mercoledì 22 novembre 2017

Il serpente di fuoco - Roger Corman (1967)

(The trip)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un uomo vuole provare dell'LSD, la assume a casa di un suo amico; l'esperienza (l'intero film è il suo trip) sarà molto altalenante, tra lo stupefacente e l'angoscia.

Difficile fare un film intelligente e paraculo nello stesso tempo; eppure anche in questo Corman sembra azzeccarci. Commercialmente sul pezzo, come produttore, riesce a sfornare un film sfrontato fin dal titolo (originale) e dal sottotitolo (a Lovely Sort of Death), che però riesce a racchiudere seriamente una parte dello zeitgeist dell'epoca. In anticipo di due anni sul film manifesto "Easy rider" (con cui condivide solo la superficie, ma di cui è, di fatto, il genitore più prossimo assieme a "The wild angels") e uscito precisamente durante la summer of love, questo film si dimostra incredibilmente calato nella sua epoca; ma è evidente che Corman ha un occhio al botteghino in più rispetto a quello che si crederebbe.
Per la filmografia del regista va anche ricordato che questo è anche uno dei primi film del periodo post-Poe.

Il film inizia con un cartello che avverte dei pericoli delle droghe, poi comincia un lungo film che dichiara apertamente il contrario.
Il film è indubbiamente molto lineare... e piuttosto noioso; non si muove d'un metro dall'idea di base, il lungo trip di una uomo qualunque (dove però da di matto).
Se lo si guarda come documento storico il valore aumenta; scritto da Nicholson, interpretato da Peter Fonda, Dern e Hopper e una fotografia semplicemente calzata sul decennio (colori acidi, location adatte) e un lungo trip che tocca tutti i temi della rivoluzione sessuale, il mondo metafisico, l'insight, il sesso. Meno filosofico (e meno pretenzioso) rispetto a "Easy rider", anche qui c'è il manifesto di un'epoca.

Dietro la macchina da presa Corman si muove continuamente (nei primi dieci minuti è un continuo passare da un carrello all'altro, da una panoramica all'altra) e utilizza la musica alla maniera di Scorsese. Poi inizia un acid movie fatto di sovrapposizioni, proiezione di immagine sui corpi, montaggio rapidissimo e sequenze senza costrutto. Anche al netto delle fighetterie imposte dalla trama rimane un film innovativo per lo stile di Corman, ma ancora di più se si considera che aveva appena chiuso il suo periodo su Poe. Anche al netto di tutti i difetti che io per primo gli imputo, rimane uno dei film più estetici del regista, dove le immagini ha un impatto notevole e dove, per ottenere questo effetto, c'è una delle più brillanti collaborazioni fra tutti i compartimenti della produzione del film.

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