mercoledì 16 maggio 2018

Il bandito - Alberto Lattuada (1946)

(Id.)

Visto in Dvx.

Ritornato dalla prigionia in Germania, Amedeo Nazzari, ritrova una casa distrutta dalle bombe, la amdre morta e la sorella cstretta a prostituirsi, poi un nuovo guizzo di sfortuna lo rende completamente solo, dovrà arrangiarsi, ma nella sfortuna si ritroverà a guidare un manipolo di gnagster locali e diventare il bandito per eccellenza della zona; ma il destino saprà di nuovo metterlo alle strette.

Un film che è un noir all'italiana; disillusione, il gioco del fato che decide più dei protagonisti, la facilità con cui si muore e l'impossbilità di amare, una femme fatale che manipola; Lattuada si mette alla regia di quello che, nella parte iniziale, potrebbe essere un film di Fritz Lang e, almeno nella prima parte, riesce a mantenerne il mood senza abdicare al tocco personale.
Si, perché il ritno dal fronte è il classico film italiano di brava gente che cerca di sopravvivere, perché l'arrivo a casa del protagonista è puro neorealismo; ma in ogni momento la fotografia oscura dimostra che l'intento è un altro; dando vita a scene incredibili (la panoramica sulla casa distrutta, fratello e sorella nella scena sulle scale, ma anche la scoperta della sorella stessa) che sono, di gran lunga, la cosa migliore del film.
Nella seconda parte, quella in cui c'è la nascita di un gangster di provincia, pur mantenendo qualità e idee perde in interesse, fino al ritorno di fiamma del finale, eccessivo forse, ma in linea con quanto visto all'inizio (anche se speculare, con l'ambiente innevato che fa da negativo dell'oscurità dell'incipit).
Nazzari ha il portamento giusto per la parte anche se il tono troppo impostato lo sqaulifica spesso; invece la Magnani si mangia ogni scena in cui compare.

In ogni caso uno dei film migliori di Lattuada


Nessun commento: