va ricordato (per deriderlo) il triplo finale. SPOILER ALERT. Non conosco l’opera originale, ma direi con discreta sicurezza che si chiudeva con l’omicidio suicidio della madre, però al cinema doveva risultare moralmente inaccettabile, quindi entrambe si salvano. Credo fosse inaccettabile pure che una così disumana creatura, per quanto giovane, potesse rimanere libera e impunita e quindi ci si inventa quel ridicolo fulmine divino che permette la punizione senza che qualche adulto debba macchiarsi in un gesto riprovevole. Infine la presentazione degli attori che immagino servisse ad alleggerire il finale e a permettere il gesto che ogni buona casalinga degli anni ’50 avrebbe desiderato fare, sculacciare la bambina. Un finale oscuro e tre volte democristiano come non ne avevo mai visti.

lunedì 12 agosto 2013

The lone ranger - Gore Verbinski (2013)

(Id.)

Visto al cinema.

Sono entrato in sala con tutti i pregiudizi possibili, che questo fosse solo un pallido tentativo di prolungare la serie dei Pirati dei caraibi, ma ambientandola nel west (beh, questo è un dato di fatto) e che fosse il solito film con Johnny Depp che fa il solito personaggio alla Johnny Depp… la cosa curiosa è che entrambe le problematiche sono vere, ma per realizzare questo Lone ranger si sono basati più sul primo Pirati dei caraibi che sulla tetralogia complessiva (il primo era un dignitosissimo blockbuster, divertente e d’intrattenimento magnificamente realizzato).

Ecco qui si intersecano le solite (scontate) storie di riscatto personale, d’amore impossibile, di passato che ci insegue/vendetta, avarizia, sprezzo per le regole, ecc… il tutto calato in un buddy movie che riesce in più momenti a divertire (anche e soprattutto prendendo in giro se stesso), ma soprattutto con scene d’azione impressionanti

Ma andiamo con ordine, la storia come si è detta è piuttosto scontata (e non starò qui a descriverla), però i personaggi, per quanto siano macchiettistici, sono delineati abbastanza da interessare, gli attori scelti sono taluni innocui e onesti lavoratori (Hammer); talora dei grandiosi e onesti lavoratori troppo relegati al secondo piano (Wilkinson e Fichtner); talora attori presi per una parte inutile messi li solo perché sulla locandina riescano ad adescare i fan di Tim Burton (come può essere altrimenti giustificata l’ingiustificabile parte della Bonham Carter); taluni sono attori che hanno smesso di recitare quando hanno visto che a fare le faccette e le camminate strambe pigliavano più soldi, ma qui il loro essere inespressivi salvo per qualche faccetta rende perfettamente lo spirito del personaggio, e quindi ci stanno bene nella parte (devo dire che parlavo di Johnny Depp?).

Detto ciò il pacchetto confezionato è il classico blockbuster alla Verbinski, quindi un ottimo prodotto tecnicamente inappuntabile che realizza bene anche le scene d’azione… e qua scusatemi, ma è il più grande rave party di locomotive dai tempi di “The general”; nel finale i treni a vapore si inseguono, vengono crivellati di colpi, si scontrano, si scavalcano, fanno da trampolini, si schiantano ecc… e tutto in un turbinio di scene chiare, ben girate ed avvincenti, dove un Depp in parte si gode alcuni momenti slapstick presi a prestito da Buster Keaton. Il finale non può non piacere.

Certo il film è un film per regazzini e considerarlo più di questo è sbagliato, ma è un ottimo prodotto che, se non sarà svilito da seguiti inguardabili, potrò ricordarlo positivamente… vabbè lo dico: se fosse uscito quando anch’io ero un regazzino questo film poteva rischiare di essere il mio Indiana Jones

giovedì 8 agosto 2013

Pain & gain, Muscoli e denaro - Michael Bay (2013)

(Pain & gain)

Visto al cinema.

Ad un certo punto del film compare una scritta che avverte che si sta ancora guardando un film tratto da una storia vera… ed è una scritta utile, perché questo sembra un documentario sul caos e sul caso, scritto dai fratelli Coen sotto testosterone.

Non sono un estimatore di Bay che considero un buon realizzatore di film inutili (ma non ho mai visto Bad boys…), ma qui decisamente esagera… e per questo centra l’obbiettivo.
La storia di questi tre culturisti stupidi in maniera impareggiabile (“io credo nel fitness”) è surreale e sgangherata, il tentativo di diventare ricchi con un rapimento diventa fin da subito una farsa nera e cattiva che, incredibilmente, è tratta da fatti reali.

Ecco il primo colpo di genio è la sceneggiatura. in una storia reale che sembra un film dove le scene si susseguono quasi senza soluzione di continuità, l’unico modo per uscirne bene è spingere l’acceleratore fino in fondo. La storia è esagerata e pompata come i suoi protagonisti, caotica in ogni inquadratura, spinta sul meta cinematografico di bassa lega (i protagonisti si ispirano al mondo del crimine cinematografico classico per i delitti, senza rendersi conto di essere parte di un involontario film comico). La critica nei confronti del machismo pop mutuato proprio da un certo cinema di cui Bay fa parte è poderosa, ma non ci si dimentica di mostrare che non sono loro ad essere sbagliati, sono tutti così, le vittime sono molto più carogne di loro (viene detto apertamente dall'unico personaggio positivo del film), i protagonisti si limitano ad essere idioti. La critica è estrema e non si ferma davanti alla “morte” dei protagonisti nelle scene finali/titoli di coda.

