venerdì 15 novembre 2013

Il pianeta delle scimmie - Franklin J. Schaffner (1968)

(Planet of the apes)

Visto in DVD.

Un gruppo di astronauti fa rotta verso la terra dopo una missione durata qualche secolo (per il tempo della terra, sei mesi per loro che viaggiano alla velocità della luce). Succede qualcosa, un qualche incidente durante il sonno indotto per gli ultimi anni luce di viaggio e si risvegliano lontani dalla terra, nel tempo e nello spazio che riescono a calcolare. Se questo potrebbe turbare i più quel che è peggio è che si ritrovano su un pianeta dove l’evoluzione sembra aver favorito le scimmie, che hanno creato una civiltà dove gli umani (che esistono, ma allo stato primitivo), sono animali piuttosto disprezzati.

Film iconico di un certo tipo di fantascienza, che continua ancora oggi ad essere metro di misura e fonte di ispirazione. L’incipit (così come l’eccezionale, anche se enfatico, finale) deve tutto alla presenza di Rod Serling creatore di “Ai confini della realtà” (ci si trova nel bel mezzo di qualcosa che non viene spiegato o giustificato, se ne prende atto; ci si trova sperduti in un ambiente sconosciuto; le reazioni emotive sono piuttosto anempatiche perché quel che conta è l’ambiente ed il modo di rapportarsi con esso; infine c’è il finale a sorpresa tipico della serie tv.
Detto ciò si è detto poco. Come dimostrò anni dopo il film tratto da “Ai confini della realtà”, non bastano questi quattro elementi per fare un lungometraggio sulla falsariga della serie tv. Questo “Pianeta delle scimmie” vince e convince perché ci aggiunge quel poco d’azione che serve, crea qualche bel personaggio; ma soprattutto crea un mondo completo, una cosmogonia fatta di religione, scienza e strutture sociali parallele alle nostre, che le imitano senza sovrapporcisi del tutto e la cui costituzione risulta vitale sia per la trama del film, sia per una critica sociale sempre buona.

Il trucco ottimale vinse l’oscar, mentre i costumi e le location non ebbero la stessa fortuna pur meritando gli stessi encomi. La regia dinamica riesce a stare in bilico tra il caos tipico di fine ’60 e uno stile più asciutto a cui il film deve parecchio.

Alla prova del tempo forse gli si può imputare solo un po di lentezza, tutti gli altri difetti sono una caratteristica che si può disprezzare, ma che ha il suo perché. In ogni caso, un must ancora godibilissimo.

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