venerdì 31 gennaio 2014

American hustle, L'apparenza inganna - David O. Russell (2013)

(American hustle)

Visto al cinema.

Due truffatori, amanti; vengono beccati da un poliziotto che offre loro una via di fuga; saranno prosciolti se aiuteranno ad incastrare qualche pezzo grosso. Il piano sembra funzionare, pure troppo, nella rete cadono prima un sindaco, poi diversi senatori, infine pure qualche mafioso di livello... Tuttavia i rapporti fra le varie parti saranno molto complicati.

In primo luogo il trailer è ingannatore; questo non è un film di truffe, leggero e veloce come sembra; al netto del finale (completamente da commedia e che è affetto pure da un'eccessiva fretta) questo è a tutti gli effetti un dramma sceicspiriano sull'inganno e sul dubbio. Una serie di personaggi abbastanza ben delineati (quasi tutti hanno uno spessore qui dentro) si trovano a doversi relazionare fra di loro rimanendo sempre in bilico fra sentimenti spontanei ed il dubbio che chi si ha davanti stia ingannando.
Si insomma, mi aspettavo tutt'altra cosa, ma anche con questo cambio di registro (rispetto a quello che mi aspettavo) il film funziona bene.

In aggiunta c'è pure un insistito inserirsi di scene, idee o semplici dettagli scenici, che buttino improvvisamente il tono verso la farsa (su tutto i capelli dei protagonisti ed i vestiti sono un mezzo diretto per ironizzare mentre si parla seriamente).
In una parola Russell guarda contemporaneamente verso lo Scorsese della mafia d'inizio anni novanta e verso il Soderbergh dei vari Ocean; il problema è che Russell non ha l'energia e la forza di regia di uno Scorsese e neppure uno script abbastanza sbarazzino e piacione di un Soderbergh. Il film funziona, funziona nonostante i tentativi di imitazione del regista e, in certe occasioni, proprio grazie questo guardare altrove.
Un encomio a tutto il cast, un pool di attori che danno il meglio in ogni scena (soprattutto le protagoniste femminili).

mercoledì 29 gennaio 2014

Caro diario - Nanni Moretti (1993)

(Id.)

Visto qui.

Un film diviso in tre episodi.
Nel primo Moretti vaga per una Roma deserta, parlando di se e mostrando angoli, strade, ma soprattutto quartieri e palazzi sconosciuti (ai più).
Nel secondo Moretti raggiunge un suo amico alle Eolie per cercare un po di pace per riposare, inizieranno un'odissea per l'arcipelago alla ricerca della calma.
Nel terzo la storia vera del linfoma che colpì il regista; malattia che rimase misconosciuta ai medici fino alla sua scoperta accidentale nonostante un insistente prurito segnalasse che qualcosa stava succedendo.

Il film più personale di Moretti (qui interpreta se stesso) è allo stesso tempo un film molto aperto (il primo episodio è una cartolina dalla Roma che nessuno vede mai, il secondo una commedia abbastanza consueta, il terzo un esempio di un fatto personale che mostra un limite che tutti si trovano ad affrontare).
Se il primo capitolo è una divertente poesia dedicata alla città di Roma (divertente perché è zeppa di auto ironia) che ha come scopo l'omaggio a Pasolini; il secondo è un divertissement, ma ben congegnato, un poco travestito da critica sociale (che c'è, ma rimane su un piano molto funzionale alla commedia), che funziona perfettamente; il terzo è un piccolo dramma, trattato con poca ironia (riesce ad essercene anche qui, tutto sommato il pellegrinaggio dai vari medici ha del grottesco) che descrive una situazione di totale impotenza.

Lo dico? massi dai lo dico; a me non m'ha entusiasmato. Un film ben realizzato che si lascia guardare volentieri e che accompagna per 100 minuti facendo ridere, pensare o incupire a seconda dell'episodio, ma che, tutto sommato, si ferma qua.

Camei di Paolini, Ovadia, Beals, Rockwell e Mazzacurati.

lunedì 27 gennaio 2014

The wolf of Wall Street - Martin Scorsese (2013)

(Id.)

Visto al cinema.

La storia (vera) di Jordan Belfort da giovane di belle speranze a miliardario grazie ad un mix tra finanza creativa, dipendenza da sesso e consumo di droghe d'ogni tipo.