Ecco da uno script così tutto ci si può aspettare tranne che Michael Bay lo diriga. Questo è un film che critica i fruitori, le idee e gli stilemi dei suoi film… evidentemente Bay è un uomo intelligenti e fa un’operazione raffinata, creare un film figo, parodiando se stesso allo stremo e criticando gli effetti collaterali di quello che fa relegandoli solo ad essere le conseguenze senza importanza di un alvoro altrimenti pulito. Inoltre in questa bufera di coglioni c’è un personaggio pulito, un uomo duro, d’altri tempi, non forte fisicamente, ma moralmente, il sempre roccioso (e old style) Ed Harris, che qui da una leggera controbilanciata di sensatezza.

Ma dicevo di Bay, che qui realizza il suo film più piccolo e cheap (anche se in senso molto relativo) di sempre, ma quello che ci mette è tutto il suo cinema, esagerato come il film richiede. Immagini patinate, luce sempre piena, colori ipersaturi in un contesto anni ’90 che più anni ’90 non si può (c’è pure Wahlberg che rimane in mutande… mutande di Calvin Klein ovviamente), in più ci aggiunge le sue velleità registiche (fermo immagini; scritte; piani sequenza “dal buco della serratura” in CG che non disturbano, ma anzi si fanno accettare benissimo; dettagli insistiti; ecc…) che rendono perfettamente il clima generale in una regia ipertrofica e postmoderna (sostituendo con dei sinonimi, culturista e anni ’90).

Un film con momenti comici notevoli, momenti trash talmente insistiti che accumulati insieme non possono funzionare, momenti WTF che diventano cifra stilistica. Probabilmente fatto da chiunque altro o tentando di renderlo un minimo meno cazzaro questo film sarebbe diventato una porcata… così è un film perfetto, perfetto e tamarro.

lunedì 5 agosto 2013

Chocolate - Prachya Pinkaew (2008)

(Id.)

Visto in tv.

Una ragazza autistica ed il fratello devono trovare i soldi per la madre malata, per farlo vanno a ritirare i crediti poco chiari che al madre aveva con personaggi loschi, nel farlo prenderanno qualche pacca, finchè la sorellina problematica non si mostrerà una fan di Bruce Lee, ma una fan geniale che assimila rapidamente quanto vede dai film e lo replica. Una piccola e gracile arma mortale. Don’t fuck with Asperger!

Film di Pinkaew che decide di fare a meno di Tony Jaa. Inutile dirlo, il film regge benissimo, mostra abbastanza scene di pacche per essere considerato un kung fu movie, sono girate benissimo, in maniera chiara e con coreografie sempre all'altezza. Inoltre Pinkaew aggiunge qualcuno dei suoi tocchi, nel primo combattimento la ragazza si comporta e urla come nei film di kung fu classico perché è da li che ha imparato a picchiare, così che in una scena meta cinematografica mi vengono giustificati i gridolini buffi di Bruce Lee; poi beh, c’è la scena finale sulla facciata del palazzo, una sequenza lunghissima in cui la protagonista lotta contro una marea di nemici che sbucano ovunque muovendosi sui vari livelli del caseggiato, il miglior uso di una tecnica dei videogiochi mai fatto al cinema (che mi sta in seconda posizione solo rispetto allo scroll roll di Old boy).

Se il film è buono, tuttavia si sene che manca qualcosa, le sequenze sono belle, ma manca del mordente, dopo un po l’interesse scema. Non so se è un difetto del film o è un problema di chi guarda (mio quindi), può essere che avendo in mente i numeri fatti da Tony Jaa (e paragonandoli inevitabilmente) quello che si vede in questo film risulta appiattito. 

venerdì 2 agosto 2013

Now you see me, I maghi del crimine - Louis Leterrier (2013)

(Now you see me)

Visto al cinema.

Quando, da bambino, mi chiedevano cosa volessi fare da grande, rispondevo alternativamente, il veterinario, l’imbianchino o il mago… quindi ad un film del genere ci tengo.
Un gruppo di maghi scelti, apparentemente, a caso, viene assunto da uno sconosciuto per fare il più grande spettacolo di magia di sempre. Si mettono sulle tracce dei maghi, dei riccone derubati, la polizia e una specie di Giacobbo che smaschera le magie.
Come il film comincia si fa evidente il primo grosso problema, in mezzo ad un cast di tutto rispetto, mi mettono come co-protagonista Mark Zuckerberg; questo indica avere un problema di casting.

Poi comincia il primo vero trucco di magia e (WTF?) ci sono almeno due problemi; non è uno spettacolo di magia (se la magia avviene su uno schermo anziché dal vivo chiederebbero tutti i soldi indietro… solo che li già glieli danno i soldi); secondo è tutto in CG (ecco, se mi fai delle magie, vorrei potermi stupire della prestidigitazione, se fai tutto col computer allora tanto vale che mi stupisca guardando i Na'vi di Avatar)…

Poi la storia prosegue, il gruppo di maghi sembra sempre di più una ditta che organizza eventi e devolve soldi e sempre meno maghi, la storia si fa sempre più sconclusionata (anche se un poco di fascino le rimane) e la tecnologia fa le veci della magia (le carte che si uniscono insieme a formare una specie di chiave elettronica è utilizzare una fanta-scienza al posto della bacchetta magica).


Leterrier, ha un bel lavorare per rendere chiaro quanto succede, dare verosimiglianza a persone ed eventi e a fare tutto con una fotografia patinata, ma l’effetto finale è comunque stucchevole.