venerdì 5 giugno 2015

House of cards. Gli intrighi del potere - Beau Willimon (2013, 2014, 2015)

(House of cards)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Ormai è noto, da tre anni Underwood lavora nei retroscena della politica americana per perseguire i propri scopi, niente di prettamente materiale, quanto il potere per il potere (insomma, in questa serie si è costretti ad amare ciò che nella realtà tutti noi amiamo odiare). Attorno a lui si muovono un nugulo di politici tronfi e scarsamente idealisti, tra i pochi "buoni" sono più quelli che cedono alle lusinghe, alle minacce o alle proprie debolezze che quelli che rimangono integri. A fianco del protagonista la moglie; probabilmente il vero valore aggiunto, bella, elegante, gelida e sorridente, condivide con i consorte le ambizioni e i piani.

Una serie televisiva perfetta (almeno per le prime due serie) che ha il suo punto di forza nella scrittura impeccabile di un personaggio antico quanto Shakespeare, fatto di astio e hybris, che si muove in un mondo che vive di intrighi di palazzo, di scontro tra poteri e tra menti. Il debito shakespeariano non è detto tanto per dire, il protagonista che si rivolge direttamente al pubblico spiegando le situazioni o ciò che pensa piuttosto che le sue caratteristiche macbethiane sono evidenti (ma un MacBeth con le palle); valore aggiunto, come già si diceva, la compagna, una Lady MacBeth senza tentennamenti o sensi di colpa.
A questa scrittura memorabile si sommano le due scelte più azzeccati di sempre, gli attori protagonisti e il regista (almeno il primo). Credo sia noto a tutti che questa è la prima serie decisa dalla rete, che ha indicato il libro da cui trarla il cast principale e la regia; beh direi che la rete si è dimostrata il produttore più intelligenti di sempre. Un Kevin Spacey in grandissimo spolvero che sguazza sornione nei panni del magnifico stronzo (il personaggio sembra essere stato scritto per lui solo) e un Robin Wright (nelle ultime serie anche regista si alcune puntate) incredibilmente in parte, riesce a trasmettere un mondo di significati anche con l'impassibilità caratteristica del suo personaggio. Infine Fincher; da le linee guida su come condurre la storia; con una regia ortogonale, spigolosa, dove i protagonisti sono spesso manichini che si muovono in interni asettici, grigio o terrei e con luci piuttosto basse di notte e un uso parsimonioso dei suoni che però schiaccia l'acceleratore quando serve (giocando con i dialoghi fuori campo anticipatori di scene successive o che avvengono in contemporanea) una direzione che verrà costantemente tenuta (per fortuna).

Prima serie. Incipit perfetto dove Spacey da sfoggio delle proprie capacità e delle linee principali della serie; scena che mostra la sua determinazione mentre uccide un cane guardano direttamente in macchina da presa spiegando ciò che sta facendo, poi un'elenco dei principali personaggi con piglio sicuro e strafottente. In 5-10 minuti si sono già buttate la base da qui si può cominciare a raccontare la storia.
Le prime puntate (4 o 5) si portano dietro il difetto di dover dimostrare la capacità del protagonista e mostrano come, con mezzi non ortodossi, ottenga tutto ciò che desidera: la mancanza di una vera difficoltà è il limite all'interesse, ma il fomento è ancora molto. Poi la lunga chiusura di stagione con Spacey accerchiato da inchieste giornalistiche e sottoposti con remore morali mettono tutto in bilico, ultima stagione con il botto; succede quello che tutti si aspettano fin dall'inizio, ma nessuno ha mai osato pensare che sarebbe avvenuto davvero (ci si rende conto che si vuol bene a uno stronzo completo).

Seconda serie. Inizia dove si ferma l'altra e nella prima puntata di mettono le cose in chiaro; il solco tracciato è netto e in pochi minuti Spacey sistema tutti i problemi che erano sorti alla fine della serie precedente con gesti estremi e insperati. Questa è la serie migliore; le carte in tavole vengono radicalmente cambiate, Spacey usa chiunque per i suoi scopi e a lui viene contrapposto un personaggio di peso, Tusk, un miliardario americano speculare al protagonista e inizia una succulenta battaglia tra due menti.

Terza serie. La più debole. Fatti da parte molti dei personaggi delle serie precedenti e introdotti di nuovi la serie sembra aver perso grip. L'antagonista principale se ne è andato, Spacey ha raggiunto obiettivi personali enormi, per quanto gli venga contrapposto Lars Mikkelsen ormai si è tornati al problema iniziale, tutto avviene con troppa facilità, mancano sfide vere e proprie e l'effetto novità è svanito. Conlcusione con enorme twist fondamentale per tenere acceso l'interesse, anche se, secondo me, è stata messa ormai troppo tardi.

Una serie costruita in maniera impeccabile che merita di essere vista, ma rigorosamente in ordine cronologico per non conoscere in anticipo i molti sconvolgimenti della trama. Salvo una ripresa di ritmo nella prossima stagione, però, sembra avere già esaurito il proprio impatto.

PS: impropriamente classificata (da me) come serie tv per facilità tassonomica.


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