lunedì 5 giugno 2017

Ecco l'impero dei sensi - Nagisa Oshima (1976)

(Ai no korîda)

Visto in Dvx.

Il marito della tenutaria di un bordello si innamora di una delle lavoranti; ovviamente ricambiato, il loro rapporto sarà tutto improntato sulla soddisfazione sessuale (sempre reciproca, mai egoistica) fino ad arrivare all'autodistruzione.

Un film stilisticamente impeccabile (come spesso con Oshima), soprattutto nella costruzione delle scene (nonostante la potenziale ripetitività della trama, la costruzione delle inquadrature riesce a mantenere il ritmo attivo), nei costumi (davvero impeccabili) e nella scelta dei colori utilizzati (colori neutri o terrei per le location, colori sgargianti per i costumi). A detta di Oshima stesso l'impianto estetico fu preso dalle stampe erotiche giapponesi del 1700 (dettaglio che riporto, ma che mi sono premurato di non controllare), ma l'effetto del film è comunque quello di una versione estetizzata del Giappone visto da un occidentale; indubbiamente bello, ma estremamente artificioso.

Se l'estetica è comunque di valore, la trama è un'altra cosa. Indubbiamente il film esplica in maniera perfetta l'ossessione sessuale come obnubilante fino all'autodistruzione; la ricerca del piacere (e del dare piacere) che arriva all'annichilimento (se non fosse un film così scanzonato e solare nel porsi, sarebbe piaciuto a Mishima), una ricerca di amore e morte fatta con il sorriso sulle labbra.
Se anche l'argomento è forte e interessante, quello che lascia a desiderare è la realizzazione, un soft core (con molte scene apertamente hard) non è un problema, anzi mostra di non voler fare ipocrisie, ma imbastire un intero film di rapporti sessuali per avere gli ultimi 10 minuti di significato sa tanto di operazione commerciale che, a mio avviso, viene quasi dichiarata con il simpatico titolo originale traducibile con "Corrida d'amore" (operazione commerciale che, al pari di un porno senza possibilità d'essere fruito nei suoi termini, annoia parecchio). Va però dato atto a Oshima di aver permesso agli intellettuali europei di potersi eccitare guardando un film senza bisogno di sentirsi in colpa.

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