venerdì 23 giugno 2017

Rinne - Takashi Shimizu (2005)

(Id. AKA Reincarnation)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

In Giappone piacciono i J-horror, quindi si decide di realizzare un film su una strage (con suicidio finale dell'assassino) avvenuta in un albergo; per la parte di una delle figlie dell'assassino viene scelta un'attrice che però ben presto viene colta da ogni sorta di visioni sempre inerenti a ciò che sarebbe avvenuto nel passato...

La base del cinema horror americano classico è costituita da: gente che dalla città si sposta in una zona isolata e lì viene massacrata da un serial killer/una famiglia di redneck. Una soluzione di minima che rende un servigio enorme agli sceneggiatori; possono lavorare al minimo sindacale senza rischio di mandare tutto in vacca, le motivazioni non sono necessarie, i preamboli anche meno, le spiegazioni finali pure, il twist plot finale è tutto nel sapere se il protagonista principale morirà o no; non serve altro.
Per quanto riguarda i film di fantasmi giapponesi (ma tutti i film di fantasmi in generale così come quelli in cui rientra satana) il lavoro è più complesso. CI vogliono motivazioni, spiegazioni, dettagli; la trama deve lasciare spazio a momenti di ricerca e studio, a situazioni in cui si pensa di trovare una soluzione, e poi lasciare spazio pure a un eventuale twist plot (come in questo caso), nel mezzo però bisogna pure mettere momenti de paura. Un lavoro improbo, che però ai giapponesi tocca fare fin troppo spesso visto che i fantasmi sono il loro equivalente del serial killer redneck.

Questo film vive le stesse dinamiche dei film j-horror con però almeno due storie indipendenti che si intersecano, molti momenti "onirici" che dovrebbero avvicinare alla soluzione finale e anche il twist plot. Chiaro che in una situazione del genere la possibilità di perdersi è facilissima... e qui infatti, Shimizu si perde.
Se in "Ju-on" riusciva a mantenere insieme tutti i pezzi con alcune brillanti idee nel riutilizzo di alcuni elementi base dell'horror orientale (i capelli); se in "The grudge" riusciva ad adeguarsi agli stilemi più occidentali creando un j-horror a tutti gli effetti, ma più coeso, qui sembra invece che non sappia come gestire la cosa.
Mettere in piedi un racconto inutilmente sdoppiato in due storie con inserti di una terza storia del passato che viene mostrata a bocconi mangiando spazio dedicato ai momenti realmente perturbanti che ne vengono anche sviliti.
Inutile quindi lo sfoggio di capacità tecniche o la gustose scene di film nel film (che sono e rimangono la cosa migliore di quest'opera).

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