mercoledì 8 novembre 2017

Insospettabili sospetti - Zach Braff (2017)

(Going in style)

Visto in aereo.

Tre, anziani, amici, tutti sofferenti di ristrettezze economiche (chi rischia lo sfratto, chi ha problemi di salute e chi sta per cadere in una storia d'amore senile) si decidono, dopo molti ripensamenti, a commettere una rapina, di farlo con etica, ma anche con serietà.

Remake di "Vivere alla grande", film del 1979 che, purtroppo, non ho visto, ma dalla cui sinossi si intuisce un peso specifico maggiore o, quantomeno, più cinismo e meno faciloneria.
Alla sua terza opera da regista, Braff, cade nei suoi consueti difetti, la voglia programmatica di essere originale pur nella stretta via dei buoni sentimenti, se possibile legati a degli outsiders e/o picchiatelli che facciano tenerezza (ok, mi sto basando solo a "La mia vita a Garden State" dato che "Wish I was here" non l'ho ancora visto, ma mi sembra che stia nel solco già tracciato).
Per portare a casa il risultato, in questo film, Braff, segue un paio di tendenze degli ultimi anni e le allaccia a un heist movie classico, ma limitato alla sola seconda parte del minutaggio. Le due tendenze sfruttate sono i film geriatrici e le commedie in cui l'anticapitalismo si sviluppa in atteggiamenti illeciti come forma di liberazione dell'oppresso (si veda "Dick e Jane" o "Colpo di fulmine"). Se la prima delle due è un rimasticamento furbo, più che intelligente, di generi e vecchi attori per raggranellare facili spettatori, la seconda è, spesso, un modo piuttosto intelligente che ha trovato la commedia per declinare gli anni della crisi economica.
Ecco Zach Braff prende tutto quanto, lo mischia a un buonismo scaldacuore estremamente irritante, lo epura da ogni rischio di essere minimamente spigoloso, lo incolla in un film dalla sceneggiatura poco solida (poche le idee degne di nota e spesso attaccate le une alle altre senza alcuna grazia) e assume 3 nomi altisonanti sperando di fare cassa...
A conti fatti l'ultima manovra, la presenza di Caine, Freeman e Arkin, è l'unico motivo per cui l'ho voluto vedere e, dunque, è la vera decisione di marketing a cui bisogna riconoscere un certo successo. Anche i tre protagonisti, però, pur facendo il loro compito nel migliore dei modi, sono sviliti da un film dozzinale più che esserne accompagnati; non sarebbe neanche da citare, per rispetto suo, la comparsata di Lloyd. Fa invece piacere rivedere sullo schermo Dillon che mi era uscito dai radar da molto tempo, lui veste i panni, innocui, del poliziotti o porta a casa un risultato facile senza perdere troppo smalto.

Da evitare

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