Scorsese in grande spolvero; torna alla sua regia epilettica; movimenti di macchina rapidi, montaggio serrato, inquadrature che vanno dai dettagli agli insiemi e colori chiassosi. Il film ha un andamento altalenante, con lunghe sequenze euforiche ed energiche come le droghe che vengono usate dai protagonisti e altre con una lentezza ed una calma da hangover o da effetto depressivo sul sistema nervoso. Una regia che mostra l'euforia e la frenesia di un mondo, di un sistema, di una personalità (quella del protagonista) e di una tossicodipendenza; Scorsese non si limita a mostrare le cose le spiega con lo stile del film. Il tutto inserito nella solita perfezione fotografica.

La parabola umana del protagonista poi è un classico di Scorsese (parte dal basso raggiunge il picco ipercinetico e poi ritorna ad uno stadio finale inferiore); non c'è qui colpa e redenzione, ma un personaggio mediamente capace, senza scrupoli morali e senza una razionalità forte in preda al caso, come il protagonista de i Bravi ragazzi (anche se li era più in preda ad un sistema che non al caso). Non ci sono giudizi morali ostentati né punizioni, semplicemente c'è l'esposizione voyeristica di un mondo che si denigra da solo, per il semplice comportamento che tiene e per l'imbruttimento che rimane l'unica costante.

Da sottolineare inoltre l'ironia surreale che pervade il film. Dato l'argomento Scorsese si permette una virata verso il demenziale come non mai; una serie di persone serissime che discutono di cose folli in maniera scientifica (se la discussione su perchè Hill ha sposato sua cugina è notevole, la palma d'oro, a mio avviso, la vince la conversazione sulle questioni legali circa la gara di lancio del nano!) o intere sequenze pervase da una follia che in mano ad altri sarebbe risultata patetica o offensiva (l'accostamento fra Braccio di ferro e la cocaina!).

Infine è una prova d'attori formidabile. Se il cast è stato scelto in maniera impeccabile, il lavoro di DiCaprio ha dell'incredibile; riesce da dio in una trasformazione senza precedenti, da compassato ragazzo di provincia in giacca e cravatta a un Raoul Duke ipersessuale.

Se si considera che tutto questo è contenuto in un film di 3 ore che sembra durarne la metà; beh, applausi.

sabato 25 gennaio 2014

L'estate di Davide - Carlo Mazzacurati (1998)

(Id.)

Visto qui.

Un ragazzo di Torino, appena maturato (ha passato la maturità), per fuggire dalla famiglia e senza dover spendere troppi soldi se ne va dagli zii nel polesine. Comincerà a lavorare per lo zia, conoscerà una ragazza di cui si innamorerà e di cui scoprirà retroscena inaspettati, ma soprattutto conoscerà un ragazzo serbo che lo porterà a essere cacciato dagli zii e a cercare di vendere eroina con risultati drammatici.

Certamente un film di formazione, in cui gli attori si muovono come fantasmi dentro un ambiente. Ecco si, la storia (piuttosto esile nel complesso e lenta nello sviluppo) sembra solo un pretesto per mostrare un ambiente; la macchina da presa non si sofferma mai sui paesaggi, ma le campagne di Rovigo, i corsi d'acqua, gli alberi, la geografia della zona e, in ultimo, l'onirico biancore della Puglia, riempiono ogni inquadratura. Sembra un film creato apposta per mostrare un luogo, in cui i personaggi sono solo l'appiglio per poterlo fare.

Pessima la scelta del protagonista, quello si bressoniano nell'amimia; bravo invece il coprotagonista serbo che riempie tutte le inquadrature in cui è compreso.

giovedì 23 gennaio 2014

Una hosstess tra le nuvole - Bruno Barreto (2003)

(View from the topo)

Visto in tv.

Una ragazza della provincia americana sogna di andarsene dal suo paesino, si innamora del ruolo dell'hotess, riesce a sfondare (?!) in quel campo, ma dovrà scegliere fra la carriera e l'amore (sic).

Colori sgargianti, vestiti stilosi, trama consueta (is the new banale) e zuccherosa, location pulite e lucide, canzoni pop anni '80. Un film già visto molte volte e patinato, sembra di leggere Cosmopolitan...
C'è pura una fastidiosa voice off...

