lunedì 24 novembre 2014

Lamerica - Gianni Amelio (1994)

(Id.)

Visto in Dvx.

Caduta del regime albanese, due italiani vogliono creare una finta fabbrica di scarpe per drenare soldi pubblici italiani, la vogliono costituire con sede in Albania per approfittare del caos e per sperare che l'Italia non faccia controlli. Per firmare il contratto con il ministro albanese viene scelto un prestanome locale, un anziano trovato in un ospizio fatiscente che, all'apparenza, sembra catatonico. Il vecchio fugge e uno dei due dovrà andare sulle sue tracce attraversando uno stato allo sbando. Una volta trovato il ritorno sarà più complicato dell'andata ed il passaporto italiano non sarà di molto aiuto.

Il film, realizzato a due anni dal periodo raccontato, non ancora con il distacco dovuto, fotografa benissimo un ambiente, reale, ma anche sociale; e con fotografa lo intendo in maniera letterale, la fotografia polverosa e terrea, gli ambiente bui o gli spazi aperti desolati, i vestiti usurati tutto descrive una situazione che (forse anche reale) diventa comunque simbolo del caos e del degrado morale di una nazione allo sbando così come dei singoli protagonisti di questa storia.
La trama funzionale nella prima parte si incarta nella seconda in un eterno viaggio che si compiace di mostrare situazioni al limite senza nessun costrutto; si incarta anche sul personaggio del vecchio che si rivela essere un italiano finito in Albania durante il fascismo ed ora, vittima della demenza, pensa di esser ancora nella seconda guerra mondiale tratteggiando un parallelo fra guerra albanesi e italiani (fra fuga dall'Italia e fuga dall'Albania) molto ideologico, ma che al film fa bene in misura limitata, a lungo andare il personaggio irrita più che creare empatia e diventa un peso enorme a fronte di una trama che potrebbe rimanere in piedi da sola. Molte delle scene finale sono realizzate con l'idea di mostrare che "una faccia, una razza" (l'italiano che deve tornare in Italia con uan nave della speranza, gli albanesi che cantano "L'italiano" di Cutugno, ecc..), messaggio lodevole che, probabilmente, all'epoca poteva dare un importante contributo sociale, ma sulla distanza rendono il film un'opera troppo impegnata ad essere politicamente corretta  per essere anche interessante.
Bello invece (e ben recitato) il personaggio del traduttore albanese all'inizio del film, così come altri personaggi minori costruiti molto meglio e con molto meno rispetto ai piatti protagonisti.

Nessun commento: