venerdì 25 dicembre 2015

Senso - Luchino Visconti (1954)

(Id.)

Visto in tv.

Terza guerra d'indipendenza, Venezia. Una nobildonna sposata con un collaborazionista e cugina affezionata di uno dei promotori della rivolta anti-austrica si innamora di un graduato nemico. Le vicende storiche li costringeranno ad allontanarsi per riavvicinarsi continuamente, sempre più di nascosto, sempre più pericolosamente. La donna, dopo aver ricoperto d'oro il generale, scoprirà che lui è un menzognero, uno che sfrutta le donne per riceverne denaro e poi fuggire; lei lo raggiungerà a Verona e scoperto il misfatto (anche se lui soffre nel farla soffrire) lo denuncerà.

Filmone in costume realizzato con una tracotanza ed una pesantezza d'intenti impressionante.
Come ebbe a dire un critico il cui nome non mi verrà più in mente, il film inizia in un teatro (la Fenice) per non uscirne più. Di fatto il lungo melodramma ha la cadenza manierista ed eccessiva di un'opera lirica, la recitazione esagerata (soprattutto nelle scene d'amore disperato) è molto teatrale, i vestiti eccessivi, musiche classiche e le location enormi (Venezia, ville venete ed il borgo di Valeggio sul Mincio) sembrano essere state scelte perché potrebbe essere anche credibilissimi fondali disegnati. La recitazione, come già sottolineato, è schiacciata da tutto ciò e permette di vedere una Alida Valli molto eccessiva per tutto il film, con una ripresa nel finale, dove la disperazione viene resa (finalmente) in maniera credibile. Questo è un film baci mentre ci si afferra per i capelli, mani baciate, lacrime sulle ginocchia dell'amato...

In poche parole un film invecchiato; forse nato già vecchio (e attivamente voluto così), ma oggigiorno risulta fuori tempo massimo.

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