La trama scorre via liscia e tranquilla, sbanda (vorrebbe sbandare) verso il comico con un inutile Mike Myers. Un film che si fa guardare nel sopore del dormiveglia o nella noia della tv italiana. Ci sta e non fa del male.

Unico brivido una mezzo catfight (senza tette ) con la Paltrow.

mercoledì 22 gennaio 2014

Gli aristogatti - Wolfgang Reitherman (1970)

(The aristocats)

Visto in tv.

Una ricca nobildonna francese senza eredi decide di modificare il testamento precedentemente in favore del maggiordomo, e decide di lasciare tutto ai gatti... Alla notizia il maggiordomo decide di drogare i gatti ed abbandonarli in campagna, la via del ritorno sarà lunga, ma ricca di personaggi buffi.

Decisamente non è uno dei migliori film della Disney, i disegni fotocopiati sono anche accettabili (in realtà il tratto mi piace molto), ma l'animazione è piuttosto scadente, la storia non molto originale non ha la profondità dei grandi film precedenti e successivi; almeno parte dei problemi possono essere imputati alle economie degli anni '60... ma non tutto. Il fatto che sia il primo film dopo la morte di Walt è un'altra scusa sono parzialmente accettabile...
Tuttavia il film non si può non ricordare positivamente.

Musiche belle, una galleria infinita di personaggi secondari che con due pennellate riescono a creare una psicologia completa (i miei preferiti sono Napoleone e Lafayette); la storia banale è zuccherosa e abbottonata, eppure regge bene e si fa guardare ripetutamente.

Infine Romeo; una delle poche, grandi, idee dei traduttori italiani, la romanità del personaggio gli si addice, lo espande e lo rende indimenticabile.

venerdì 17 gennaio 2014

Aiuto vampiro - Paul Weitz (2009)

(Cirque du Freak: the vampire's assistant)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un ragazzo va a vedere un circo di fenomeni da baraccone; accidentalmente scopre l'identità vampiresca del proprietario e, a causa di un furto, diverrà un mezzosangue per pagare il debito. A questo si somma la voglia del migliore amico del protagonista di diventare vampiro, voglia sempre frustrata dal capo del circo, verrà però preso in simpatia dal violento antagonista della storia.

Il film comincia bene, spigliato, dinamico il giusto e ironico quanto serve; costantemente orientato verso un target adolescente o anche pre-teen, ma tutto sommato con dignità e qualche buona idea. Ecco direi che questo (il tono generale) ed il cast sono i veri punti forte; questi più la vaga sensazione che dietro a tutto (sia agli sviluppi positivi che a quelli negativi) ci sia sempre il destino (incarnato), che quindi non sia un antagonsita classico, ma più un emissario del caos di batmaniana memoria.
Peccato che rapidamente il tutto si disgreghi in una storia poco efficace e banalissima, di affermazione personale e scontro fra due ex amici; una trama che non solo non dice niente di nuovo, ma neppure appassiona sui punti che solitamente sanno essere la forza di questi film (le nuove relazioni che il protagonista deve costruirsi, il suo sviluppo e la sua crescita personali, il senso di uno showdown imminente e doloroso). L'ambientazione gotico-statunitense potrebbe essere quantomeno un buon modo per aggiornare vecchie situazioni o, almeno, per riattualizzare tutto quel filone americano di passione per il lato oscuro (su tutti la Famiglia Addams); il freak show però si limita ad essere solo una breve coreografia, una sorta di mobilio gotico sostanzialemente inutile (per questo citare Browning mi pare eccessivo).

Se a questo vien sommato una serie di scelte orribili per costumi/trucco/capelli dei personaggi, nonché alcuni degli utilizzi più brutti del computer (la velocità aumentata dei vampiri!) e un senso di sciatteria kitsch generalizzato (anche le dissolvenze sono ingiustificabili) si ha il quadro generale dell'opera.
Si ha quindi un bel tentare di salvare almeno lo scontro finale (con qualche piccola idea buona) o riabilitare il mood generale... tutto è troppo brutto e lasciato a se stesso; destinato ad un pubblico adolescente che, dal punto di vista dei produttori, sembra essere considerato idiota.

mercoledì 15 gennaio 2014

Il superpoliziotto del supermercato - Steve Carr (2009)

(Paul Blart: Mall cop)

Una guardia di un centro commerciale, sfigata, sovrappeso, con un assurdo problema di ipoglicemie è innamorata di una ragazza che lavora in quel centro commerciale. Tutto va a rotoli finché il centro non viene preso d'assalto da una banda di ladri che si diletta di parkour.

