lunedì 2 giugno 2014

La fiammiferaia - Aki Kaurismaki (1990)

(Tulitikkutehtaan tyttö)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

Una operaia di una fabbrica di fiammiferi vive una vita insipida. Vive con la madre ed il patrigno a cui versa tutto lo stipendio, prepara la cena e non parla mai; comunica talvolta col fratello che ha rotto i rapporti con la madre; non ha amici, passeggia da sola per la città; va in balere dove non viene mai approcciata. Una sera conosce un uomo con cui passerà la notte; ma ovviamente non siamo in un film Disney e, per quanto lei lo tampini, lui dal giorno dopo la ignora.

Terzo film dell'ideale trilogia dei perdenti iniziato con "Ombre nel paradiso"e proseguito poi con "Ariel".
All'apparenza un classico film alla Kaurismaki, ambienti popolari e scarni (un magnifico incipit sulle macchine che fanno i fiammiferi), attori bressonianamente impassibili, regia piuttosto statica (anche se ha ancora qualche guizzo) ed una leggerezza nel mostrare anche momenti atroci che è la cifra stilistica del regista.
In realtà questo è un film che mi ha colpito per le piccole differenze che esplodono nel finale.
Qui l'impassibilità dei personaggi è solo apparente, la Outinen riesce a dare una espressività alla sua mancanza di espressività tale che ci si abitua a vedere la gioia nei suoi rari sorrisi (ma soprattutto nel suo sguardo) e a riconoscere il dolore, la rabbia, la malinconia nella sua maschera; un'immobilità facciale che riesce a mostrare in maniera pazzesca il dolore del personaggio (su tutte la scena in cui nel ristorante in cui le viene detto di sparire è un bignami di emozioni trattenute). La protagonista diverrà del tutto fredda solamente nel finale, ma per dei buoni motivi.
Inoltre questo è un dramma. Non un film malinconico (come quasi tutti quelli del regista finlandese) e neppure una tragedia shakespeariana da guardare a distanza, ma un melodramma vero e proprio, atroce e determinato. Incredibile quindi come riesca a rimanere leggero.
Infine (ma forse è anche la cosa che più mi ha colpito) è la totale mancanza di ironia (e dell'assurdo), una nota della quale è usualmente presente ad alleggerire il degrado di molti altri film di Kaurismaki.

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