lunedì 14 agosto 2017

L'intendente Sanshô - Kenji Mizoguchi (1954)

(Sanshô dayû)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una famiglia di un governatore implicato in una rivolta (ma universalmente considerato buono e onesto) viene rapita da alcuni schiavisti, separata e venduta. I due figli, ancora bambini, saranno comprati dall'intendente Sansho, uomo severo e crudele che fa della rigidità dei mezzi uno scopo di vita. Il figlio maschio, divenuto adulto, fuggirà e gli verrà restituito il posto di suo padre, cercherà quindi di combattere attivamente Sansho per liberare la sorella e cercare insieme la madre scomparsa.

Diciamolo subito; una storia familiare, ma epica; un film drammatico, senza essere melodrammatico; sentimentale, senza essere stucchevole; è una parabola sul male che si accanisce contro i buoni
drammatico senza essere melodrammatico, sentimentale senza essere stucchevole, è una parabola sul male che sia accanisce contro i buoni.
Quello che gli manca è un certo grip; nessuna scena è inutile, ma talvolta salta fuori un certo rallentamento nel mantenere attivo l'interesse.

A livello estetico però è di una clama lussureggiante. Grande cura di ogni inquadratura sempre riempita e bilanciata, con un uso frequente della profondità di campo. La macchina da presa fredda, geometrica, ma estremamente funzionale, non percepibile, ma ricca di piccoli movimenti continui, ma minuti, calibratissimi.
A queste scene fa da opposto la sequenza del rapimento, estremamente dinamica, con la macchina da presa mobile (oppure fissa, ma con i soggetti in movimento davanti a lei), ma soprattutto un montaggio rapido.
Inoltre il film è ricco di dialoghi interni fra le scene, di rimandi e di opposizioni; su tutti, i migliori rimandi (e i più evidenti) sono quelli fra la madre vista nel presente a cui fa da contrappunto il padre nei flashback; così come la presenza della madre viene resa evidente solo dai suoni (la canzone della figlia dei contadini, i loro nomi gridati che diventano suoni della foresta).

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