lunedì 16 maggio 2016

La casa dalle finestre che ridono - Pupi Avati (1976)

(Id.)

Visto in Dvx.

Un restauratore è chiamato a sistemare un (brutto) affresco di un pittore locale; un pazzo scomparso nel nulla sconosciuto ai più, ma che il paese vorrebbe sfruttare per provare ad aver un po' di pubblicità ("come è stato fatto con Ligabue"). Durante i restauri incontra un suo vecchio amico, sconvolto e paranoico che, immancabilmente, muore male poco prima di dirgli un terribile segrete. Usando gli appunti dell'amico il restauratore si mette a indagare e, più per fatalità che per capacità, scoprirà lo stesso terribile segreto.

Sulla scia dei thriller all'italiana resi fondamentali dal genio di Argento viene realizzato un film inquietante e paranoico (come i suoi personaggi). Come in Argento, la componente locale ha un peso enorme; se nelle celebri pellicole del Dario la tentacolare città storica italiana (spesso un Torino romanizzata) è il labirinto in cui si muovono i personaggi, in questo film è la bassa padana a fare da sfondo. Ecco qui credo stia l'idea principale; un territorio inesplorato dal punto di vista filmico, fatto di nebbia, acqua, fango, umidità e solitudine è la scenografia ideale in cui ambientare una vicenda di marcescenza morale nascosta. Sfruttando ambientazioni distanti (tra cui una Comacchio perfetta per la parte) viene fuori una geografia ideale per un thriller del genere (chiunque sia passato da queste parti nel tardo autunno si sarà accorto di quanto risuoni il concetto di provincia per come la intende Lynch).

Ecco ho detto tutto questo senza mai citare il regista: Pupi Avati. Avati è un mestierante che conosco solo per i suoi film degli ultimi 15 anni... e pertanto disprezzo ampiamente considerandolo solo un mediocre creatore di fiction pieno di encomi non meritati. Ma in questo film si rivela tutt'altro. Una storia imperfetta (buona, originale quanto basta, ma lontana dal 10 e lode) viene sostenuta magnificamente dalle giuste immagini dello sfacelo che circonda il protagonista; gioca benissimo con lo spettatore inducendolo a diffidare prima di uno, poi di un altro a suo piacimento; mantiene un ritmo rilassato, non lento, proprio con i suoi tempi, sempre presente e con picchi ben gestiti e riesce a inquietare quanto basta.
Infine il cast è fatto da protagonisti non all'altezza sorretti da comprimari ottimi per recitazione, tic e fisici (la scelta estetica degli attori è evidentemente molto curata).
Un cult meritevole della propria fama.

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