lunedì 12 gennaio 2015

Cupo tramonto - Leo McCarey (1937)

(Make way fot tomorrow)

Visto in Dvx.

Una coppia di anziani invita i 4 figli (in realtà sono 5, ma una non verrà causa la distanza, vive in California) per porgli un problema; hanno perso la causa per l'impossibilità di pagare il mutuo, hanno avuto 6 mesi di tempo, ma per non doverlo ammettere pubblicamente hanno aspettato fino agli ultimi giorni; ora c'è da decidere il da farsi. L'unica soluzione che riescono a escogitare i figli è dividere i genitori e farli vivere a casa di due di loro, mentre la terza (sposata con un riccastro) si preoccuperà di far posto a entrambi nella sua grande casa di li a tre mesi. malvolentieri i coniugi decidono di separarsi.
La convivenza forzata nelle due case porterà presto a motivi di attrito, ma mentre il padre non riuscirà ad adattarsi dentro casa e cercherà fuori la soluzione ai problemi (si cercherà un lavoro e intreccerà un'amicizia con uno scorbuto negoziante); la madre subirà senza opporsi, accettando di buon grado anche le soluzioni per lei più angoscianti.
Alla fine dei tre mesi di convivenza però la soluzione dei problemi sembra ancora lontana e si sceglie una soluzione più drastica.

Film sulla vecchiaia, che oggi sarebbe quasi di moda (anche se il piglio pessimista non sarebbe accettato), ma che all'epoca era una novità assoluta. La trama è ovvia, ma correttamente ovvia, sono i singoli episodi, i motivi degli attriti, le reazioni dei personaggi che, in diverse occasioni, mostrano più stupidità che altro (figlie di una scrittura superficiale o, come nella sequenza della visita del dottore, macchiettistica). La prima parte soffre molto di questi difetti; nella seconda invece il tono cambia, dalla farsa malinconica si passa al sentimentalismo puro e al melodramma. L'incontro tra i due coniugi dopo mesi di separazione è qualcosa di semplicissimo, di tenero e accomodante come neanche la Disney avrebbe potuto fare meglio, ma funziona perfettamente e, nell'ottica del finale, acquisisce un sapore amaro incredibile. La scena finale potrebbe essere la scena madre di ogni melodramma se i melodrammi avessero la decenza di mostrare i sentimenti in modo contenuto e personale.

PS: titolo originale amaramente ironico, titolo italiano angosciante.

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