...che poi uno dice che la commedia demenziale è roba facile da fare; che fare ridere è una banalità... Invece proprio non ci siamo. Che fine ha fatto la commedia demenziale americana che solo fino a 5 anni fa ancora si riusciva a realizzare?

Questo è un film inutili; un protagonista patetico e banale che non fa ridere neanche le risate registrate, uno stupido tentativo di rendere avvincente una trama già vista decine di volte in ogni genere cinematografico, alcune caratterizzazioni dei personaggi che imbarazzano più gli autori che altri.
Il brutto è proprio che si vede che qualcuno c'ha pensato... ok, non tanto, ma almeno per un paio d'ore qualcuno si è chiesto come rendere particolare il film o il protagonista e alla fine deve essere sbottato in un "vaffanculo" ha scritto due cazzate su un tovagliolino della mensa e l'ha consegnato ai produttori nel mezzo di un coca-party.
Un film terribile che si sa già come verrà condotto fin dal primo istante e che non emoziona, non avvince e non fa ridere. Mai.

lunedì 13 gennaio 2014

I gemelli - Ivan Reitman (1988)

(Twins)

Visto in tv, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Due gemelli nati da un ovulo fecondato da x persone (non ricordo il numero) durante un esperimento per creare l'uomo perfetto, vengono separati alla nascita; non era previsto fossero due. Uno nasce perfetto come si deisderava (Schwarzenegger; da ora S), l'altro è l'insieme dle materiale genico di scarto (DeVito, che credo abbia ringraziato quando gli proposero la parte). Una volta ritrovatisi partiranno alla ricerca della madre che credevano morta mentre DeVito (un mezzo criminale sfigato) cerca di mettere le mani su cinque milioni di dollari.

Prima incursione di S nella commedia; passo quasi obbligato data l'autoironia che gli è propria e dato l'alone cartoonistico che lo circonda. Per farlo entra nell'entourage di Reitman, il genio della commedia d'azione. Il risultato è incredibilmente indecoroso... per entrambi... ok forse più per Reitman.

Non si ride, praticamente mai. Non c'è una scena d'azione degna di questo nome. Il villain è talmente dimenticabile che ad un certo punto non ci si chiede più perché li stia inseguendo (obbiettivamente ora non riesco a ricordarlo). Le due storie parallele (lo stucchevole ricostruirsi un'identità alla ricerca delle proprie origini e la noiosa storia dei milioni) non si intrecciano mai, vengono introdotte, poi se ne segue una fino ad un punto morto, quindi parte la secondo fino alla conclusione; nel finale torna la prima; con un'innegabile abilità ad ammazzare, ognuna, il ritmo dell'altra.

Incomprensibile successo al botteghino per l'epoca.

PS: già all'epoca S sfotteva se stesso autocitandosi in situazioni improbabili.

venerdì 10 gennaio 2014

Quando il drago mangiò il sole - Dirk Simon (2010)

(When the dragon swallowed the sun)

Visto in tv.

Un documentario sulla "questione tibetana"; inizia con un tentativo di analisi storica di quanto successo per poi esplodere in intervisti sulle spaccature interne del Tibet, apparenti tentativi di contro canto da parte di alcuni cinesi (praticamente presi dalla strada) finendo a mostrare l'orgoglio del popolo tibetano che organizza gare di nuoto senza saper nuotare.
Se nella struttura generale il tentativo poteva essere buono (oltre ad un approfondimento storico dovuto, visto che pochi di noi conoscono le origini della questione tibetana; avere un'opinione da parte della Cina ufficiale era davvero un'innovazione, così come poteva esserlo un'analisi della struttura interna del governo in esilio e degli esuli in India), però il regista decide di fare tutto in contamporanea, senza scegliere una strada da percorrere; le segue tutte, toccandole superficialmente per poco tempo e senza un serio approfondimento o una conclusione vera e propria. Inoltre lo fa parteggiando evidentemente per il Tibet, non che la cosa sia sbagliata, ma rende patetico il tentativo di dare voce anche all'opinione cinese.
Considerando poi l'assente ricerca di immagini di repertorio esteticamente appaganti o la regia originale, considerando la bassa qualità delle musiche scelte non può neppure pretendere l'arroganza intellettuale di Moore.
Simon ha fatto un brutto prodotto televisivo contando sul plauso dato a priori per il tema scelto.

mercoledì 8 gennaio 2014

Il padre della sposa - Vincente Minnelli (1950)

(Father of the bride)

Visto in tv.

Le disavventure economiche ed emotive di un rude padre di famiglia americano per l'organizzazione e la gestione del matrimonio della figlia.

Una commediola sentimentale e leggere che mette per la prima volta alla prova un Minnelli da sempre specializzato in un genere più dinamico.
La scrittura leggere e rapida riesce ad intrattenere con qualche sorriso e diversi sbadigli. la scrittura eleganti e divertita si scontra con il peso orribile dei decenni che son passati; la fine ironia degli anni '40/'50 purtroppo non regge molto.

Il film si fregia unicamente di una Taylor bellissima davvero (e non vestita da drag queen come in "Cleopatra") e dell'interpretazione di un roccioso Spencer Tracy, sempre in parte nel vestire i panni del genitore in ansia.

PS: sinceramente non ricordo più come fosse il remake fatto da Steve Martin; in ogni caso trovo fosse assolutamente sensato pensare di farne una versione aggiornata ai tempi correnti; e questo nonostante la perdita di peso specifico dell'attore protagonista.

lunedì 6 gennaio 2014

I sogni segreti di Walter Mitty - Ben Stiller (2013)

(The secret life of Walter Mitty)

Visto al cinema.

Ben Stiller è un introverso quarantenne che lavora allo sviluppo foto della rivista Life. Quando il mensile sta per chiudere la verisone cartacea per diventare solo un prodotto online e all'orizzonte arrivano importanti tagli al personale, Stiller viene incaricato di procurare la foto per l'ultima copertina; ma proprio quel negativo (si; Stiller è il referente di un grandissimo fotografo che usa ancora la pellicola) non si riesce a trovare. Stiller quindi parte in torno al mondo per una caccia al tesoro sulle tracce lasciate dall'irraggiungibile fotografo (Sean Penn).

Commedia americana alla Capra, con personaggi sensibili e delicati che scoprono nuovi modi di relazionarsi/che le persone attorno a loro hanno un peso superiore a quello che potevano immaginare/che nel loro intimo possiedono risorse che non sapevano di avere. Banale? zuccheroso? prevedibile?... entro un certo limite si; tuttavia i film di Frank Capra non sono banali, zuccherosi e prevedibili, ma spesso bellissimi?
Bene questo film è un ottimo film. I buoni sono gentili, i cattivi sono stupidi, l'analogico fa più fascino del digitale (ma poi anche il terribile digitale si scopre avere un anima; si pensi al Tod il tizio del call center in California).
In tutto questo Stiller regala un ritmo fantastico; alcuni dei paesaggi migliori si possano trovare; una serie di scene che, utilizzando il ricorso alle allucinazioni del protagonista, si permettono di tutto in maniera inverosimile, ma con una bellezza nella messa in scena sorprendente; una pornografia dei sentimenti ben veicolata (Space oddity!); e un andamento da commedia dai buoni sentimenti che non stanca.
Molte scelte sono giocate col doppio senso della parola life e molto del fascino è dato dalla struttura da giallo classico della caccia agli indizi. Il finale mostra tutto senza lasciare nulla di nascosto, eppure riesce a non deludere.
Non inventa nulla, non crea niente e non dice profonde verità mai sentite prima. Semplicemente intrattiene benissimo con una fiaba moderna fatta di scene dalla fotografia molto bella (certi registi indiani dovrebbero imparare da questo film).

sabato 4 gennaio 2014

I poliziotti di riserva - Adam McKay (2010)

(The other guys)

Visto in tv.

Due poliziotti da scrivania vengono messi ad indagare su un caso nell'alta finanza che li porterà a scontrarsi con i poteri forti, ovviamente saranno troppo stupidi e idealisti per fermarsi.

