lunedì 11 luglio 2016

Senza pietà - Alberto Lattuada (1948)

(Id.)

Visto in Dvx.

Fine della guerra mondiale, una ragazza fugge verso Livorno per trovare i fratello che però non è più rintracciabile. entra quindi in contatto con il mondo di illegalità che gira attorno alle basi militari americane. Si innamorerà di un militare di colore e verrà adocchiata dal capo della malavita cittadina.

Interessante via di mezzo fra il neorealismo del dopo guerra e l'espressionismo.
Il neorealismo è ovunque; nella vicenda raccontata, nella scelta delle location (dove realmente imperversava la mala) e nella precisa volontà di mostrare i ruderi post bellici. Ruderi fisici (gli edifici sventrati che fanno da sfondo alla prima parte), umani (i personaggi senza etica, non cattivi, semplicemente al di là del bene e del male per poter sopravvivere) e morali.
L componente espressionista è tutta nella fotografia. Un bianco e nero pulito per poter sfruttare al meglio le ombre (si pensi alla fuga del militare americano); unito poi all'intelligenza di Lattuada nello sfruttare gli esterni in maniera estetica e nel ragionare sulla costruzione interna di ogni inquadratura.

La storia è buona (con il primo amore interraziale... che io sappia) nel descrivere un mondo in sfacelo dove (e qui si innesta il noir) è letteralmente più facile morire che amare. Quello che spiace è che non riesce a rendere perfettamente il senso di impotenza della protagonista; viene talvolta dichiarato, spesso percepito, ma non riesce a rendere ancora più drammatica una vicenda, sulla carta, totalmente nichilista (l'impossibilità di ritorno a Firenze, l'impossibilità a fuggire da Livorno, l'impossibilità di raggiungere una nave per gli USA o di sottrarsi agli interessi di quel mondo malavitoso).

Un film sorprendentemente buono che, leggo in giro sull'internet, fa il paio con il precedente (addirittura del 1946!) "Il bandito".

PS: prima apparizione di rilievo per la Masina.

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