mercoledì 6 novembre 2013

Battle royale II: Requiem - Kinji Fukasaku, Kenta Fukasaku (2003)

(Batoru rowaiaru II: Chinkonka)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

L’ultimo film di Kinji Fukasako non è un suo film. Il regista morì durante le riprese, non so francamente a che punto fossero (ma vedendo il film credo/spero molto all’inizio), ma difficile poter attribuire la paternità dell’opera ad un regista se nemmeno e girato tutto il materiale (in Eyes wide shut mancava parte del montaggio, ma il più era fato). Alla regia si sostituì Kenta il figlio di Kinji, di fatto un esordiente.

A questo punto viriamo sulla trama. Dopo gli avvenimenti del primo film i giochi d morte coi regazzini continuano, ma i due sopravvissuti del primo episodio fondano una rete di terrorismo che intende… combattere tutti gli adulti (perché i bambino sorridono anche in tempo di guerra...)… non ho più puntini di sospensione per sottolineare il mio rassegnato stupore. Lo stato centrale pertanto decide di cambiare le regole del gioco, anziché ammazzarsi tra loro perché non costringiamo i regazzini ad andare a massacrare i ribelli? Sai che ironia?

Il film, data la trama ha un taglio decisamente diverso dal precedente; si avvicina, per temi e cattiveria solo nell'incipit in cui il gioco viene spiegato; ma nel momento in cui tutto ha inizio il film vira. Indicativo che il gioco inizi con uno sbarco che riprende smaccatamente l’inizio di “Salvate il soldato Ryan”, senza averne le capacità, i mezzi o anche solo le ragioni del film di Spielberg (mai citazione fu più irritante). Ma è a partire dall'incontro fra i partecipanti del gioco coi ribelli (a cui si uniranno) che inizia il tracollo vero e proprio. Una trama sempre più inverosimile (e dire che non si partiva con un documentario), personaggi sempre più banali (gli studenti sono fatti con lo stampino, mentre l’insegnate è un pessimo attore nella parte del folle standard del cinema… ci manca tanto Kitano) e una deviazione intellettual-adolescenziale inquietante rovinano tutto. Se poi si passa un’ora e mezza di film a urlare e sparare si rischia pure di rimpiangere la profondità psicologica e la complessità di “Black hawk down”.

La parte più insopportabile rimane comunque la paraculaggine del plot, adolescenziale in maniera assurda, banale ed enfatico, pretenzioso in maniera infantile con una serie di personaggi che (oltre ad urlare e sparare) dichiarano sentimenti di BFF ed amore prima di morire tutti in maniera eroica, incoraggiando chi rimane vivo ad andare avanti. Si fosse limitato ad essere cerchiobottista (cosa che comunque è, dato che tutti i personaggi hanno i loro motivi per comportarsi in quel modo) l’avrei anche tollerato.

Finale assurdo, con una punta di surrealismo (l’insegnante con la palla da rugby), paraculaggine antiamericana che pervade tutto il film e un’inaspettata apologia (indiretta) dei bambini soldato…


Detto ciò torno al tema iniziale. Di Kinji Fukasako si vede ben poco, per non dire nulla. Neppure in inquadrature o movimenti di macchina. No so quanto avesse già girato ma credo/spero poco. Credo/spero che in mano sua il film avrebbe potuto almeno dire qualcosa a livello di regia che qui latita in maniera assoluta (salvo quando deve copiare Spielberg). Temo comunque che il problema fosse alla fonte, in una sceneggiatura orribile che neanche Kinji avrebbe potuto salvare.

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