La trama sembra profonda, in realtà è un film comico con Will Ferrell...
La comicità di Ferrell è quanto di più stupido, surreale, di grana grossa ed irritante si possa immaginare al cinema; un SNL che dura anche per due ore continuate con lo stesso personaggio, un Jim Carrey prima maniera, ma in un film per adulti. Insomma, la comicità di Ferrell è facile da disprezzare; personalmente la apprezzo.
Di solito i film con Ferrell sono estremi, lui fa la parte di un ritardato adulto che vive in un mondo di ritardati adulti, solo mediamente più cattivi. Tutto è sempre sopra le righe ed caciarone; in più di un'occasione vien da chiedersi che cosa potrebbe essere un suo film se solo si avesse il buon gusto di contenersi...
Il risultato è questo; un film fiacco.

Questo è un film dove Ferrell fa un personaggio alla Ferrell con una demenzialità appena sotto la media; ma incastrato in un mondo complessivamente normale (se si vedono le prime scene non sembra), se di solito i suoi film sembrano fumetti kitsch, questo ha un passo più da buddy movie canonico. Eppure non diverte; la trama (più complessa del solito) non avvince, le scene d'azione sono patetiche (la migliore è il folle inseguimento iniziale con i camei di Jackson e Johnson). Non riesce ad essere un buon film serio e neppure un buon film comico.
Si potrà anche dare la colpa ad una scrittura tirata per le lunghe (inizialmente doveva essere tutt'altro il film, ispirato direttamente all'A-team); però sembra che Ferrell funzioni bene solo in un mondo che ubbidisce completamente alle suo caratteristiche da cartone animato.

giovedì 2 gennaio 2014

Il trio infernale - Tod Browning (1925)

(The unholy three; AKA: I tre)

Visto in Dvx.

Il ventriloquo di un circo (Chaney) forma una banda assieme al nano (Earles) e all'uomo forzuto; si travestono rispettivamente da anziana signora (!), neonato (!!!) e fattorino e mettono su un negozio d'animali, per avere la scusa di entrare nelle case dei ricchi compratori per portare la merce (per lo più pappagalli che parlano tramite l'abilità da ventriloquo del protagonista). Tutto sembra andare per il meglio finchè la fidanzata di Chaney non si innamora davvero dell'unico dipendente del negozio (che è all'oscuro di tutto) e quest'ultimo viene arrestato per uno dei colpi finiti in tragedia. Rischiando la sedia elettrica la donna chiede a Chaney di salvarlo...

Film fondamentale per la carriera di Browning e Chaney ed è il film che porterà la coppia alle numerose collaborazioni successive; incasserà tantissimo, darà ai due la patente di stelle di Hollywood e riceverà pure un remake sonoro firmato dallo stesso regista e dagli stessi protagonisti.
Personalmente non ho molto apprezzato questo film; la storia è piuttosto semplicistica nella parte iniziale per poi deragliare verso la follia vera e propria nel finale (il tentativo di confessione in tribunale fatta dal ventriloquo senza avvertire il condannato è un'idea quantomeno balorda) e la conclusione buonista (così poco alla Browing) rende solo più irritante il tutto. I personaggi sono quantomeno piatti, le loro intenzioni, le loro azioni, sono banali e fortemente assurde in più di un'occasione.
Detto ciò il film rimane interessante da vedere; in primo luogo Browning crea alcune scene molto belle con le ombre dei tre che complottano e nella lunga sequenza del poliziotto e dell'elefante giocattolo che (devo ammetterlo) è riuscita a darmi una tensione pazzesca. Inoltre è un film che contiene in se gran parte di quanto il regista costruirà nelle opere precedenti, dall'ambientazione circense iniziale, al travestitismo dell'uomo in una vecchia che avverrà di nuovo ne "La bambola del diavolo", il mostro/natura che si scaglia contro i padroni (topos che diverrà centrale in tutto il cinema gotico anni '30), la capacità trasformista di Chaney, nonchè la collaborazione con Earles, futuro protagonista di "Freaks" e un clima da tragedia greca che permea tutte le sue pellicole.
Su tutti poi rimane Chaney, che per quanto maltrattato da una sceneggiatura folle, riesce sempre ad essere credibile, pure nei panni di una vecchia.
Inoltre il ritmo c'è e rimane intatto nonostante i decenni e tutto il cast sembra davvero dare il meglio di se.

Un film interessante che prepara la strada a tutti i futuri capolavori del regista.

PS: curiosa e coraggiosa (anche se non ben utilizzata) l'idea di utilizzare in maniera importante un ventriloquo in un film muto.