lunedì 18 maggio 2015

Where the buffalo roam - Art Linson (1980)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

In parte la vita (una porzione della) di Hunter Thompson, in parte una riduzione di "Paura e disgusto a Las Vegas", il tutto con un filo conduttore focalizzato sull'avvocato Acosta (il Dr. Gonzo, per chi conosce l'argomento).
Difficile essere più precisi sulla trama dato che si sta di fronte alla cucitura di una serie di scene disgiunte collegate solo dai personaggi.
Il film ha l'indubbio pregio di presentare per la prima volta Thompson al grande schermo. Si pregia della presenza di un Murray (a metà strada fra l'inconcludenza del periodo SNL e la sua impassibilità d'attore votato al cinema) e di un incredibile Peter Boyle. Inoltre i personaggi sono maledettamente uguali agli originali e alle copie (duole dirlo... copie migliori) del film del 1998.
Alcuni momenti decisamente prestati alla commedia vorrebbero far ridere con idee anni '50 (la droga è utilizzata spesso in questo modo), terribile il fatto che cerchi di ricevere applausi facendo andare fuori di testa persone altrimenti sobrie (tecnica imbarazzante, risultati di conseguenza).

Per il resto questo film testimonia come, seppure la sceneggiatura sia un pezzo fondamentale del cinema, la regia possa cambiare radicalmente le cose; sia questo, sia il (simile) "Paura e delirio a Las Vegas" hanno una trama raffazzonata, fatta di episodi singoli; entrambi hanno personaggi al limiti del non credibile, entrambi hanno l'enorme problema di mostrare l'under the influence ad un pubblico (per lo più) sobrio al momento della visione, entrambi hanno il problema del ritmo (essendo due film di chiacchere giornalistiche). Eppure questo film parte dignitoso con dei bei titoli di testa, ha un incipit un pò eccessivo, prosegue con una scena nell'ospedale che da la carica ai persoanggi e regge bene, poi muore lentamente nella noia e nella mancanza di attrattive. Il film di Gilliam rimane sul pezzo ogni secondo, mantiene un ritmo pazzesco, ha idee visive continue (letteralmente ogni inquadratura gronda manipolazioni e ragionamenti) e riesce a rendere la droga come nessun film prima, senza giudizi. Impietoso il paragone fra i due film della scena dell'autostoppista.

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